La leggenda delle leggende, il pilota dei record per eccellenza.
Come non parlare dell’uomo più titolato di questo sport? Di Giacomo Agostini si è scritto come forse di nessun altro pilota e ciò, credetemi, non è legato solo al fatto che nessuno abbia vinto quanto lui nel mondo delle ruote.
Giacomo nasce a Brescia il 16 giugno del 1942 e manifesta fin dai primissimi anni di età una grande attrazione per i motori ma, dato che all’epoca era pressochè impossibile partecipare a competizioni in tenera età, le sue prime gare erano clandestine e lo vedevano in sella all’Aquilotto della Bianchi, praticamente una bicicletta con un motore 48cc con la quale però il nostro Ago (o Mino) bastonava regolarmente piloti ben più grandi di lui nelle gincane organizzate in paese in occasione delle sagre.
Purtroppo all’epoca per poter partecipare a qualsiasi competizione FIM ci volevano almeno 18 anni, ed eccolo finalmente avere l’assenso dal padre (la maggiore età di allora erano 21 anni!) per iscriversi alla federazione e partecipare a delle gare. L’assenso sì, ma non la moto… per la quale Agostini dovette impegnarsi in prima persona economicamente. Inizialmente ordinò direttamente in fabbrica una MotoBi 175 che veniva realizzata con un “pacchetto” competizione, ma i mesi passavano e la moto tardava ad arrivare.
Fù così che Ago andò in concessionaria a Bergamo e comprò una Morini 175 Settebello facendo ben 30 rate; fa sorridere oggi pensare ad un aspirante pilota che fa delle rate per una moto che potresti anche distruggere alla prima gara, ma Mino onorò il pagamento di tutte le rate con i premi gara del Campionato Juniores Velocità, ed anche ad onor del vero con le scommesse clandestine.
La prima gara ufficiale a cui partecipò fu la cronoscalata Trento-Bordone nel luglio del 1961, e ben figurò arrivando secondo dietro al campione in carica Attilio Damiani, considerato imbattibile nella categoria; seguirono altre gare, alcune con buoni piazzamenti ma altre con qualche caduta che fortunatamente non danneggiarono la moto seriamente. Nel frattempo Agostini fece fare delle modifiche alla sua Settebello in occasione della Temporada Romagnola a Cesenatico il 1° maggio del 1962, ma la notte la moto del Bresciano venne sabotata nel parco chiuso tranciando il comando dell’acceleratore: Agostini la mattina si precipitò al box della squadra corse Morini, ma il Direttore Sportivo Dante Lambertini dispiaciuto gli comunicò che il ricambio proprio non c’era.
Vista l’amarezza del pilota gli concesse però di fare qualche giro nel turno di prove libere col muletto ufficiale, con la quale Ago demolì i tempi sul giro fissando il nuovo record della pista: Lambertini non si fece pregare e affidò il muletto al pilota per permettergli di fare la gara, che dominò per buona parte finchè una caduta lo costrinse a rientrare al box per sistemare la leva del cambio; nonostante ciò Agostini chiuse sul podio, in terza posizione.
Il 27 maggio Ago si presentò con la sua Settebello di serie alla Bologna-San Luca e schiacciò tutti, piazzandosi al primo posto nella classifica assoluta. Alfonso Morini capì il valore di quella vittoria soprattutto perché realizzata con una moto praticamente di serie: corse subito da Agostini e gli offrì una moto ufficiale ed un ingaggio per la stagione; ma emerse un problema: con Mino ancora minorenne serviva l’assenso del padre, che benchè preoccupato per il figlio non tardò ad arrivare: il pilota Bresciano aveva ora una moto ufficiale ed un meccanico a seguirlo.
Nel 1963 Giacomo Agostini era un pilota professionista, si iscrisse al Campionato Italiano della Montagna ed a quello Juniores Velocità, vincendo entrambi e lasciando ai suoi avversari il primo posto solo in due gare, dominando le altre. E la Morini lo promosse: pilota di punta della scuderia nel Campionato Seniores 250. Sempre in quell’anno cominciò ad affacciarsi al mondiale in due gare anche lì non sfigurando affatto, chiudendo al 4°posto entrambe gli appuntamenti.
Il 19 aprile del 1964 sul circuito di Imola nella prestigiosa Coppa Shell Ago vinse battendo Tarquinio Provini con la Benelli 4 cilindri e facendo tempi sul giro e in gara addirittura inferiori a Jim Redman con la Honda; ma quello che è straordinario è che Redman correva in 350, non in 250. Fù così che il conte Domenico Agusta lo ingaggiò come collaudatore e seconda guida nel mondiale 350 e 500: Giacomo non si fece sfuggire l’occasione di dimostrare quanto valeva e chiuse secondo in entrambi i campionati, mancando la sua prima vittoria per un inconveniente tecnico banalissimo, di quelli che a guardar meglio li potresti evitare sicuramente: ad Agostini questo non andò giù e divenne pignolo e meticoloso all’inverosimile controllando ogni particolare della sua moto, abitudine che mantenne per tutta la sua carriera.
L’anno successivo Agostini spazzò la concorrenza in 500 aggiudicandosi il titolo a soli 3 anni dal suo esordio nel mondiale battendo Mike Hailwood, mentre l’inglese fece suo il titolo nella 350 ma per un soffio: all’ultima gara, quella di casa per il bresciano a Monza l’11 settembre, Hailwood aveva già vinto la 350 e decise di non partecipare per dare battaglia ad Agostini nella 500; Giacomo partì male, ma grazie ad una fantastica rimonta vinse. Ma prese parte anche alla gara delle 350 nonostante il titolo fosse ormai fuori dalla sua portata: vinse anche qui, doppiando il secondo che era “solo” Renzo Pasolini.
Nel 1966 la storia non cambiò, la lotta tra i due fu serratissima ma Agostini si rivelò di nuovo il riferimento della classe regina ma anche stavolta perse il titolo per un soffio: la conta dei secondi posti conseguiti (visto che i punti ottenuti così come le vittorie erano identici per lui e per l’inglese) consegnò il titolo della 350 ad Hailwood.
Nel 1967 la Honda si ritirò dalle competizioni e Hailwood si prese un anno sabbatico, pagato dalla Honda per non farlo salire su un altra moto: Agostini e la MV Agusta non avevano più rivali nonostante i tanti validissimi piloti e lo sforzo di moltissimi costruttori, e fu così che dal 1968 al 1972 il binomio tutto italiano conquistò la bellezza di 10 titoli mondiali piloti ed altrettanti costruttori nella 350 e 500, conquistando ben 82 gran premi su 102.
Facciamo una piccola parentesi su una gara ben specifica del mondiale: quella sull’Isola di Man, il Tourist Trophy. Agostini aveva già vinto 10 volte sul circuito inglese, ma nel 1972 perde il suo grande amico Gilberto Pariotti: Mino ne uscì così scosso che al termine della gara decise, in polemica con la Federazione per la pericolosità del circuito, di non partecipare più al TT; la realtà era che molti piloti la pensavano come lui, ma il bresciano fu l’unico ad avere il coraggio di prendere posizione: non corse mai più in quella dannata e meravigliosa gara e la sua battaglia seguita da molti altri piloti portò la federazione ad escludere la gara dal calendario mondiale nel 1977.
Questi numeri sono già impressionanti, ma c’è ancora tanto da raccontare sull’uomo più titolato della storia del motomondiale; lo faremo la prossima settimana in cui analizzeremo gli aspetti dei cambiamenti tecnici epocali, veri spartiacque tra la tecnologia rudimentale dell’epoca ed il motociclismo moderno. Agostini ha attraversato tutto questo, ed il Campione dei Campioni non può essere raccontato tutto in una volta!
A sabato prossimo!