Manca ancora la fattibilità edilizia, eppure il progetto del ponte sullo Stretto continua ad essere nei programmi di governo degli ultimi 20 anni.
Il progetto del ponte di Messina c’è e non c’è: appare nei programmi elettorali, scompare subito dopo. Il problema? Lacune nella definizione del progetto edilizio in termini di sostenibilità finanziaria, ambientale e territoriale.
Di ponte sullo Stretto si parla già nel 2006 sotto il governo Berlusconi; la proposta viene bocciata dal successivo esecutivo Prodi ma rilanciata nel 2020 dall’ex Premier Conte, che fa rientrare il ponte all’interno dei progetti finanziabili con i fondi PNRR. In realtà, i 50 milioni stanziati nel 2021 dal governo Cinque Stelle per lo studio di fattibilità saranno poi utilizzati da Salvini, Ministro dei Trasporti nel 2022, per riattivare la società Stretto di Messina S.p.a. e portare avanti il disegno edilizio presentato per la prima volta nel 2011. Eppure, prima della sua ascesa al governo, il leader della Lega non ha mai sostenuto il progetto, definendolo dispendioso e non prioritario; l’idea di Salvini oggi è quella di ripartire dal progetto originario, riesumando anche la società Eurolink che all’epoca si aggiudicò la gara e che, ad oggi, è ancora in causa con lo Stato per circa 650 milioni di euro di mancati guadagni a causa dell’interruzione dei lavori nel 2013.
È bene dire che già nel 2021 lo stesso progetto che oggi si tenta di riportare in auge non passò il vaglio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti a causa della scoperta di una faglia attiva di circa 35km da cui conseguenti possibili terremoti. Secondo l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), l’impossibilità a costruire sarebbe addirittura dovuta agli effetti del sisma de L’Aquila; non è d’accordo la società Stretto di Messina, che garantisce il corretto posizionamento dei pilastri al fine di evitare la costruzione su faglie attive.
Questo non basta a tranquillizzare le istituzioni, in particolare il Ministero dell’Ambiente, il Comitato Scientifico Indipendente dello Stretto di Messina e il Ministero della Cultura che hanno richiesto nuove integrazioni documentali necessarie all’avvio dei lavori. Il “nuovo” progetto dovrà tenere conto anche di rischi sismici, maremoti, scenari di traffico e potenziali espropri necessari alla costruzione del ponte. A questo proposito, sono previsti tra la costa siciliana e quella calabra all’incirca 500 edifici e 1500 terreni da espropriare, per quasi 400 ettari di estensione. È necessario inoltre tenere conto che, dalla presentazione del primo progetto ad oggi, diverse sono state le modifiche sul territorio tra cui nuove infrastrutture, servizi, abitazioni e strutture di vario genere sorte recentemente.
Per questo motivo la documentazione finora presentata non è, a detta del Ministero della Cultura, ancora aggiornata e completa. Ciò non ha però impedito la sottoscrizione dell’accordo, a settembre scorso, tra la società Stretto di Messina ed Eurolink per la ripresa dei lavori, con la promessa di provvedere a futuri aggiornamenti delle carte; aggiornamenti necessari anche per l’approvazione da parte del CIPESS, il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile. Nel frattempo, però, si svalutano case e terreni coinvolti nel progetto; sia quelli che sorgono in zone limitrofe alla eventuale area costruttiva sia quelli potenzialmente soggetti ad espropriazione. Le banche non concedono mutui per l’acquisto di immobili in zona e le pubbliche amministrazioni locali non possono finanziare progetti PNRR nelle aree coinvolte nel progetto.
Dalla sua prima presentazione ad oggi il progetto ha cambiato tante volte faccia a causa, comprensibilmente, di cambi di governo, eventi climatici e sismici ed anche modifiche morfologiche e territoriali; ma quello che più stupisce è la variazione delle stime economiche. Se i costi iniziali stimati erano pari a circa 4 miliardi, ad oggi ne sono previsti circa 14 di cui quasi 12 finanziati dalla legge di bilancio 2024. E il resto? In prima battuta si è ipotizzato un investimento iniziale da parte della società costruttrice che sarebbe dovuta rientrare dei costi incassando negli anni i pedaggi. Ipotesi poco sostenibile, tanto che ad oggi l’opera rimane non solo non approvata ma non interamente finanziata. Bruxelles dal canto suo potrebbe cofinanziare una parte del progetto, previ studi di fattibilità completi di aggiornamenti e integrazioni già richieste e una stima definitiva dei costi di realizzazione, ad oggi entrambi mancanti. Eppure, il governo continua a sostenere la fattibilità e l’importanza dell’opera che, da una parte, rientrerebbe nel progetto di creazione del Corridoio Scandinavo-Mediterraneo e dall’altro creerebbe un numero imprecisato di nuovi posti di lavoro per il paese. Si tratta però, ricordiamolo, di posti a tempo determinato (8 anni circa) legati al progetto di costruzione del ponte, a fronte di tutti i lavoratori oggi impegnati nella gestione del traffico navale che, con la costruzione del ponte, verrebbe inevitabilmente a ridursi; tanto che, secondo le stime, la riduzione dei posti di lavoro nel settore marittimo non verrebbe compensata dai nuovi posti creati dal funzionamento a regime del ponte, legati perlopiù all’attività di manutenzione e di gestione pedaggi.
Quel che è certo, è che il progetto continua ad apparire e scomparire dalle campagne elettorali dei vari partiti nonchè nei programmi di governo, nonostante la mancata approvazione della fattibilità edilizia del progetto e dell integrazioni documentali richieste. È forse quindi lecito pensare ad un nuovo tentativo politico di ingraziarsi l’Europa o, peggio, di assegnare nuovi appalti alle società edilizie secondo mutevoli convenienze politiche?