Un grave errore che rischiamo di fare è di non capire che a dichiararci guerra sono stati i fondamentalisti e non l’intero mondo islamico.
Noi occidentali abbiamo alle spalle duemila anni di evoluzione socio-politica, una storia di continua evoluzione che ha visto andare a braccetto il potere temporale con la religione, usata come strumento di controllo e di guerra. Dal Rinascimento in poi questo connubio è venuto sempre meno fino a ridursi ad una sorta di mediazione e di parzialmente tangibile influenza sulle sempre più ridotte masse di cristiani praticanti. Ma non scordiamoci che prima di arrivare ad oggi, le guerre di religione hanno sconvolto l’Europa per centinaia di anni; prima con la caccia ai pagani, poi fra cristiani, ed infine tra cattolici e protestanti. E come non considerare nel novero le crociate, spedizioni militari nel nord Africa, in Spagna e nel vicino Oriente per combattere e scacciare i musulmani?
Ci siamo passati anche noi; abbiamo ucciso e ci siamo uccisi allora esattamente come oggi fanno sostanziali parti del mondo islamico. La differenza è che mentre noi ci siamo evoluti, nei mezzi come nel pensiero, larghe fette della popolazione musulmana sono rimaste ferme o addirittura sono tornate antistoricamente indietro nella propria evoluzione culturale. Il colonialismo occidentale, nonostante tutto, ha avuto anche i suoi lati positivi, come quello di avvicinare, anche se non sempre, dei mondi rimasti per centinaia di anni distanti ed incompatibili. Gli islamici moderati altri non sono che coloro che hanno un germe analogo a quello che in Europa si è diffuso a macchia d’olio a partire dalla metà del ‘500; ed in alcuni casi abbiamo evidenti prove di quanto positivi e notevoli progressi siano avvenuti negli ultimi 50 anni. La Giordania, la Tunisia, gli Emirati Arabi, il Qatar, il Kuwait ed il Barhein, per quanto piccoli per dimensioni e popolazione e per quanto applichino in modo diverso la tolleranza sociale, sono un faro ad indicare la strada da percorrere; specialmente l’ultimo è un paese in cui convivono pacificamente, anzi direi in modo simbiotico, tutte le principali religioni e da dove è legittimo sperare si propaghi un rapido, positivo cambiamento nelle nuove generazioni islamiche delle nazioni limitrofe.
Al tempo stesso fa tristezza pensare a quanto si sia perso in tantissime nazioni arabe da quando i valori di libertà sociale ed emancipazione femminile trasmessi fino agli anni ’70 sono stati disintegrati nel terrore da salite al potere di fazioni religiose integraliste o semplicemente da partiti fortemente conservatori. Iran e Iraq erano paesi molto più aperti e laici, come l’Algeria ed il Marocco. Poi abbiamo l’Egitto, che vive di luci ed ombre, ed una Turchia ed un’Arabia Saudita mai aperte ad un confronto con le altre religioni e credenze. È qui, nelle pieghe del potere religioso islamico più oscurantista che si annidano i nemici della pacifica convivenza.
Un mondo occidentale opulento e miope che ha condannato fortemente la Russia per le sue operazioni in Cecenia fra gli anni ’90 ed i 2000 è lo stesso che ha sostenuto le tribù più arretrate culturalmente pur di scardinare il controllo russo in aree strategicamente interessanti, ma senza alcuna preparazione e sostegno nella gestione del “dopo”. Altro caso eclatante è la prima guerra del Golfo, dove gli Sciiti, tendenzialmente più vicini all’occidente, sono stati lasciati al massacro dei Sunniti dopo l’improvvisa ed inaspettata sospensione dell’offensiva e dell’occupazione statunitense; e rimanendo in Iraq, sono sempre i Sunniti a dar vita all’ISIS dopo la seconda, pretestuosa guerra del Golfo. In Libia ed in Siria la rimozione riuscita o tentata dei detentori dei regimi locali ha portato alla frammentazione delle componenti sociali e religiose ed ha dato vita e linfa agli estremisti islamici. Il tutto senza voler commentare la completa mancanza di gestione del fenomeno migratorio verso i paesi europei, fortemente accentuatasi negli ultimi dieci anni, e che continua a generare squilibri sociali e tensioni fra indigeni (noi) ed immigrati; tensioni tali da portare addirittura alla formazione di cellule terroriste locali, con persone nate in Europa ma che di europeo non hanno e non vogliono avere nulla.
Occorre lavorare insieme a quei paesi e quelle popolazioni che comprendono quanto sia stupido odiare per mezzo della religione, di quanto la convivenza debba per forza di cose passare attraverso la comprensione della diversità del prossimo senza voler imporre con la forza o la violenza la propria personale visione delle cose. Occorre aiutarli e supportarli, facendo così diffondere il loro atteggiamento dall’interno del mondo musulmano, perché per molti altri un dialogo aperto con l’Occidente non deve avvenire.
Anche nella migliore delle ipotesi ci vorranno decenni affinché questa situazione cambi. Cosa fare nel frattempo per tutelarci? Probabilmente quanto indicato ieri dal nostro Marchese Boreale è forte nei toni ma concettualmente corretto. L’Europa dei radical chic e dei poteri economici che con i fenomeni migratori ottengono manodopera a basso costo deve essere scalzata rapidamente dalla posizione di controllo che oggi detiene, e questo può essere fatto con le prossime elezioni europee in programma a Maggio del 2019. Poi devono essere prese decisioni anche forti pur di tornare ad avere il controllo del territorio europeo, misure mirate a gestire tutti quegli ambiti volutamente abbandonati a se stessi in questi anni; ad esempio mettere in sicurezza il nostro territorio, verificare chi sia ospitato nei nostri confini e prendere misure adeguate per tutelare chi merita di rimanere e riconsegnare al mittente chi qui non deve stare.
In tutto questo però dobbiamo sempre ricordare che non si può fare di tutta l’erba un fascio, e trattare tutti alla stessa stregua può essere addirittura più dannoso e controproducente nel lungo periodo.