30 Giorni Di Buio: la recensione

Può un film sprecare quanto fatto di buono in appena cinque minuti? 30 Giorni Di Buio ne è la prova evidente, mandando tutto a rotoli.

 

 

Non è facile trovare film horror di qualità; la maggior parte sono filmacci che ti fanno vedere zombi dal sangue verde o che provano a lanciare folli messaggi ecologisti. Poi ogni tanto qualcuno stupisce, come nel caso di Quella Casa Nel Bosco, e molti altri si perdono per strada.
30 Giorni Di Buio fa parte proprio di quest’ultima categoria, presentando una storia avvincente, ben raccontata e solidamente strutturata fino agli ultimi cinque minuti di proiezione.

Ci troviamo nella cittadina più a nord degli Stati Uniti, sulla costa nord dell’Alaska, che rimarrà per trenta giorni senza vedere il Sole a causa della rotazione terrestre. I pochi cittadini che rimangono per il mese senza Sole si preparano facendo provviste e sistemando le loro case; ma nell’ombra qualcosa si annida, e si prospettano trenta giorni di pura sopravvivenza.

 

 

30 Giorni Di Buio non nasce in modo perfetto, e non continua in modo perfetto; ci sono piccoli buchi di sceneggiatura, a partire dal fatto che il giorno prima del buio il Sole splende alto nel cielo (in realtà si vedrebbe per pochi minuti e bassissimo sull’orizzonte), e che il tempo è malamente scandito: solo le battute dei protagonisti ci fanno capire che il tempo sta passando, mentre lo spettatore ha l’impressione che la storia sia ambientata tutta in poche ore. In tal senso, curioso come la barba non cresca e le provviste, se presenti, sembrino infinite (per non parlare della gestione dei bisogni fisiologici).

Ad ogni modo questi sono gli unici punti deboli di tutto il film (finale escluso); il procedere degli eventi scorre in modo piuttosto sensato, con un buon ritmo e con sequenze logiche accettabili. La caratterizzazione del nemico oscuro è ottimamente realizzata, conferendo un carisma non indifferente. In tal senso i lineamenti degli attori, opportunamente accentuati, sono estremamente funzionali nel mettere a disagio lo spettatore.

 

 

La fotografia è piuttosto semplice, con effetti speciali non elaborati ma con sequenze d’azione ben girate ed assolutamente definite; le scene in esterno, specialmente i campi lunghi, ricordano molto La Cosa, il capolavoro di John Carpenter girato vent’anni prima. Alla regia c’è David Slate, regista anche di Hard Candy, The Twilight Saga: Eclipse e Black Mirror: Bandersnatch.

Il cast è discreto. Il ruolo del protagonista è affidato a Josh Harnett (The Faculty, Il Giardino Delle Vergini Suicide, Pearl Harbor, Black Hawk Down, Sin City, Slevin – Patto Criminale), solido attore che non raggiunge mai livelli di recitazione da far gridare al premio Oscar ma che fa il suo in modo consistente. Accanto a lui Melissa George, attrice di secondo piano vista in Amityville Horror, Derailed, Turistas e A Lonely Place To Die. Ottima la prova di Danny Huston (Anna Karenina, 21 Grammi, The Constant Gardener, I Figli Degli Uomini, X-Men Le Origini – Wolverine), grottesco e terrificante nelle sue movenze e capace da solo di alzare in modo sensibile il tasso di tensione dell’intero film.

 

 

Con queste premesse, 30 Giorni Di Buio dovrebbe essere catologato come un film godibile, visto che scorre via liscio e propone tematiche atipiche e per certi versi all’epoca innovative nel panorama degli horror; ma il finale è una vero autogol che non solo svilisce il complesso della pellicola (che dura quasi due ore); cinque minuti assolutamente non comprensibili, privi di senso e che sembrano essere stati scritti da qualcuno capitato per caso sul set. Un vero peccato: 30 Giorni Di Buio avrebbe potuto tranquillamente puntare ad elevarsi sulla media dei film di settore, mentre con la discutibilissima scena conclusiva si relega ad un immeritato anonimato.

 

30 Giorni Di Buio, 2007
Voto: 6.5
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