Odessa 1941

L’importante città portuale sul Mar Nero cade nelle mani delle truppe rumene e tedesche dopo un lungo e faticoso assedio.

 

 

I primi due mesi di guerra contro l’Unione Sovietica permettono alla Romania di riprendersi integralmente i territori persi e occupati dai sovietici come conseguenza del famigerato patto Molotov-Ribbentrop. Parte della società civile rumena e qualche quadro militare vorrebbero fermarsi sul fiume Dnestr, vecchio confine tra i due stati, adesso ampiamente ripristinato. La decisione tuttavia, in tempi di guerra, spetta a pochi e Ion Antonescu è deciso a seguire e supportare con tutti i mezzi l’alleato tedesco nella sua campagna mortale contro i comunisti sovietici. A ridosso del fiume Dnestr, affacciata sul Mar Nero c’è Odessa che, con il suo grande porto, partecipa allo sforzo bellico sovietico rifornendo il settore meridionale del fronte di uomini e mezzi.

È uno dei principali obiettivi da liquidare in vista di uno slancio capace di penetrare l’Ucraina e spingersi verso i bacini industriali del Donbass e quelli petroliferi del Caucaso. Già sul finire di Luglio, elementi rumeni attraversano il grande fiume in diversi punti entrando in contatto con le avanguardie sovietiche per saggiarne la resistenza. È in questo periodo che la Quarta Armata rumena (comprendente circa 8 divisioni) muove in direzione Odessa a seguito dell’ordine impartito da Antonescu: la città deve cadere il prima possibile, con ogni mezzo. Elementi dell’11° Armata tedesca si aggregano e collaborano attivamente con i rumeni per la presa della città. È il banco di prova per tutta la potenza bellica rumena, e non devono fallire davanti agli alleati. A fronteggiarli c’è la 9° Armata, insieme alle truppe costiere di difesa e alla flotta sovietica ancorata nel porto che mette a disposizione i propri cannoni per respingere gli attaccanti.

 

 

Nonostante un’imponente concentrazione di uomini e mezzi, supportati dalla Luftwaffe e dalle forze aeree rumene, l’avanzata verso il centro cittadino e il porto si dimostra lenta e piena di ostacoli. Il primo passo è isolare la città sui tre lati terrestri, il che implica la conquista di diversi piccoli centri strenuamente difesi da unità sovietiche. Gli elementi rumeni spesso si trovano in difficoltà e si perdono d’animo di fronte alla resistenza nemica. Per accerchiare e spingere verso l’interno del centro urbano, le truppe dell’Asse devono attaccare ed eliminare le tre imponenti cinture difensive che i sovietici sono riusciti a costruire e rinforzare nelle settimane precedenti proprio in vista di un imminente attacco.

La battaglia va avanti per due mesi e mezzo, ma il primo mese, quello di Agosto, si rivela il più ostico per le operazioni rumene e tedesche. La prima linea di difesa, posta a circa 25 km dal centro cittadino, cade relativamente in breve tempo e già il 10 agosto la 1° Divisione corazzata rumena riesce a superarla e a tentare sortite contro la seconda linea. Dal 13 al 16 Agosto l’avanzata viene fermata in attesa di recuperare forze e far arrivare i rifornimenti al fronte per poi riprendere subito la lenta avanzata. Per giorni si assiste ad attacchi frontali delle truppe rumene, seguite da tentativi sovietici di sfruttare la situazione per lanciare controffensive, in un continuo annullare a vicenda i progressi del nemico.

 

 

Il 24 Agosto, le truppe rumene raggiungono la prima linea difensiva, entrando di fatto nei sobborghi della città sempre più minacciata anche dalla presa di Kubanka che permette all’artiglieria rumena di puntare le bocche di fuoco direttamente sul porto e sulle navi lì ancorate. Si rinnovano gli attacchi ma non si guadagna molto terreno, portando la Quarta Armata in una situazione precaria sia per l’alto numero di morti e feriti, che per la scarsità di munizioni e il lento rifornimento. Lo stallo rimane fino al 20 Settembre, quando, a seguito di alcuni improvvisi successi rumeni, i sovietici lanciano un massiccio contrattacco sul fianco più debole dell’armata rumena che si scopre troppo debole per arginare il danno. Sono gli interventi repentini delle riserve rumene e tedesche insieme allo stretto supporto aereo a terra che ripristinano e anzi salvano la situazione.

È l’ultimo tentativo sovietico di resistere all’occupazione della città. Il peggiorare della situazione su altri fronti caldi spinge i vertici sovietici ad evacuare truppe e civili attraverso il porto prima che possano cadere in mano nemica. Entro la metà del mese di Ottobre il processo può dirsi completato e forze rumene e tedesche prendono possesso di tutti i quartieri ancora non occupati.

 

 

Nonostante l’operazione si concluda con una vittoria e la presa di una grande città sovietica, la campagna mostra per la prima volta e con grande chiarezza, i limiti offensivi e la debolezza intrinseca delle forze alleate rumene. Non sono i numeri a mancare, ma il morale e lo scarso equipaggiamento che non permette una combattività elevata della truppa, oltre a un corpo di ufficiali non adatto e preparato ad una guerra di movimento che ancora nel 1941 risulta un nuovo modo di vedere il conflitto.

Le forze rumene continueranno la loro avanzata al fianco dei tedeschi, condividendone la sorte tragica nelle battaglie del Caucaso e di Stalingrado nell’estate e autunno del 1942. A Odessa, città che amministrano durante l’occupazione, si consuma nel 1941 una delle tante tragedie del fronte orientale: a seguito di un attentato contro le truppe d’occupazione appena entrate vittoriose in città, circa 25 mila ebrei vengono rastrellati e uccisi nei due giorni successivi. L’evento è oggi noto come il “Massacro di Odessa”.

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