L’aviazione statunitense bombarda le importanti raffinerie di petrolio di Ploiesti, fonte vitale di oro nero per le armate dell’Asse.
Chi studia o si appassiona agli eventi della Seconda guerra mondiale conosce il ruolo fondamentale del fattore petrolio-carburante. Fattore che non solo impensierisce la Germania nel pre-guerra, portandola a cimentarsi nella produzione di carburante sintetico, ma che la condiziona per tutta la durata del conflitto e fa da sottofondo a tante decisioni di carattere strategico-militare come il tentativo di occupare il Caucaso sovietico con i suoi infiniti pozzi petroliferi per continuare ad alimentare l’apparato bellico.
Allo scoppio del conflitto la Romania figura come il più grande produttore di petrolio in tutta l’Europa e quindi, almeno in parte, ciò che avvicina la Germania di Hitler alla Romania sono gli accordi commerciali riguardanti le forniture di petrolio, prima che una fratellanza di ideali e di armi. Per tutta la durata del conflitto, le famose raffinerie della città di Ploiesti forniscono al Reich circa il 30% di tutto il carburante disponibile ed è solo questione di tempo prima che gli Alleati decidano di interrompere questo flusso di oro nero tra Bucarest e Berlino.
Il primo tentativo viene fatto nel giugno del 1942, proprio quando le forze dell’Asse sono impegnate nel settore meridionale del fronte sovietico in direzione Caucaso. Dodici B-24 Liberators americani, partiti dalle basi in Africa attaccano per la prima volta le raffinerie, causando alcuni danni che vengono rapidamente riparati. È un campanello d’allarme per i comandamenti tedesco-rumeni che sviluppano rapidamente efficienti difese in vista di nuove incursioni. Il Generale Gerstenberg affida alla 5° Divisione Flak tedesca e alla 4° Brigata Antiaerea rumena la difesa della zona, con centinaia di batterie antiaeree e di aerei pronti ad intercettare qualsiasi attacco dal cielo. Una volta terminate le difese, la zona di Ploiesti diventa il punto più difeso dall’Asse fuori dai confini della Germania, dato che fa intuire l’immensa importanza di questa risorsa nel grande scacchiere della guerra.
Gli statunitensi decidono di riprovarci nuovamente nell’estate del 1943, basandosi sui rapporti della precedente missione ma senza rendersi conto del sistema difensivo creato nel frattempo. Il piano di attacco, elaborato dal Colonnello Smart, prevede l’utilizzo del 98° e 376° Gruppo Bombardieri della 9° Air Force più 3 gruppi dell’8° Air force per un totale di 178 bombardieri B-24. I gruppi ricevono l’ordine di volare di giorno e soprattutto di non alzarsi in quota per mantenere un silenzio radio indispensabile per creare l’effetto sorpresa e così causare più danni possibili. L’obiettivo è quello di attaccare le numerose raffinerie simultaneamente, con bersagli diversi assegnati a ciascun gruppo.
Gli aerei decollano il 1 Agosto 1943 dalle basi Alleate di Bengasi in Libia per avvicinarsi all’obiettivo sorvolando i Balcani. Dai rapporti si intravedono già i primi problemi: il volo in bassa quota e il silenzio radio assoluto non permettono una corretta sincronizzazione, causando ritardi ed errori di valutazione del tragitto e degli obiettivi da colpire. Il 93° Gruppo sbaglia direzione e invece di proseguire verso le raffinerie, si avvicina alle difese aeree della capitale rumena che risponde all’incursione abbattendo diversi aeroplani prima che possano ritirarsi e ricorreggere la rotta.
L’arrivo degli squadroni americani sulle raffinerie di Ploiesti è all’insegna del caos. I difensori, già in stato di allarme, aprono subito il fuoco e gli aerei dell’Asse si alzano in volo nel tentativo di intercettare i B-24. Il fumo, la contraerea e la sincronizzazione ormai saltata rendono il bombardamento degli obiettivi un vero caos. Alcuni gruppi, non riuscendo a colpire i bersagli loro assegnati, si riorganizzano per sganciare le bombe su altri settori delle raffinerie. Il cielo è nero, le fiamme e la distruzione trasformano la zona in un vero e proprio inferno che dura per 27 lunghi minuti, che è il tempo totale del raid prima del ritorno nelle basi alleate. Dei 178 B-24 partiti, a Bengasi ne rientrano solamente 88. La maggior parte sono andati persi nell’incursione, ma alcuni cadono in mare nel viaggio di ritorno, o atterrano a Cipro e in Turchia non avendo la possibilità di arrivare in Libia in maniera integra.
53 B-24 distrutti e 56 danneggiati con più di 300 uomini uccisi. Numeri che per l’aviazione americana pesano come macigni. Per quanto riguarda invece le raffinerie, si calcola una perdita di circa 40% della capacità produttiva. Nonostante gli ingenti danni, questa capacità viene ripristinata rapidamente grazie anche alle parti del complesso rimaste intatte nell’incursione. Qualche settimana dopo la produzione ritorna sui livelli precedenti. Segue fino all’Agosto del 1944, data dell’uscita della Romania dall’Asse, una lunga serie di incursioni alleate sulla zona delle raffinerie, seppure non più con missioni a bassa quota, ma bombardando dall’alto. L’Operazione Tidal Wave può essere considerata un fallimento strategico, e una delle più grandi batoste della Seconda guerra mondiale per le forze aeree alleate.