Il Tuffo: la recensione

Il Tuffo affronta molto bene un tema spesso stereotipato: il taglio del cordone ombelicale coi propri genitori.

 

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Il Tuffo lo vidi per caso, tanti anni fa, in piena notte, su un canale Rai (vatti a ricordare se RaiDue or RaiTre). Erano gli anni ’90 ed il palinsesto dei canali pubblici era ancora fatto in modo che ci fosse una valida offerta culturale, e questo film aveva tutti i diritti per essere anche proposto in prima serata. Strano che da allora non lo abbia piu’ visto in tv…

Il Tuffo e’ un film completamente figlio del suo tempo, per contesto e situazioni. Ambientato a Terni, facciamo la conoscenza di tre studenti che in piena estate devono rimanere sui libri, avendo a Settembre i loro esami: due liceali che devono riparare in fisica ed un laureato che si prepara per un concorso e dara’ loro ripetizioni.

Ora gli esami di riparazione non ci sono piu’, ma all’epoca erano un vero dramma: se non venivi promosso a Giugno in tutte le materie potevi scampare alla bocciatura presentandoti a Settembre facendo degli esami sulle materie specifiche… Fatto sta che ti giocavi l’estate, e mentre i tuoi amici andavano in bici o giocavano a pallone tu dovevi studiare col caldo, e da solo. Solo chi li ha dovuti affrontare (ahem) sa quanto temuto leggere quel “Ripara” sui quadri di fine anno.
Il Tuffo mostra in pieno le sensazioni che si potevano provare, pur non essendo quello il fulcro del film.

Nella sua opera prima, Massimo Martella prende il punto di vista dei giovani e si concentra sulla difficolta’ di convivere con i propri genitori. Dalle presenze asfissianti alle complete assenze, dalla mancanza di privacy all’indifferenza, tutta una serie di classici conflitti generazionali sono presenti, pur senza mai sfociare nel banale o nello stereotipo; anzi, in alcune occasioni si colgono atteggiamenti incredibilmente reali e comuni ma che raramente vengono riproposti sul grande schermo.

La nascita delle amicizie e la rivalutazione di quelle in corso e’ una cosa attraverso le quali siamo passatai tutti, ed ancora una volta Il Tuffo affronta il tema in modo positivo. E poi, su tutti, il tema dell’amore adolescenziale; anche qui trattato con garbo e delicatezza, con reverenza, quasi con timore. Alla fine, tutto e’ confezionato in quella che sembra una leggera sfera di cristallo, da non agitare per non romperla.

 

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Parlavamo del fatto che il film fosse figlio del suo tempo; dagli scorci cittadini, ai vestiti tipici dell’epoca (ma quanto eravamo brutti?), dal motorino senza casco al fatto che fosse tutto meno frenetico, Il Tuffo e’ una finestra su di una Italia che non esiste piu’.

Vincenzo Salemme veste i panni del laureato, bravissimo nel suo ruolo dove dimostra una volta di piu’ di quanto sia sprecato nelle commedie napoletane di cassetta. Al suo fianco l’accoppiata Carlotta Natoli ed Arturo Paglia; convincenti entrambi, specialmente l’affascinante figlia d’arte che e’ naturalissima nei panni della ragazza scapestrata ed ingestibile.
I pochi attori di contorno ricoprono benissimo le loro parti, ed il complesso attoriale e’ piu’ che buono nonostante alcune piccole mancanze (specie in Arturo Paglia).

Il ritmo del film e’ placido, pacato, ma non lento; e’ un film raccontato senza urlare, che si dipana sommessamente con maestria. Alcuni tocchi d’autore del regista sono eccezionali, ed avrebbero meritato maggior spazio; cosi’ come sembra che non si sia avuto modo di completare determinate tematiche e che manchino intere scene… forse un problema di fondi? Oppure una concreta scelta di sceneggiatura? Nei fatti, alcuni passaggi sono troppo immediati o tronchi, ed e’ un vero peccato. Probabilmente con appena altri 10-15 minuti di girato avremmo avuto un film memorabile, mentre nel suo stato Il Tuffo e’  un film che sa toccare le corde dell’animo ma che manca di una consistenza palpabile.

Ad ogni modo siamo di fronte ad una bella storia, dolce ed intelligente, che va letta fra le pieghe, e che sono contento di aver avuto modo di rivedere dopo tanti anni.

 

Il Tuffo, 1993
Voto: 7
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