Purtroppo non bastano passione ed uno stile grafico particolare a fare di Dark And Deep un gioco da ricordare; putroppo i suoi problemi sono importanti.
Cerchiamo sempre di avere un occhio di riguardo per i singoli programmatori, che affrontano la sfida di realizzare un videogioco pressochè da soli. Non è raro che dietro le quinte ci capiti di fornire consigli di scambiare opinioni con i realizzatori del titolo che ci viene fornito in prova; per Dark And Deep un simile dialogo, con noi o altre testate di settore (ma anche con un eventuale gruppo di tester) avrebbe probabilmente aiutare l’autore a dare al gioco tutto un altro taglio.
Dark And Deep è un gioco d’azione in prima persona dal ritmo estremamente compassato, che ci catapulta in un mondo alternativo fatto di mostri, ricordi e puzzle da superare. Il titolo realizzato da Walter Woods punta tutto su uno stile grafico molto particolare (che ricorda da vicino Kingdom Of The Dead), sulle opere dell’illustratore francesce del IXX secolo Gustave Doré e su una trama potenzialmente interessante ma che, lo anticipo subito, viene annacquata da una completa mancanza di pathos.
La parola d’ordine di Dark And Deep è infatti “distacco”: il giocatore non riesce quasi mai a immergersi all’interno del mondo dentro al monitor, e questo soprattutto a causa di un ritmo di gioco spesso eccessivamente lento o macchinoso. Il movimento del nostro personaggio è rugginoso, i dialoghi del gioco sono tediosi, gli accadimenti non suscitano particolare adrenalina. Sembra quasi di leggere un libro per lo più didascalico.
La cosa non sarebbe di per sé un male, se non fosse che il gioco si presenta come un’avventura horror con un focus su puzzle ed esplorazione. Delle aspettative è tutto sommato rispettata quella relativa all’aspetto risolutivo del gioco, mentre per quanto riguarda l’orrore non ci siamo: non basta mettere qualche mostro che possiamo vedere solo attraverso l’utilizzo di determinate cornici per mettere ansia (specialmente se possiamo vedere i loro passi e se il cammino che compiono è sempre lo stesso). Si salti sulla sedia o momenti che facciano spavento non ce ne sono. Di esplorazione poi, nemmeno a parlarne: camminare in lunghi corridoi o saltare di piattaforma in piattaforma seguendo un percorso predefinito non è sinonimo di esplorazione.
Ma i problemi di Dark And Deep non terminano qui. Dal punto di vista tecnico, il gioco è “tagliato con l’accetta”: i cambi di sequenza sono privi di dissolvenze o intermezzi e, quando moriamo ad opera dei mostri invisibili, il gioco ricarica il checkpoint precedente senza farci nemmeno capire cosa stia succedendo.
Il Dark And Deep è molto pesante, ed i caricamenti sono inaccettabilmente lunghi; è possibile rimappare i tasti, ma per nostra esperienza i cambi non vengono salvati, quindi ogni volta che rilanciamo il gioco dovremo perdere qualche minuto a rifare la procedura. In alcuni frangenti il nostro personaggio viene colpito e viene sbalzato all’indietro: in quei momenti si vedono le sue mani galleggiare nell’aria, senza braccia, come fosse un gioco in realtà vituale.
Nessuno di questi problemi è talmente grave da rendere impossibile giocare, ma si tratta di evidenti lacune che non sono state assolutamente affrontate prima del lancio sul mercato.
Dal punto di vista di gameplay, invece, Dark And Deep alterna momenti passabili ad altri del tutto rivedibili. Se la storia che punteggia il nostro avanzamento nel gioco è completamente tralasciabile (a parte il concetto di fondo infatti, non c’è un solo elemento di trama che ci abbia colpito) e i dialoghi che l’accompagnano sono spesso vuoti e quasi fastidiosi perchè ci fanno perdere tempo inutile, lo scheletro del gioco è tutto sommato accettabile. Ignorando la grossolanità di alcune implementazioni (a partire dalle automobili che ci passano accanto senza far girare le gomme o il nostro personaggio che, sempre in auto, non ruota lo sguardo insieme alla sua vettura durante intermezzi in cui non possiamo far nulla (a parte, appunto, rimettere dritto lo sguardo), l’azione è accettabile. La spazialità del nostro alter ego è più o meno come ce l’aspettiamo, e non si notano imperfezioni o sensazioni di profondità errate durante i movimenti e i salti.
Le risoluzioni dei puzzle non richiedono particolari doti creative: sono riuscito a superarli anche io che notoriamente non sono un genio, e anche quando i suggerimenti che Dark And Deep ci fornisce direttamente in gioco si rivelano più fuorvianti che un aiuto.
Complessivamente, Dark And Deep non ci ha dato alcun motivo (al di là del doverlo recensire) per andare avanti nel gioco, rendendosi poco accattivante già nei primi minuti di gioco. Si tratta di un titolo quasi amatoriale che si avvale, e lo dice alla luce del sole, di asset presi da librerie di oggetti precompilati; sarebbe giusto definirlo poco più di un test, di un esperimento riuscito a metà ma che potrebbe dare le giuste basi a Walter Woods per una produzione successiva. Sotto quest’ottica la bocciatura sarebbe leggera; ma il prezzo di lancio di Dark And Deep è assolutamente ingiustificato: quasi venti euro, uno sproposito per un titolo che non merita di essere in quella fascia di prezzo, considerando anche che la sua longevità si attesta sulle 3-4 ore. Non a caso, ci sono diverse analogie con il poco riuscito Room 54.