I dati ISTAT dicono che le strade di Roma sono fra le più pericolose d’Italia; le soluzioni però sono spesso marginali e viziate da preconcetti.
La scorsa settimana alle porte di Roma si è consumato l’ennesimo incidente stradale dalle conseguenze fatali; a rendere più tragica la vicenda c’è la giovanissima età delle vittime coinvolte nell’incidente. Al momento della scrittura dell’articolo il medico legale deve ancora accertare la presenza di alcool o stupefacenti nel sangue del conducente e degli altri passeggeri; va comunque ricordato che viaggiavano in sei in una macchina omolgata per quattro persone.
Bisognerebbe però valutare questo nefasto evento in un contesto più ampio, legato alla casistica complessiva degli incidenti dove sono coinvolti i giovani. Se ci sono fattori talvolta presenti, come l’ingiustificabile utilizzo di alcool o droghe quando si è alla guida, o la stessa giovane età dei conducenti che spesso coincide con una sottovalutazione del pericolo, sarebbe falso oltreché riduttivo fermarsi qui.
Nel caso specifico, in quello stesso tratto di strada 15 anni fa altri cinque giovani ragazzi persero la vita nel medesimo modo, ovvero perdendo il controllo dell’automobile e finendo contro gli elementi che si trovano tuttora, al margine della carreggiata (lampioni e alberi); in quell’occasione i risultati dell’autopsia dimostrarono che i ragazzi non avevano consumato alcool o droghe di nessun tipo.
La pericolosità delle strade romane è un fatto noto per la comunità capitolina, e l’elevato numero di auto che circolano in questo dedalo di cemento aumenta le possibilità di incidenti; però le 115 morti da incidenti stradali a Roma nel 2021 non possono essere stati causate unicamente da questo dato.
Roma è una città con una superficie enorme e un numero di strade elevatissimo; alcune sono più monitorate di altre e considerate più sicure perchè all’interno del centro abitato o dotate di impianti semafori e segnaletica. Purtroppo non è così.
L’amministrazione comunale conosce perfettamente questi dati e questa realtà, tant’è che nel recente PUMS (Piano Urbano Mobilità Sostenibile) approvato dalla Città metropolitana di Roma ci sono vari progetti rivolti proprio ad aumentare la sicurezza sulle strade. Ad esempio è previsto l’utilizzo di dispositivi in grado di rilevare gli eccessi di velocità dalle auto della Polizia Locale in movimento, senza la necessità di appostarsi, o la creazione di corridoi stradali flessibili per permettere ai mezzi pesanti di circolare senza intralcio per gli altri veicoli.
Questi progetti sono certamente parte della soluzione, ma affrontare un caso emblematico come quello di Via Casilina ci permette di capire meglio che in realtà il grosso dei problemi non sembra essere tanto nella circolazione quanto nel controllo e nell’attuale configurazione di segnaletiche e carreggiate, compresi gli elementi che la costeggiano.
Via Casilina è un perfetto rettilineo che parte dal cuore di Roma e conduce verso Capua attraverso alcuni dei quartieri più popolosi di Roma, come Torpignattara, l’Alessandrino o Borgata Finocchio. Nel tratto più urbano non sono presenti autovelox o semafori in grado di rilevare infrazioni; gli appostamenti delle forze dell’ordine sono scarsi data la lunghezza ed il grado di congestione della strada; il manto stradale è in molti caso dilaniato dal peso degli innumerevoli mezzi che ogni giorno la attraversano; e, come se non bastasse, un binario morto giace al centro della carreggiata nella prima parte del tratto urbano di questa arteria.
C’è poi da notare come alcuni quartieri di Roma, probabilmente per logiche di risparmio energetico, spesso vengano lasciati privi di illuminazione pubblica, e fra questi c’è proprio Torpignattara; dunque ipoteticamente una persona dopo aver bevuto alcool in un locale del centro potrebbe incoscientemente lanciarsi lungo via Casilina affrontando tratti urbani al buio con la possibilità di non essere sanzionato vista l’assenza di una strumentazione di controllo stradale efficace.
A volte a Roma si ha la sensazione di doversi autogestire all’interno di un disordine caotico e anarchico, prestando attenzione non solo alle proprie azioni, ma anche a quelle degli altri automobilisti, dei monopattini non ancora del tutto regolamentati, dei pedoni, dei motorini e delle biciclette.
Il problema però è che i romani non sono zurighesi, e spesso questa autogestione, che dovrebbe essere comunque il primo filtro contro gli incidenti in una società utopistica, è guidata dallo spirito di prevaricazione e dalla sensazione di ritardo costante che questa città sembra generare nei suoi attori automobilistici.
Roma ha probabilmente una forte necessità di revisionare molte delle sue strade e i relativi standard di sicurezza, così come dovrebbe essere revisionata la cultura stradale di molti cittadini dell’Urbe; nel frattempo, fra un progetto e l’altro, l’amministrazione dovrebbe alzare una rete capillare di controlli e sanzioni atta a preservare la sicurezza ed a dissuadere le condotte pericolose generate da questa sensazione di totale libertà.
Forse i romani hanno già mangiato la carota; ora avrebbero bisogno di un bastone.