Un film che getta nuove luci e nuove ombre sulla catastrofe atomica che ha segnato le coscienze e le vite di tutta Europa.
Fedor Alexandrovich e’ un eccentrico artista ucraino, un 35enne impegnato nelle lotte sociali e libertarie che negli ultimi anni hanno scosso fortemente la sua nazione. Sicuramente ricordiamo gli scontri di piazza avvenuti nel 2014 culminati con la rivoluzione che ha innescato poi la guerra semi ufficiale con la Russia che ha visto prima l’annessione della Crimea e poi una guerra combattuta per procura da nazionalisti-filo russi, con scontri tuttora in corso. Ecco, Alexandrovich queste vicende le ha vissute; il suo film inizia proprio con le immagini riprese nella piazza centrale di Kiev, e teatro dei sanguinosi scontri fra manifestanti e forze di polizia.
Il film documentario ci introduce alla persona di Fedor Alexandrovich; una prima parte che manca di interesse, e ci si ritrova a chiedersi il perche’ di questa parentesi che tratteggia la personalita’ dell’artista: un visionario, un genio, un pazzo. Eppure, sebbene noiosa e poco lineare, questa parte serve a giustificare e a chiarire le azioni dell’artista che vedremo successivamente: un Fedorovich con gli occhi da matto che parte alla volta di Chernobyl alla ricerca dei motivi che hanno causato l’esplosione della centrale atomica quell’infausta notte del 1986.
In breve tempo passiamo dai territori lunari e devastati di Chernobyl e Pripjat alle interviste con chi ha vissuto quella tragedia, e subito Alexandrovich associa alla centrale una struttura militare tanto imponente quanto poco nota: il Duga, un sistema radar testato dai russi per monitorare il lancio dei missili nucleari americani. Intorno al Duga Alexandrovich costruisce la sua teoria, che puo’ apparire al tempo stesso affascinante, fantasiosa, terrificante, razionale; insomma rientra in quell’ambito che garantisce la possibilita’ dell’evento pur senza poterlo dimostrare.
Sebbene Alexandrovich sia un personaggio apertamente anti-russo e – passatemelo – un po’ matto, la sua teoria in qualche modo sta in piedi. Il film va decisamente visto, magari mantenendo i piedi per terra e prendendo con le dovute accortezze quanto viene affermato, ma le teorie dell’artista ucraino sono interessanti e possibili. Oltre a questo, poi, viene mostrato uno spaccato di vita completamente diverso e distante dal nostro, ed immergersi in queste realta’ ci aiuta a comprendere e ricordare quanto la nostra liberta’ non sia sempre scontata e garantita.