In uno scenario dalle ricadute potenzialmente catastrofiche, è difficile capire perché le due superpotenze mondiali continuino a tirare la corda.
La questione ucraina è pesantemente arrivata sui nostri tavoli da qualche settimana a questa parte, e sulla Tana si è già parlato delle colpe dell’occidente e delle motivazioni storiche che hanno portato a questa situazione. Rimane però da capire perché Biden e Putin stiano giocando una partita con queste pericolose regole e con questo livello di scontro.
Ci sono diversi aspetti da considerare: da un lato quelli morali, dall’altro quelli storici, ed infine quelli puramente strategici.
I primi, quelli morali, sono quelli che ci spingono a voler riaffermare la libertà del popolo ucraino a scegliere con quale partner andare a braccetto e di quale alleanza militare far parte. Ma in politica, che sia internazionale o meno, purtroppo gli ideali vengono solo dopo le necessità della ragion di stato, come Machiavelli ricorderebbe a molti in questi giorni.
La realtà è che sia gli USA che la Russia, su questi motivi morali, ci stanno speculando tantissimo.
Per quanto riguarda quelli storici, invece, Putin continua a sostenere che l’Ucraina è territorio naturale russo, ma la popolazione residente è russa solo per una minoranza. Allo stesso tempo, circa un terzo dei russi hanno un parente ucraino. Insomma non è vero che l’Ucraina sia una “provincia” russa, ma i legami sono forti. I veri motivi però sono quelli legati al tentativo di lunga data architettato dai Democratici USA di legare un cappio al collo dell’orso russo accerchiandolo militarmente su tutto il lato europeo; qualcosa che sarebbe inaccettabile per chiunque si senta sotto minaccia.
Passando infine agli aspetti strategici, negli scorsi giorni Putin ha ottenuto un’importante vittoria: quella del forte passo indietro NATO, che d’improvviso ha iniziato a sostenere che l’ingresso dell’Ucraina nel suo gruppo non fosse in programma (una bugia bella e buona). Cogliendo l’occasione, Putin avrebbe potuto iniziare una reale smobilitazione dall’area ottenendo una vittoria diplomatica senza conseguenze.
Ma il leader russo ha scelto la strada della vittoria strategica: dopo aver visto che l’amministrazione Biden, debole ed inadeguata, non è intenzionata nei fatti a combattere una vera guerra e che l’Unione Europea, divisa al suo interno da interessi divergenti, non ha alcun peso, Putin ha deciso di forzare la mano e cogliere un’occasione forse non ripetibile. È ancora da capire se ci sarà un vero intervento militare, ma il riconoscimento delle zone separatiste come Stati indipendenti segna l’inizio della fase operativa della strategia russa.
Cosa guadagna la Russia da questa manovra? Non è chiarissimo. Sicuramente, si rafforza il suo potere politico e la sua potenza internazionale: il messaggio è “vogliamo farlo, lo facciamo”, esattamente come l’intervento in Siria di qualche anno fa che salvò Assad.
Dal punto di vista delle sanzioni minacciate dall’occidente, la situazione è complessa. Se è vero che gli USA non hanno molti scambi commerciali con la Russia, e sicuramente possono fare a meno di quel poco effettuato finora, l’Europa ha forti dipendenze dalla Russia, a partire dai prodotti petroliferi.
Italia e Germania sono fortemente legate all’erogazione del gas russo, e lo sono ancora di più i paesi dell’est Europa; applicare sanzioni alla Russia significherebbe semplicemente spostare il costo sul prezzo del gas. Insomma alla fine il sanzionante si troverebbe a dover pagare il costo della sanzione. La sospensione della realizzazione del gasdotto Nord Stream 2 annunciata ieri dal governo tedesco è, appunto, una sospensione; l’Europa ha la necessità di approvvigionarsi del gas russo, visto che a breve-medio termine non ci sono alternative fattibili.
D’altronde, è anche vero che la rigida politica statunitense ignora volontariamente da sempre le necessità degli alleati del vecchio continente; anzi, un danneggiamento delle economie legate all’Unione Europea non farebbe che avvantaggiare quella USA.
Insomma a perderci potremmo essere solo noi europei; è anche vero che il contraccolpo sull’economia russa potrebbe non essere indifferente. Non è un caso se Russia e Cina hanno ribadito non molti giorni fa la loro vicinanza; quello che la Russia potrebbe perdere in termini di scambi economici col mondo occidentale potrebbe recuperarlo a prezzi inferiori col vicino orientale, spostando permanentemente i suoi interessi in quell’area. Uno scenario che isolerebbe una volta di più l’Europa, messasi colpevolmente nel ruolo di bicchiere di vetro fra boccali di ferro.