La MadHouse è uno studio d’animazione fra i più vecchi del Giappone: fondata nel 1972 ha dato vita ad una serie sterminata di opere animate.
Articolo originariamente pubblicato il 21/08/2000.
Yoshiaki Kawajiri e la MadHouse
Forse non molti di voi ricorderanno Ninja Scroll (Jubee Ninpucho – “Appunti della tecnica ninja di Jubei”) e Wicked City (da noi “La città delle Bestie”), due fra i più bei lungometraggi anime mai arrivati in Italia. Molti però avranno spesso notato nei titoli di coda dei vari OAV il nome MadHouse. La MadHouse, fondata nel lontano 1972 da un gruppo di animatori, alcuni provenienti dalla Mushi Production (la società di Osamu Tezuka), ha dato vita ad una serie sterminata di opere animate, alcune in proprio, molte di più su commissione.
Questo è il motivo della frequente comparsa del marchio fra i titoli di coda di molti anime. Il vertice espressivo della propria attività però, la MadHouse lo tocca quando lavora in proprio, ispirata dal suo più noto disegnatore ed animatore, Yoshiaki Kawajiri. In questa breve rassegna vogliamo occuparci proprio delle due produzioni più famose di Kawajiri: Ninja Scroll e Wicked City.
Ninja Scroll
Il romanzo di ninja è un campo letterario piuttosto diffuso in Giappone e vanta molti esponenti di rilievo. Fra questi araldi di una produzione, che solo in casi eccezionali varca la soglia del mercato nazionale e spesso solo attraverso una “riedizione” animata, vi è Futaro Yamada (1923), autore, fra l’altro, di Yagyu Ninpucho, ispirato ad un personaggio storico, uno spadaccino di nome Jubee Yagyu. In effetti il titolo giapponese di Ninja Scroll è palesemente debitore dell’opera di Futaro Yamada.
Jubee Ninpucho narra di una sorta di mercenario dell’epoca Tokugawa, metà ninja e metà spadaccino, che, per sua disgrazia, si imbatte in una congiura per rovesciare il governo, orchestrata da un gruppo di mostruosi ninja noti come “Gli otto demoni di Kimon”. Per salvare Kagero (una ninja koga alle dipendenze di un piccolo feudatario) dalle brame del mostruoso Tessai, uno dei demoni di Kimon, Jubee finirà avvelenato a tempo da un furbo agente dello shogunato che lo invischierà in un grosso, grosso guaio.
Ninja Scroll è una di quelle perle che cadono inaspettatamente nelle mani di un appassionato: non conoscendolo lo si sottovaluta. Meglio: lo stupore sarà così maggiore una volta apprezzatone l’incredibile spessore tecnico, sostenuto dalla robustezza di una valida sceneggiatura. Ninja Scroll dunque, non è solo un ottimo anime, è anche un bel film dalla trama intrigante: un esponente della mai troppo numerosa schiera dei lavori animati “completi”, sia tecnicamente che cinematograficamente.
Ninja Scroll, 1993
Voto: 8
Note
Osamu Tezuka, anche noto come “Il dio dei manga”, è, di fatto, l’iniziatore sia del fumetto che della moderna animazione giapponese.
Ci riferiamo al periodo successivo all’instaurazione dello shogunato (1603), dominato dalla famiglia Tokugawa, il cui capostipite fu Tokugawa Yeyasu.
Il sistema feudale giapponese era fondato sul pagamento di imposte in riso (il “Koku” era l’unità di misura) da parte dei governanti locali al governo centrale. Se questo, per qualsiasi motivo, avesse voluto indeboilre un feudatario ostile, sarebbe stato sufficiente inasprire i tributi per veder scoppiare in quel feudo disordini ad opera dei contadini oppressi dagli esattori e dalla fame.
Wicked City
Il romanzo di fantascienza giapponese, altro genere che non conosce fortuna all’estero, ha toccato i temi più incredibili: è il caso di Kaitei Gunkan (La Corazzata Sottomarina), scritto da un tal Shunro Okasawa allo scoccare del XX secolo e ispirandosi al quale è stato recentemente prodotto un (mediocre) anime, intitolato, guarda un po’, Shin Kaitei Gunkan ossia “La nuova corazzata sottomarina” (in Italia ha il più anonimo titolo di Super Atragon).
Analoghe sono le origini di Wicked City, ma gli esiti, in chiave di animazione, sono di ben altro livello: questo lungometraggio unisce ad una notevole carica erotica, uno stile “hard boiled”, da romanzo poliziesco, ed una grafica “notturna” tutta giocata sul blu, che lo pongono, visivamente, su un piano di eccellenza, nonostante non sia proprio l’ultima novità (risale al 1987). Anche qui Kawajiri sfodera tutta la sua classe nel disegno dei key frame dei personaggi, come anche si vedrà in Jubee Ninpucho. Tuttavia, in questo caso siamo di fronte soltanto ad una buona tecnica: trama ed esiti, sui quali preferiamo sorvolare, tarpano le ali a quello che sarebbe potuto essere un eccellente lavoro.