È difficile trovare film horrorifici di fantascienza che non siano emerite porcherie; Deep Rising unisce azione ed umorismo ottenendo discreti risultati.
C’è stato un fugace momento in cui la cinematografia statunitense è stata in grado di confezionare pellicole d’azione di poche pretese ma in grado non solo di coinvolgere lo spettatore, ma anche di utilizzare uno stile narrativo con buone vene umoristiche. Film come Grosso Guaio A Chinatown, Tremors e Commando hanno aperto una strada purtroppo in seguito poco battuta, ma che ha permesso a piccole produzioni di raggiungere spettatori solitamente schizzinosi quando si tratta di film d’azione.
È il caso di Deep Rising – Presenze Dal Profondo, film del 1998 che ebbi la fortuna di vedere al cinema; all’epoca il prezzo del biglietto non equivaleva ad un mese di lavoro e la pubblicità prima della proiezione, che era limitata ai prossimi film in uscita, durava solo cinque minuti. Bei tempi.
Per non fare un torto a Deep Rising, non racconterò nulla della trama, visto che è sostanzialmente poca ed i misteri si esauriscono nei primi dieci minuti di film; e già dicendo questo si capisce come Deep Rising non sia un film che punti all’Olimpo della cinematografia, puntando quasi tutto su di un apprezzabile spunto iniziale, scene d’azione che non si prendono mai troppo sul serio e una sana dose di ironia. Anche se buona parte delle situazioni che ci vengono presentate sono piuttosto prevedibili, il risultato finale è assolutamente soddisfacente.
Grazie alla discreta sceneggiatura e regia di Stephen Sommers (autore l’anno successivo del buonissimo La Mummia e sei anni più tardi del pessimo Van Helsing), il film mantiene sempre un giusto ritmo capace di mantenere viva l’attenzione nello spettatore durante gli oltre 100 minuti di proiezione. Anche se mancano veri e propri momenti topici ed i salti sulla sedia sono praticamente assenti, la visione è complessivamente sempre piacevole.
Uno dei valori aggiunti di Deep Rising è sicuramente legato al comparto degli effetti speciali. Anche se non ci troviamo a nulla di talmente spettacolare da farci strappare i capelli (anche perché è da tanti anni che sono un vago ricordo) e alcuni frangenti possono risultare un pelo troppo posticci (era pur sempre il 1998), nel suo insieme la resa è assolutamente convincente, con situazioni che sfociano in uno splatter gestibile ed affatto fastidioso: insomma, Deep Rising presenta il giusto compromesso tra realismo, stupore e grevità.
Il cast non presenta grossi nomi, con l’eccezione di una giovane ed ancora non affermata Famke Janssen (Celebrity, The Faculty, la serie dei film sugli X-Men, la serie di film Taken) nella parte della coprotagonista. La parte principale è affidata all’adatto Treat Williams (C’Era Una Volta In America, Cosa Fare A Denver Quando Sei Morto, Hollywood Ending), che non può non ricordare per ruolo e modi l’Han Solo di Guerre Stellari. Fra gli altri componenti del cast possiamo ricordare Anthony Heald (Il Silenzio Degli Innocenti, Il Rapporto Pelican), Kevin J. O’Connor (Eroe Per Caso, Equinox, Fuga Da Absolom, La Mummia, Van Helsing), Wesley Studi (L’Ultimo Dei Mohicani, Heat – La Sfida, Mystery Men, Avatar) e Derrick O’Connor (Giorni Contati); ne risulta un comparto attoriale sì composto da elementi di secondo piano, ma che complessivamente funziona piuttosto bene (tralasciando le altre figure che affiancano i sopra citati attori).
Deep Rising è uno di quei film che si possono rivedere volentieri; magari una volta ogni dieci anni e non di più, ma che preso per quello che è concede un momento di spensierato divertimento.