I fatti della Catalogna dimostrano una volta di più che purtroppo il volere popolare non conta nulla di fronte a politica e forze economiche.
In queste settimane c’è un forte clamore per le spinte indipendentiste della porzione di Spagna a sud dei Pirenei, sulla costa orientale: la Catalogna, al pari dei Paesi Baschi, è una regione dove vive ancora oggi un forte spirito di mancanza di identificazione con il resto della nazione. A Barcellona, seconda città di Spagna e centro rappresentativo della provincia ribelle, si parla il Catalano; e guai a confondere un Catalano con uno Spagnolo.
Una dimostrazione identità che non è stata affatto presa bene dal governo centrale: nei giorni del referendum popolare la Polizia ha assaltato le sedi elettorali, picchiando quanti si trovavano all’interno, inclusi i bambini. Il governo Rajoy sta usando il pugno duro contro i rappresentanti politici della Catalogna, arrivando ad arrestarli e, nemmeno fosse un pericoloso terrorista, a richiedere un mandato di cattura europeo per Carles Puidgemont, il presidente della Generalitat Catalana (il parlamentino locale), ed i suoi quattro ministri. Puidgemont, dopo aver vanamente cercato un dialogo con il governo centrale, ha dichiarato l’indipendenza a furor di popolo per poi doversi rifugiare in Belgio e chiedere lo status di rifugiato politico. Da qui la vicenda ha assunto toni degni di un romanzo di Le Carrè: la sua richiesta non è stata accolta, ma ieri, quando si e’ spontaneamente presentato di fronte al giudice per consegnarsi, e’ stato immediatamente rilasciato: il giudice si è rifiutato di arrestarlo, e si attendono decisioni per oggi.
A sentire i media italiani (quelli a cui siamo costretti ad appoggiarci principalmente, per forza di cose), tutto questa voglia di indipendenza parrebbe opera di folli, di individualisti, di ridicoli dilettanti, di gente ancorata ad un passato morto e sepolto, di persone che non vogliono vedere la meraviglia dell’Europa unita. Ma non sono le stesse persone che hanno sempre lodato ed esaltato coloro che si sono dedicati alla lotta per l’indipendenza della propria nazione, siano moti risorgimentali o africani? La realtà è che questa unione, in Europa come altrove, non c’è e non c’è mai stata; addirittura, ci sono da sempre fortissime tensioni causate da motivi storici ignorati dalle masse incolte e volutamente silenziate da chi le guerre (militari ed economiche) le ha vinte.
Prendiamo proprio l’esempio della Catalogna: quanto abbiamo visto in queste settimane è l’ultimo atto di un contrasto vecchio di secoli, quando la penisola iberica era divisa tra Paesi Baschi, Aragon, Navarra e Castilla. Entità storiche diverse, con diverse culture e tradizioni. Le unificazioni armate hanno poi portato alla Spagna che conosciamo, ma non è un caso che proprio oggi che è più facile comunicare ed accedere a notizie, informazioni e scritti storici ci sia un rifiorire di movimenti indipendentisti.
Senza andare lontano, guardiamo l’Europa: la Corsica non si è mai sentita italiana prima nè francese dopo; ma libera ed indipendente. Ancora oggi, nonostante la Francia abbia sovvenzionato l’immigrazione di francesi nell’isola, c’è un fortissimo senso di indipendenza che si manifesta anche con un movimento armato. In Italia il recente referendum ha dimostrato una volta di più come il nostro nord-est non si senta stessa pasta del resto d’Italia (e vagli a dar torto, cos’ha in comune un Veneto con un Calabrese?). E che dire dell’ex-Jugoslavia? Un paese tenuto insieme con il cerotto della politica, e che nel 1990 è imploso, tornando alle sue origini storiche? O ancora, la Scozia e l’Irlanda del Nord? Il tutto, mentre ci sono spinte opposte ed oppressive ad unire e globalizzare tutto, che si tratti di Europa o territori o popoli extraeuropei (e qui non mi dilungo oltre, potremmo stare a parlarne per giorni).
Spesso sento citare il diritto all’autodeterminazione dei popoli, principio sviluppato dalle Nazioni Unite fra il 1945 ed il 1975, come modello a cui appellarsi per rivendicare l’indipendenza. Sebbene io sia favorevole alla completa autodeterminazione, occorre notare come questo diritto sia stato scritto in relazione soprattutto agli eventi della Seconda Guerra Mondiale e al fenomeno del post-colonialismo, ed in modo che non si lasci necessariamente un spiraglio per secessioni interne agli stati; insomma, occorrono elementi terzi (altre nazioni) per riconoscere nuovi stati, e comunque non necessariamente un riconoscimento ufficiale da parte di qualcuno è sufficiente per essere accolti nella comunità internazionale.
Il diritto internazionale è materia volutamente fumosa, interpretabile e poco precisa; gli stati insomma scrivono leggi e principi a cui possono attenersi o meno a seconda della propria convenienza e volontà. Non esiste nulla che autorizzi, a livello internazionale, una secessione; questo perchè ovviamente ogni stato è interessato a mantenere il controllo della totalità del suo territorio e dei propri interessi, a prescindere dal volere dei suoi cittadini.
Tutto è indirizzato e manipolato dalla politica e dai poteri economici. Quando nei primi anni ’90 l’Unione Sovietica stava collassando, il mondo occidentale supportava e spingeva per l’indipendenza delle repubbliche baltiche, seguite da Ucraina, Georgia e tutti gli staterelli nati a sud della Russia; questo perchè si sarebbe (fortunatamente, dico io) indebolita la posizione del nemico della guerra fredda, e quindi era un bene che questi stati fossero resi autonomi e potenzialmente controllabili. Oggi le stesse persone avversano in ogni modo i movimenti autonomisti europei, perchè creerebbero un precedente pericoloso per loro, col rischio di perdere il controllo sui loro domini e feudi. È la più chiara dimostrazione di quanto poco contino i cittadini per i loro governanti: in fondo la Catalogna sta chiedendo la stessa cosa per cui 25 anni fa l’intera Europa si è schierata al fianco di Lituania, Lettonia ed Estonia: perchè riservarle un trattamento così freddo e violento?
Perchè la Catalogna è il motore economico della Spagna, come il Veneto in Italia. Al contrario, differentemente si è gestito il Kosovo, privo di interessi economici e strategici, per il quale è deciso di procedere d’ufficio alla secessione a prescindere dall’opinione della Serbia, paese “genitore”, o per il Sud Sudan, costola del paese principale. E se mentre in questo caso si può parzialmente ad un opera riparatrice dei danni causati dalla creazione di stati africani fatti col righello (nessuno ricorda i genocidi Ruwandesi, dovuti alla mescolanza di etnie forzate alla convivenza dopo la cacciata degli inglesi?), per il Kosovo ci si è mossi anche per indebolire la Serbia, alleata della Russia.
Insomma, alla fine si torna sempre al punto di partenza: in campo internazionale (e non solo), ci si muove come fa più comodo, e non secondo leggi o principi. I milioni di Catalani che stanno esprimendo in modo civile e pacifico la loro voglia di libertà hanno tutti i diritti di voler essere indipendenti, alla faccia dei benpensanti, delle masse ignoranti e faziose, degli europeisti a tutti i costi (come se poi avessero dichiarato di voler uscire dalla zona Euro…). Temo però che i loro sforzi saranno vani, alla fine. Forse oggi Puidgemont verrà arrestato in quel Belgio che vive quotidianamente la divisione tra Fiamminghi e Valloni, che ha per nome ufficiale “Belge/Belgique”, quel Belgio che per questo motivo è rimasto senza governo per 535 giorni appena pochi anni fa, e che non necessariamente è destinato a restare unito.
Il tutto perchè noi, i cittadini, quello che rende vivo lo stato sociale, che dà senso alla vita politica nazionale ed internazionale… noi cittadini, alla fine dei conti, non contiamo nulla.