Arrival affronta il tema del primo contatto con un approccio ragionato, confezionando un risultato piu’ che buono.
La quasi totalita’ dei film di fantascienza incentrati sul primo incontro fra esseri umani ed alieni vedono buona parte della pellicola impegnata in scene di combattimento, di assalti e di distruzione. Arrival preferisce sviluppare una storia che possa seguire un canovaccio piu’ realistico e pragmatico, anche se non e’ esente da piccole superficialita’ che andremo a vedere piu’ avanti nella recensione.
Louise e’ una affermata esperta di lingue; in seguito all’improvvisa comparsa di una serie di veivoli alieni che stazionano a pochi metri di altezza in diversi punti della Terra, viene reclutata dai servizi segreti statunitensi per tentare di entrare in contatto con gli occupanti dell’Ufo presente sui verdi campi del Montana. La montante tensione contribuira’ non poco a rendere arduo il compito da svolgere: capire lo scopo della visita aliena sulla Terra.
Sono rimasto piacevolmente colpito da questo film canandese (e no, di film canadesi non ne arrivano molti da noi). La trama e’ ben strutturata ed interessante; per una volta abbiamo una pellicola che affronta il rapporto con gli alieni in modo maturo e per lo meno semi-scientifico. E’ pero’ d’obbligo menzionare che ci sono un paio di importanti battute a vuoto nei 116 minuti di pellicola, passaggi funzionali al dipanarsi della storia ma che sfruttano degli abusati luoghi comuni che avrei preferito ci fossero risparmiati. Ad ogni modo la regia di Denis Villeneuve e’ buona e raggiunge lo scopo; sequenze e dialoghi seguono il giusto ritmo della narrazione, le inquadrature sono efficaci e suggestive (specialmente quelle nella vallata in Montana sono molto, molto belle).
Ottimi gli effetti speciali; non sono tantissimi (almeno per quanto sarebbe lecito aspettarsi in un film di fantascienza) ma sono ben realizzati e tutti sobri e realistici. In alcuni casi lo stupore e’ tanto da rimanere quasi a mandibola spalancata.
Il reparto attoriale e’ di valore e ben bilanciato. Amy Adams, la protagonista del film, Jeremy Renner nella parte del matematico ed il sempre affidabilissimo Forest Whitaker formano un terzetto di tutto rispetto; ben calati nei loro ruoli, da soli contribuiscono notevolmente ad agevolare l’immersione durante lo svilupparsi della storia; i loro atteggiamenti e le loro reazioni sono sempre credibili e coerenti con la situazione, e portano un deciso valore aggiunto al film.
Nonostante tutte queste lodi, personalmente il film non e’ riuscito a sollecitarmi quelle corde di sensibilita’ che invece spesso si attivano quando si toccano temi di fantascienza piu’ elaborati che vadano oltre il classico “blasta l’alieno” (Contact e’ un esempio in questo senso). Riconosco che c’e’ un bel lavoro dietro, e la scelta di indirizzarsi su tematiche piu’ cerebrali va premiata; eppure in tutta onesta’ non riesco a ritenere Arrival un capolavoro nel suo genere, come invece 2010 L’Anno del Contatto; un film che ha parecchie analogie con quello oggetto di questa recensione: non ricco di mezzi, ragionato piu’ che strillato, messo in ombra dal “fratello maggiore” 2001 Odissea nello Spazio, eppure semplicemente bellissimo.
Sarebbe stato bello vedere determinate tematiche e determinati personaggi essere approfonditi molto di piu’; di spunti ce ne sono molti, ma forse la pellicola soffre del fatto che piu’ di due ore ormai i film piu’ di due ore non possono durare per motivi commerciali. La morte del cinematografo….
Lo ripeto: il film mi e’ piaciuto e si vede che ci prova in tutti i modi; gli voglio bene, ma sento che manca qualcosa. Ad onor del vero, tutte le mie conoscenze che hanno visto Arrival lo giudicano di alto spessore; anche gli spettatori vicini a me ne sono rimasti molto colpiti. Probabilmente quindi in questo caso la mia valutazione finale e’ fin troppo stretta, probabilmente ingiustamente, probabilmente meriterebbe un punto in piu’. Ma in cuor mio, di piu’ non riesco proprio a fare, non sarei un recensore onesto.