Natale 1914: Tregua sul fronte occidentale

Dopo solo pochi mesi dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale che porterà l’Europa a dissanguarsi per gli anni a venire, in tutto il caos, la morte e la distruzione, alcuni eventi ci parlano di un’umanità quasi dimenticata e di un senso di fratellanza che va oltre le armi, il sangue ed il fango.

 

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Il 28 Luglio 1914 scoppia quella che oggi conosciamo come Prima Guerra Mondiale, una guerra decisiva che doveva porre fine a tutti i conflitti europei. I comandanti tedeschi, attuando il Piano Schlieffen, tentano una immediata vittoria contro gli storici nemici francesi, invadendo il piccolo Belgio neutrale. L’esercito francese, aiutato anche da azioni di rallentamento da parte dell’esercito belga e dal corpo di spedizione britannico (decisivo nella resistenza contro la 1° Armata di Von Kluck) riesce in extremis a tenere fuori l’invasore dalla capitale e a ricacciarlo indietro, dando inizio alla temibile guerra di trincea.

I mesi passano, la morte si prende molti uomini e dove essa ancora non arriva, ci pensa la nostalgia di casa a rendere irrequieti i soldati. Col freddo non si scherza e le trincee sono ancora in uno stadio quasi primitivo. Si scava per pochi metri nella terra, quanto basta per evitare il colpo del cecchino e dell’artiglieria alle sue spalle. Molti a questa guerra non ci credono nemmeno, e i pochi mesi di combattimenti non hanno ancora danneggiato e abbrutito l’animo degli uomini.

 

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E così, si arriva a un’insolita tregua nei giorni del primo Natale di guerra. Lungo le trincee del fronte occidentale, i tedeschi, nel giorno della vigilia, iniziano a posizionare piccole candele e luci, riuscendo ad addobbare persino qualche piccolo albero. I britannici e i francesi, a poche centinaia se non decine di metri, rimangono stupefatti ed increduli in un primo momento, per poi ricambiare il gesto dei tedeschi con canti natalizi. Ci si saluta da una parte all’altra delle trincee, e si applaudono le migliori voci.

I più coraggiosi iniziano persino a uscire fuori dalla trincea e salutare i soldati nemici, come riporta uno dei comandanti della 18° brigata britannica. Nessuno spara, nessuno ha voglia di morire e ancora peggio di uccidere in un giorno così sacro e caro a molti. In alcuni settori si dichiarano tregue di 24 ore, in altri anche più lunghe, nonostante questo non sia un fenomeno omogeneo lungo l’intero fronte. Timidamente e con un po’ di incredulità, si arriva a incontrarsi nella terra di nessuno, a scambiarsi cioccolato e tabacco, o più spesso, una sincera stretta di mano prima di tornare e riprendere a fare quella dannata guerra. Tante lettere vengono inviate ai cari a casa, e in esse traspare il senso di stupore e meraviglia dei soldati stessi. Da qualche parte spunta anche un pallone da calcio, e si improvvisano vere e proprie partire a squadre miste. Per qualche ora ci si scorda della miseria della vita e si ride, si beve e si fuma insieme, indipendentemente dal colore dell’uniforme o dal grado sulla spallina.

 

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Poi si torna nelle trincee, gli alti comandi vengono a sapere di questa fraternizzazione tra truppe nemiche e con pugno di ferro intervengono a spezzare questo filo di umanità. Le artiglierie devono riprendere a sparare, troppa pace crea danni invisibili negli uomini secondo loro. I giornali iniziano a parlarne tardi, e poco. In Germania queste notizie sono accolte in maniera negativa dalla stampa, che critica questi comportamenti come vigliacchi e non consoni al vero spirito prussiano.

 

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Si torna presto a sparare, a morire. E si lavora assiduamente affinché azioni come quelle del Natale 1914 non succedano più. E non risuccederanno, non solo per la volontà dei vertici militari, ma anche perché il cuore del soldato si tinge sempre più di nero, e si svuota di umanità davanti a quel paesaggio desolato che inghiotte e spezza la gioventù europea.

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