Le Ali di Honneamise: la recensione

Le Ali di Honneamise è, diciamolo ab initio , uno dei più bei film di animazione di sempre, senza confini geografici o culturali.

 

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Il suo valore intrinseco di capolavoro lo porta ad essere un veicolo di messaggi d’alto tenore comprensibile a qualunque latitudine. Concepito e realizzato, con un lavoro certosino, agli sgoccioli della guerra fredda, nel gelido inverno che precedette il disfacimento dell’orso russo, trova in quell’epoca storica alcune delle sue coordinate di riferimento e molte altre ne trae dall’epos universale delle vicende umane.

Due parole sulla trama.
Il genio è qualcosa di impalpabile: provate a definirlo. Al contrario le sue impronte sono riconosciute da tutti coloro che le scorgono; chiunque, rozzo o versato negli studi più elevati, può, sia pure a modo suo, fruirne. Ecco: immaginate ora che qualche entità preternaturale abbia voluto copiare la Terra, il nostro pianeta, e con essa la nostra specie, la sua cultura e quant’altro ci qualifica quegli esseri raziocinanti che (talvolta) mostriamo di essere. Immaginate ora che questo “qualcosa” si sia anche voluto divertire, dando, con un mistico colpo di mano, un mezzo giro in più a questo ideale mappamondo clonato, spostandone un poco, ma non tanto, il contenuto. Il mondo in cui è ambientata la nostra storia è così: Honneamise, potenza mondiale ad organizzazione monarchico-costituzionale, un paese in tutto simile ad una nazione moderna, solo ferma agli anni ’50, è il luogo della storia. Una lingua peculiare, vestiti peculiari, persino l’oggettistica quotidiana: tutto è di una variante molto simile, ma non troppo, di quanto costituisce il nostro contesto quotidiano. Soltanto la tecnologia è quella elettromeccanica dell’ENIAC e simili.

In quest’epoca, agli albori della modernissima tecnologia elettronica, vive Shirotzu Ladhatt, un giovane vitellone che, per evitare la leva, si è imbucato nella Royal Space Force.

La RSF è la caricatura di una forza militare: il suo compito dovrebbe essere quello di addestrare gli astronauti per il (futuro) programma spaziale della nazione di Honneamise. In realtà quest’ultimo è solo una lunga collezione di lanci falliti, missili deflagrati e relativi lutti (a parte qualche satellite artificiale-prototipo di dubbia utilità) e l’ambiente del gruppo non fa nulla per nasconderlo. Costituita ad opera del suo comandante in capo, nobile e ricco discendente di una famiglia di industriali, la RSF sembrerebbe un eccellente parcheggio per un aviatore fallito come Shiro.

 

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Come sempre il destino ci mette le mani: Shiro, invaghitosi della giovane missionaria Riqunni, che predica il ritorno ad una religiosità tradizionale e calpestata dal consumismo imperante, verrà permeato dai suoi ideali, trasformandosi da bolso pensionante in eroe dello spazio, una specie di Gagarin di questo mondo alternativo. Volerà, infine, sulle teste di tutta l’umanità, declamando un discorso iperidealistico, mentre, al di sotto del suo eccelso volo, la nazione di Honneamise celebra l’ennesimo tributo al dio della guerra contro un vecchio nemico, provocato alle armi proprio servendosi del lancio della capsula di Shiro a mo’ di casus belli.

La Tecnica.
Per il 1987 siamo fuori parametro: il film costò una cifra altrettanto fuori parametro e fuori parametro furono i vuoti che riempirono le sale cinematografiche all’epoca della sua uscita. Certe tecniche di animazione le ho viste solo in questo lavoro e mai più. Le animazioni sono, a tutt’oggi, di un dettaglio finissimo, che rasenta la precisione del cesello. Il character design tende al realismo, senza appiattire tutte le fisiognomiche sui un unico modello. La colonna sonora è uscita dalla penna di Riuji Sakamoto e rimembra in molti punti le disarmonie della musica dodecafonica, a maggiormente suggellare il tono un po’ alieno ed un po’ familiare di tutta la sceneggiatura. Per i patiti dei ruolini, Le Ali di Honneamise è il primo grosso lavoro dello Studio Gainax (Nadia, Evangelion, Gunbuster).

 

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La Scena.
C’è solo l’imbarazzo della scelta. Per i patiti della tecnica direi quella del lancio del missile, con le centinaia di scaglie di condensa ghiacciata che si staccano dai propulsori. Personalmente preferisco i telegiornali in bianco e nero, che, più di ogni altra cosa, ci danno il senso di come tutto in Le Ali di Honneamise sia diverso dalla realtà alla quale siamo abituati senza esserlo.

 

Le Ali di Honneamise, 1987
Voto: 7
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