La trasposizione cinematografica di un manga è sempre una cosa che mi mette terrore, ma finalmente sono riusciti a farmi sorridere.
Il manga Alita l’angelo della battaglia è un buon lavoro, anche ad anni di distanza dalla sua uscita mantiene un certo fascino. Dopo l’annuncio della trasposizione cinematografica di Alita, ho avuto un brivido freddo lungo la schiena, ricordando lo scempio fatto con Ghost In The Shell. Mi sono andato a rileggere il fumetto, così da avere una visione più fresca e non dovermi aggrappare a vaghi ricordi, e mi sono diretto in sala a vedere la trasposizione cinematografica.
Senza lasciarvi troppo sulle spine, la storia non è uguale al manga, ma la trasposizione cinematografica rimane molto fedele alle linee generali, alla caratterizzazione dei personaggi, alla descrizione dell’ambientazione ed allo svolgimento delle trame; cambia leggermente l’ordine di alcuni eventi e per questo sono portato a giustificare qualche aggiunta e qualche taglio al fine di rendere la nuova sequenza narrativa più fluida e veritiera. La ricostruzione della città sospesa di Salem e della sottostante città Discarica sono quasi da mozzare il fiato, perfettamente riproposte tanto che sembra di guardare un fumetto che ha preso vita. Le strade trafficate della Discarica sono piene di bancarelle, il viavai di mezzi e persone dà la sensazione di grande confusione e movimento, i palazzi fatiscenti appoggiati l’uno sull’altro con stili del tutto differenti esprimono la totale precarietà e decadenza della città. Di contro la città sospesa di Salem è sempre sullo sfondo, inaccessibile e inarrivabile, con questi enormi cavi che la collegano a terra e la separano dal mondo, ed è un’immagine che richiama fortemente i disegni del manga.
Gli attori scelti sono molto azzeccati, non possono essere uguali al disegno del manga, ma emerge forte la sensazione che sia stata fatta una scelta pensata non solo per avere attori importanti come Christoph Waltz, nella parte del Dottor Ido, o Mahershala Ali che recita nel ruolo di un perfetto Vector, ma anche perché è molto facile riconoscere a prima vista il personaggio nell’attore che lo sta impersonando. Non sono ancora riuscito a digerire bene la scelta di ingrandire digitalmente gli occhi di Alita; ho capito che doveva richiamare i grandi occhi disegnati nel fumetto, cosa tipica dello stile giapponese, ed ho anche capito anche che l’effetto rendeva molto più facile scambiare Alita per una bambola piuttosto che per una ragazza vera, cosa che anche nel manga trasuda, ma abituarsi a quegli occhi fuori scala è un po’ faticoso, ti rimane sempre una certa sensazione di sbagliato.
La conclusione del film apre la strada almeno ad un seguito, che potrebbe diventare facilmente una trilogia, perché si è coperto appena tre dei diciotto volumi che compongono l’edizione italiana del manga Alita; facendo un rapido calcolo, è più che plausibile che si possa pensare ad almeno sei film, ma credo sia più facile tagliare alcune parti meno rilevanti del racconto ed andare dritti per la trama principale componendo una trilogia. Non posso che applaudire le scelte fatte, la fedeltà alla storia e al personaggio mi hanno fatto davvero vedere Alita sul grande schermo; non come mi era capitato con Ghost In The Shell dove mi sono ritrovato a vedere un Robocop in gonnella.
Bravi, bravi, bravi, vi premio con un voto in più rispetto al manga perché è la prima volta che una trasposizione cinematografica non rovina una storia di buon livello, ma ne rimane molto fedele!