Il sabotaggio dei gasdotti: sicuri sia stata la Russia?

La perdita definitiva delle condutture che approvvigionavano di gas l’Europa occidentale è un danno irreparabile per l’economia russa del futuro dopoguerra.

 

 

La distruzione dei gasdotti Nord Stream 1 e 2 tramite un’incursione sottomarina di forze speciali non identificate getta una nuova ombra sulla solidità delle alleanze occidentali. Se i media sono stati prontissimi a puntare il dito contro Mosca, la realtà è che difficilmente si può credere che Putin abbia deciso di perdere la possibilità di rientrare in gioco nel quadro degli accordi economici con l’occidente.

Putin non è un folle o un maniaco come i media occidentali vorrebbero far credere. È sicuramente un despota abituato a non ricevere mai un “no”, ma questo non lo rende uno stupido. Il Presidente russo sa benissimo che dopo la guerra avrà ancora bisogno dell’Europa come partner commerciale, e che anche se ripristinare le relazioni non sarà facile, il gas russo sarà un argomento chiave nei prossimi anni. Non è un caso se i gasdotti che passano per l’Ucraina sono, nonostante gli otto mesi di guerra, sostanzialmente integri; e ancora oggi, mentre discutiamo di questa vicenda, il gas di Mosca arriva all’occidente tramite i condotti che passano in Bielorussia e Polonia per alimentare soprattutto il sistema energetico tedesco.

 

 

In quest’ottica, la distruzione dei gasdotti nel mar Baltico danneggia unicamente Russia e Germania. È difficilmente pensabile che siano stati gli Spetsnaz russi a piazzare delle cariche sulle condotte sottomarine, a meno che la strategia russa sia quella di alzare ancora i toni ed esacerbare gli animi quando nei fatti Putin (in seria difficoltà di supporto politico e popolare in patria e fuori) sta sondando la via diplomatica per la risoluzione del conflitto ucraino. Ma se non è stata la Russia, chi allora?

Ancora una volta, sono diversi gli elementi da prendere in considerazione. Su tutti, il fatto che la Germania è ancora fortemente dipendente dal gas russo, che le arriva via terra (il Nord Stream 1 non è più attivo da Agosto, il 2 non era ancora entrato in funzione); e forti voci di corridoio affermano che la Germania avrebbe stretto un patto con la Russia per ottenere forniture a prezzi molto più concorrenziali rispetto al resto dell’Europa, probabilmente in cambio di un allentamento sulla pressione politica verso Mosca.

In quest’ottica, sembra logico che l’attacco ai gasdotti sia stato portato da elementi delle forze speciali statunitensi o inglesi, che bene fanno a non fidarsi del governo tedesco (ricordiamo la ridicola offerta di fornire elmetti come unico sostegno all’esercito ucraino ad inizio guerra). I rapporti commerciali tra Germania e Russia erano (sono?) uno dei motivi trainanti dell’economia di Berlino, e la cancelleria tedesca non ha mai nascosto di mal digerire la risposta occidentale all’invasione russa in Ucraina.

 

 

La realtà è che si torna sempre allo stesso punto: il mondo occidentale vive di finte alleanze ed amicizie. La Germania ha ampiamente dimostrato nei suoi atteggiamenti all’interno dell’Unione Europea di voler essere lo stato egemone dell’Europa occidentale e lo sta rimarcando in ambito NATO in questi mesi. Gli Stati Uniti, durante le ultime tre presidenze democratiche, hanno fatto di tutto per rendere incandescenti le tensioni con Mosca: dal tentativo di espandere la NATO in Ucraina ed in altri Stati confinanti con la Russia, alle affermazioni innegabili, ma assolutamente inopportune, di Biden sul conto di Putin ben prima dello scoppio della guerra. E gli stessi Stati Uniti, ancora una volta tramite affermazioni di Biden e della sua cerchia, hanno chiaramente detto di volersi sostituire alla Russia nella fornitura del gas all’Europa occidentale.

Il mondo che si professa democratico e libero vive di profonde contraddizioni ed incongruenze, tutte o quasi legate al profitto di pochi. La gestione ventennale del caso Ucraina o i rapporti con la Turchia ne sono esempi perfetti, che dimostrano come al di là delle belle parole di circostanza non vi sia nessun interesse nel formare un complesso solido e compatto all’interno dell’Unione Europea o della NATO.

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