Il tonfo del Bitcoin e delle altre criptovalute sta definitivamente affossando El Salvador, che aveva puntato sulla speculazione… e forse sul riciclaggio.
Come ampiamente previsto, da un paio d’anni le criptovalute stanno vedendo un momento nero: sotto attacco per la loro natura vicina a speculatori e criminalità, sono accusate anche di sprecare enormi quantità di energia elettrica per essere prodotte tramite il cosiddetto “mining”, ossia la complessa e lunga attività di calcolo effettuata dai computer per crearle.
Qualche mese fa abbiamo parlato di El Salvador, il primo paese al mondo ad ufficializzare come moneta corrente il Bitcoin. Una scelta, quella del presidente Nayib Bukele, contestata in patria e criticata all’estero per via delle possibili ripercussioni sull’economia nazionale e sul tesoro di Stato. E come volevasi dimostrare, nove mesi dopo il nostro articolo, El Salvador è sull’orlo della bancarotta.
Rispetto ad autunno 2021, il Bitcoin ha perso complessivamente il 50% del suo valore ed El Salvador, nel voler affidare le sue riserve monetarie ad una valuta eterea, volatile e non riconosciuta ufficialmente da quasi nessun altro Paese al mondo, ha perso l’equivalente di 30 milioni di dollari sui 100 investiti; una scelta che non poteva non apparire folle, o miope, o nella migliore delle ipotesi estremamente ideologica fin da principio e che ha mostrato chiaramente i suoi frutti.
Ci sono forti dubbi sul motivo reale di questa scelta effettuata da Bukele, che facilita il riciclaggio del denaro da parte delle organizzazioni criminali di tutto il mondo e che apre ad un possibile finanziamento sottotraccia dei movimenti islamici che, nonostante il silenzio mediatico generato dal Covid prima e dalla guerra in Ucraina poi, continuano a lavorare per espandere la loro influenza nel mondo occidentale.
Ma in ogni caso, nessun buon padre di famiglia metterebbe tutti i suoi risparmi in un salvadanaio fittizio e completamente ingestibile; ed infatti solo una minima parte della popolazione è passata all’uso del Bitcoin.
Oggi i bond salvadoregni valgono il 40% del valore originale, e ci sono fortissimi dubbi sulla capacità del paese centramericano di onorare i debiti in scadenza a gennaio 2023. Il fallimento (questo il significato italiano di default in gergo economico) comporterebbe l’immediato crollo di sanità, servizi di sicurezza, esercito e tutta l’amministrazione pubblica. Con i dipendenti non pagati ed i fornitori non saldati, in brevissimo El Salvador si troverebbe nella peggior crisi della sua già travagliata storia, senza alcuna possibilità di uscirne in breve tempo e senza sostanziosi aiuti esteri.
Mentre Naiyb Bukele emette comunicati sulla prossima costruizione di una “Bitcoin City” alle pendici di un vulcano nella zona sud-est di El Salvador, completamente finanziata da bond legati ai Bitcoin e nella quale l’unica tassazione sarebbe l’IVA, con “zero tasse su ricavi, proprietà e zero tasse comunali”, la realtà ed il futuro di El Salvador sono estremamente cupi. Ed il suo presidente, se da un lato continua a comprare Bitcoin nella speranza che il loro valore risalga, dall’altro non manca di utilizzare quel gergo e quelle forme di comunicazione proprie di questi anni votati alle app ed ai social: ricchi di marketing, immagini colorate e slogan di richiamo, ma privi di contenuti.