Per anni lontano dai riflettori internazionali il Mar Caspio si candida oggi ad una repentina ascesa nella sfida geopolitica delle grandi potenze.
Iran, Azerbaijan e Russia sono tre Stati geopoliticamente strategici che si affacciano sul Mar Caspio; a questi si aggiungono Kazakistan e Turkmenistan.
Definito come mare chiuso, il Mar Caspio è in realtà un lago con oltre settemila chilometri di costa e una profondità massima di un chilometro, caratteristiche che lo rendono un punto strategico a metà strada tra l’Europa e il Medio-Oriente. Si tratta di una zona ambita sia come snodo comunicativo Nord-Sud Est-Ovest sia per le risorse naturali, petrolio e gas naturale, che in varie occasioni hanno portato a frizioni tra gli Stati rivieraschi.
L’attuale ripartizione territoriale, con la definizione delle varie zone di influenza, risale al discioglimento dell’Unione Sovietica di inizi anni novanta e conta una distribuzione più o meno uguale tra i cinque Stati costieri. La diatriba mare o lago ha interessato oltre vent’anni di dibattito internazionale in quanto la determinazione geografica avrebbe avuto ripercussioni anche sullo status legale del bacino. Dal 2018 il Mar Caspio è ufficialmente un lago; in questo modo le Nazioni Unite non potranno applicare nelle acque caspiche il diritto marittimo internazionale in quanto esso non disciplina la fattispecie di lago. Secondo la Convenzione sullo Stato Legale del Mar Caspio, ogni Paese rivierasco estende il proprio territorio quindici miglia oltre la costa avendo diritto ad altre dieci miglia per esplorazioni e ricerche, mentre il resto è da considerarsi uno spazio marittimo comune.
La Convenzione tra i cinque Stati prevede che nessuna forza armata esterna possa essere tollerata nel Mar Caspio; la previsione è quanto mai strategica ed esclude possibili interventi della NATO o degli Stati Uniti nell’area.
L’area del Caspio si presenta quindi come uno spazio chiuso in cui Paesi esterni non sembrerebbero ammessi. Nonostante questo lago appaia come un bene condiviso, sono soprattutto Russia ed Iran ad esercitare in termini militari la maggiore influenza mentre l’aspetto energetico coinvolge tutti gli attori in questione. Teheran e Mosca, così come gli Stati post-sovietici, sono grandi produttori di idrocarburi e hanno saputo ritagliarsi la propria fetta di mercato tra Occidente ed Oriente.
La zona del Mar Caspio ad oggi è per gli osservatori esterni un termometro di alcuni degli scenari più significativi dell’attualità geopolitica.
Pensiamo ad esempio alla Russia e al suo intento di ricostruire un’influenza pervasiva nell’ex blocco sovietico. Le recenti vicissitudini del Nagorno-Karabakh hanno evidenziato i problemi di Mosca nel garantire il cessate il fuoco di cui essa si era fatta promotrice. Le difficoltà del Cremlino in Ucraina impediscono a Mosca di esercitare un controllo sulla zona capisca e stanno aiutando l’ascesa dell’Azerbaijan quale possibile partner energetico europeo alternativo ai russi. Lo status azero di potenza fossile ha finora tenuto in silenzio l’Occidente sull’esodo armeno nel Nagorno-Karabakh, sintomo della crescita di Baku come attore fondamentale nella regione.
L’importanza strategica del Mar Caspio per l’Iran è spesso ignorata, ma questo specchio d’acqua è la via di comunicazione diretta tra Teheran e l’alleato russo. Questo spazio condiviso tra le due potenze, godendo dell’inaccessibilità estera, è un piano di confronto e scambio di conoscenze militari e strategiche, nonché valvola di sfogo iraniana nei confronti degli altri confini nazionali spesso protagonisti di crisi di carattere securitario.
Il Mar Caspio sta attirando sempre di più l’attenzione internazionale e l’aspetto infrastrutturale sta raggiungendo d’importanza quello energetico. Con il progressivo esacerbarsi dei rapporti tra Europa e Russia, la zona meridionale del lago potrebbe diventare una via di comunicazione sempre più battuta tra Occidente ed Oriente; la Russia ha tuttavia la necessità di mantenere la zona più neutrale possibile. Il futuro del Mar Caspio dipenderà quindi molto dagli Stati Uniti e dalla loro volontà di utilizzare la loro influenza per aggiungere un nuovo scenario di conflitto tra Washington e gli Stati euroasiatici.