Per fare un buon film di fantascienza non servono sempre gli effetti speciali, ma di sicuro una profondità nella sceneggiatura che in questo caso manca.
Una qualsiasi città occidentale, oggi. Nel traffico congestionato nell’ora di punta una macchina si blocca ad un incrocio; al suo interno il conducente ha improvvisamente perso la vista. Soccorso dai passanti e portato il giorno seguente da un oculista, inizia a diffondere il suo ignoto male contagiando tutte le persone con cui entra a contatto.
Il rapido diffondersi dell’epidema porta le istituzioni a creare un luogo di isolamento e quarantena per i malati, che presto pero’ perderanno ogni contatto con l’esterno; quando dovranno rischiare la vita per tentare la fuga, scopriranno che il mondo intorno a loro e’ completamente cambiato.
Tratto dall’omonimo romanzo di Jose Saramago, pubblicato nel 1995, Blindness – Cecita’ e’ una coproduzione minore Brasiliana/Canadese. Realizzato con pochi mezzi, punta tutto sulla recitazione e sulla trama; di effetti speciali praticamente non se ne vedono mai, e la cosa non stona affatto.
La narrazione si svolge principalmente intorno alla figura della moglie dell’oculista, interpretata da Julianne Moore, che per seguire il marito in isolamento fingera’ di essere cieca anch’essa. Sara’ lei la protagonista assoluta del film, sara’ lei a guidare le vite degli appestati e ad aiutarli nei momenti di maggiore difficolta’.
Per essere un film di fantascienza, la realizzazione e’ piuttosto atipica. L’attenzione non e’ focalizzata molto sull’aspetto castastrofico della vicenda, o sul suo sviluppo scientifico/medico; ci si concentra piuttosto sul crollo delle regole sociali all’interno di una comunita’ ristretta dove improvvisamente qualcosa degenera ed impone la legge del piu’ forte. Insomma l’aspetto umano e’ il fulcro della vicenda; l’intuizione e’ buona, la realizzazione meno.
Intanto c’e’ da dire che alcuni passaggi della vicenda sono poco realistici. Il fatto che i contagiati vengano da subito messi all’interno di un ex-manicomio senza contatti con l’esterno, senza una minima forma di assistenza medica o di alcun tipo e’ oggigiorno impensabile. A parte le guardie che sparano a vista a chi si avvicina al perimetro, l’unico modo di parlare con le autorita’ e’ un telefono che non funziona; non vengono fornite televisioni (plausibile) ma nemmeno radio (meno plausibile).
La convivenza tra le varie camerate degenera quando un internato si proclama Re, e requisice per la sua camerata tutte le derrate alimentari; il tutto perche’ in possesso di un revolver. Ora, ccme possa un cieco essere davvero pericoloso essendo armato di pochi proiettili e’ un mistero. Un’arma da fuoco in mano a un non vedente e’ cosi’ pericolosa da impedire ad una massa di gente di reagire? Addirittura si piegheranno alla richiesta di abusare delle loro donne senza reagire; totalmente assurdo.
Come assurdo e’ il comportamento della moglie dell’oculista che decide di seguire il marito nel “campo di concentramento” pur non essendo malata ed essendo ancora nei primi giorni dell’epidemia e non reagisce quando lui e una contagiata avranno un rapporto sessuale.
Al crollo della societa’, e’ impensabile che non avvengano incendi, esplosioni e quant’altro sia causato da una mancanza di manutenzione o sorveglianza; invece la citta’ e’ semplicemente, placidamente abbandonata a se stessa. I numerosi ciechi che girovagano senza nemmeno finire costantemente a terra a causa di un marciapiede, un carrello abbandonato, uno sportello di auto, riescono a individuare negozi di alimentari o gente che porta derrate alimentari. Ma dai…
Il ritmo del film e’ molto lento, sebbene non annoi mai; anzi in alcuni momenti si vive anche della tensione. La fotografia e’ buona, con toni sempre tendenti al bianco ed al nero grazie all’uso di filtri adatti a trasmettere la cupezza della situazione. Come detto non ci sono effetti speciali, ma in questo caso non se ne sente la mancanza.
Gli attori recitano in modo discreto (ci sono anche un Danny Glover ormai in disarmo ed una Alice Braga naturalissima nel ruolo della mignotta) anche se talvolta la sospensione dell’incredulita’ e’ interrotta – colpa forse anche dei doppiatori italiani, non sempre all’altezza.
Fondamentalmente il film risulta fiacco, senza mordente. La storia ci sarebbe, e tutto sommato anche la non-tensione che si vive nelle due ore di proiezione puo’ far parte di un suo stile; pero’ queste cose unite ad una serie di situazioni a dir poco improbabili rende il tutto poco credibile.
Peccato; l’idea della cecita’ e del collasso della societa’ era decisamente un buono spunto che avrebbe meritato maggior fortuna.