Randy Mamola: primo per spettacolo ma eterno secondo nei risultati.
Prosegue la nostra retrospettiva dei piloti “vintage” della classe regina, parlando sempre di uno statunitense. Sì, perché in quegli anni, dalla metà degli anni 70 e per quasi un ventennio, hanno dominato la mezzo litro collezionando dal 1978 al 1993 ben 13 titoli.
La California poi l’ha un po’ fatta da padrone, dando i natali a diversi campioni, ma anche a talenti cristallini che campioni non sono mai diventati. È il caso di Randy Mamola, nato a San Jose il 10 novembre del 1959, che esordisce come professionista a 16 anni nel Campionato Nazionale dove resta fino all’anno successivo conquistando anche il titolo nella classe 250.
Per rendere un po’ l’idea di quanto il talento statunitense avesse voglia di guidare, citiamo qualche numero dei quattro anni in cui imperversa nelle competizioni d’oltreoceano: 600 trofei vinti di cui ben 400 primi posti, arrivando a correre anche 4 volte a settimana in tre categorie diverse.
Nel 1979 arriva la chiamata per il Transatlantic Trophy dove, con moto 750 di cilindrata, si confronta con piloti americani e britannici chiudendo al secondo posto dietro a Mike Baldwin ma comunque davanti ad un certo Barry Sheene.
Sempre in quell’anno finalmente fa il suo esordio nel Motomondiale iniziando dalla 250 e dalla 350; in quegli anni le categorie erano tantissime: 50, 125, 250, 350 e 500, a cui si aggiungevano la Superbike di allora ossia la Formula 750 e gli spettacolarissimi Sidecar B2A. Non era una rarità avere piloti che corressero in più categorie e Randy non fece eccezione a questa prassi, approdando sempre in quell’anno alla mezzo litro in sella alla Yamaha.
Nel 1980 approda in Suzuki nel team Factory sostituendo Barry Sheene e cavandosela piuttosto bene dato che chiuderà il campionato secondo mettendosi dietro tutti e tre i compagni di marca Marco Lucchinelli, Franco Uncini e Graziano Rossi.
Sarà purtroppo solo il primo dei quattro anni (’80, ’81, ’84 e ’87) in cui diventerà soltanto Vice Campione del Mondo, arrivando a ritirarsi ufficialmente dalle competizioni nel 1992 dopo aver corso 160 gran premi e averne vinti 13 ottenendo 57 podi e 5 pole position con 4 case motociclistiche diverse: Yamaha, Suzuki, Honda e la mitica e meravigliosa Cagiva, moto acerba che porterà sul podio una sola volta nei tre anni in cui la svilupperà, lasciandola poi in eredità ad Eddie Lawson che conquisterà la prima vittoria nel 1992, ma soprattutto a John Kocinski che nel 1994 ci arriverà terzo in classifica generale.
Non arriverà mai al titolo mondiale ma resterà nel cuore dei tifosi per la sua spettacolarità nella guida e per i numeri indimenticabili come il famoso rodeo di Misano del 1985, in cui ostinatamente resta aggrappato al manubrio nonostante la moto avesse tentato selvaggiamente di disarcionarlo. Se non lo avete mai visto non potete perderlo: è un capolavoro di abilità, incoscienza, fortuna ed una buona dose di quella presunzione che avevano spesso i piloti americani, quelli della scuola del “finchè hai il manubrio tra le mani non sei caduto”.
Impennate, derapate, frenate con la ruota posteriore alzata per decine di metri, gestacci ai fotografi… insomma un vero showman che ha sempre avuto un rapporto straordinario col pubblico. Il suo carattere affabile e sorridente, sempre disponibile coi fan e sempre pronto a ridere di se stesso e degli altri lo ha portato ad essere amato da tutti; eterno giullare, ha avuto il coraggio di divertirsi e non prendersi mai troppo sul serio, come quando lo si vedeva girare per il paddock con una maschera da maiale e due enormi chiappe di plastica sopra la tuta; o quando ha messo un petardo incredibile sotto il motorhome di Rainey facendolo esplodere in piena notte.
Ma l’eterno secondo ed eterno ragazzino è un uomo che ha fatto della beneficenza una delle sue più grandi virtù, stando accanto ai più piccoli negli ospedali e sostenendo attivamente Save the Children e Riders for Health strapazzando Vip paganti sulla sella di una Desmosedici biposto nei circuiti.
Di recente è stato inserito dalla FMI nella Hall of Fame del motociclismo come Leggenda, e sono sicuro che anche senza un titolo mondiale sia un riconoscimento più che meritato.
Nel nuovo anno faremo un salto in Europa per parlare di uno dei tanti Italiani che hanno scritto il loro nome nell’Albo d’Oro del motomondiale: Marco Lucchinelli.
Buon Anno e a presto!