Golden Boy non è un normale manga… proprio no. Può essere considerato pornografia, oppure è una sfolgorante critica ai costumi di un popolo?
Kintaro Oe, il protagonista, non è un normale ragazzo di 25 anni e sto cominciando a pensare di essere anormale anch’io se ho deciso di scrivere una recensione su GB. In apparenza ci troviamo di fronte ad un banale manga erotico con annesse perversioni varie (clisteri, tenutine sadomaso ecc.), ma in realtà GB è una sfolgorante critica dei costumi e dell’essenza di un popolo, essenza che proprio i costumi esprimono, realizzata attraverso le disavventure di Kintaro con una galleria di personaggi femminili che è il ritratto dei difetti storici del gentil sesso.
Attenzione: Egawa non è un maschilista, anzi. Le sue donne sono decisi capitani d’impresa, nobili rampolle, amanti di politici; insomma tutto, ma non geishe sottomesse, secondo la visione tradizionale che un occidentale può avere della donna giapponese.
Kintaro lo sa e se la gode, da bravo masochista, ma ogni volta, grazie ai suoi infiniti talenti, riuscirà a risvegliare in ciascuno di questi demoni, posseduti chi da un vizio chi dall’altro, un risvolto di umanità, questa sì sinceramente femminile.
Kintaro, infatti, semilaureato alla prestigiosa Tokyo Daikagu, l’università statale della capitale (ndr in Giappone le università private sono la maggioranza, perciò frequentare quelle pubbliche, che spesso sono le migliori ed offrono le massime prospettive occupazionali, è motivo d’orgoglio), ha consacrato la sua vita ad un solo imperativo: imparare dalla vita stessa!
Per fare ciò attraversa il Giappone in sella alla sua Mountain Bike (ribattezzata Mezzaluna) e, dove decide che c’è qualcosa di nuovo o qualcuno di interessante da conoscere, si ferma e…
Questa cornice, insieme allo stratagemma dell’Agenda di Kintaro, dove il nostro protagonista annota le sue sempre sorprendenti ed acutissime osservazioni sulle donne, introduce i vari episodi, caratterizzati ciascuno da un personaggio femminile. Generalmente questo personaggio è caratterizzato dalla personalità, e l’autore ci mostra progressivamente aspetti sempre più intimi attraverso l’esperienza vissuta da Kintaro.
Ma Egawa ci parla di un uomo, non di un dio, pertanto accade talvolta che il nostro resti preda del daimon della sua “persecutrice”, salvo riaversi, ad un dato momento, grazie al suo senso critico.
Proprio la critica mi pare essere il tema dominante di GB; una critica umana e sociale, spesso quasi feroce nelle forme grafiche che l’autore le conferisce. Tatsuya Egawa, infatti, non si vergogna a mostrare la sua interpretazione della realtà sociale e psicologica che descrive, non solo da un punto di vista esteriore, ma anche nella serie di sentimenti negativi espressi dai personaggi che Kintaro incontra.
GB non si può, quindi, giudicare solo basandosi sulla storia o sulle scelte grafiche nel ritrarre “certe” scene; si correrebbe il rischio di essere superficiali. Occorre piuttosto apprezzarne il significato complessivo.