Questo mese non credo di avere molto da dire. Forse sono gia’ abbastanza scoglionato di mio per farmi scoglionare da politica e societa’.
E’ arrivato l’autunno, coi suoi colori caratteristici e la sua pioggia. In questi giorni uggiosi non si puo’ non riflettere sul fatto che col passare degli anni si cambia. E’ un processo inarrestabile, e forse e’ un bene che sia cosi’; ci rende piu’ veri, piu’ umani.
Una volta ero un blocco monolitico, impenetrabile agli agenti esterni; oggi credo di essere un po’ metereopatico, ma anche piu’ influenzato dalla luce del sole. Non e’ solo una questione di grigiore, ma proprio di buio; l’ora legale non la reggo piu’, la trovo una misura che deprime oltremodo l’animo. Uscire dall’ufficio col buio, sballare di un’ora i propri ritmi e quindi trovarsi con gli occhi sbarrati in piena notte… sono tutte cose che potremmo evitarci e vivere in modo piu’ naturale al ritmo della luce solare.
Il fatto che da qualche anno abbia iniziato a mettere i maglioni, io che mi allenavo in magliettina a 5 gradi in piena notte, testimonia un processo irreversibile di invecchiamento. E in quanto tale, ho lo sbrocco sempre piu’ facile.
A fine Settembre ho dedicato un articolo sulla mancanza di buon senso sulle strade romane, ma ci sarebbe anche da parlare della stupidita’ complessiva dei guidatori intesa come mancanza di cellule neurali funzionanti. Non ce la faccio piu’ a stare dietro a gente che va a 30 km/h perche’ non e’ capace a guidare, ad altri che mettono la freccia a sinistra per girare a destra, a chi blocca le strade per parcheggiare a cazzo di cane. Questo paese sarebbe un posto migliore se mi si lasciasse fare un po’ di giustizia sommaria (in questo come in tanti altri campi); si e’ persa di vista la razionalita’ e ci si concentra sui fenomeni di reazione piu’ che sulle cause.
Alcuni commenti che mi sono stati riferiti in relazione al solito articolo provocatorio del nostro Marchese Boreale sul caso Cucchi ne sono un esempio; ci si sofferma sulle parole di chi e’ stanco di subire torti piuttosto che sulla vera causa del malessere.
A dirla tutta, mi aspettavo una valanga di critiche sulla pagina Facebook della Tana, dove pubblicizziamo i nostri articoli; invece la’ la discussione che ne e’ seguita e’ stata non solo civile, ma addirittura costruttiva.
Che sia un segno del fatto che c’e’ sinergia nel modo si gestisce il confronto fra chi scrive sulla Tana e chi legge? Una mela non cade molto lontano dal proprio albero, e probabilmente i nostri lettori apprezzano il nostro modo di aprirci al dialogo, in qualsiasi modo la si pensi.