Flatout 2: la recensione

Rispetto al primo capitolo, Flatout 2 raffina l’interfaccia ma ci perde parecchio quando scende in pista; un vero peccato, viste le premesse.

 

 

Incuriositi dal primo Flatout, capace di aver riportato in auge uno stile di guida fracassone e spensierato come non si vedeva dai tempi di Destruction Derby sulla primissima PlayStation, abbiamo voluto provare il seguito.
Flatout 2 tenta di espandere i concetti introdotti dal primo capitolo, ma paga lo scotto di un cambio di motore grafico tutt’altro che all’altezza.

Il gioco migliora tutto quello che è il corollario di questa serie: inserisce tre categorie di auto da poter usare, di progressiva potenza e che correranno su piste diverse; amplia le componenti che possono essere migliorate (scarico, motore, sospensioni eccetera); crea finalmente un vero e proprio campionato, anche se composto da poche gare, del quale si percepisce la competizione e la rivalità fra i partecipanti.

 

 

La grafica è sicuramente migliorata dal punto di vista della resa statica, ma non necessariamente dal punto di vista della fisica. Talvolta sembra di stare in un mondo di plastica e cartone, tanto è posticcia l’impressione che si può avere mentre si è al volante.

Il problema di Flatout 2 è proprio nel modo in cui gli oggetti reagiscono ad urti e sollecitazioni, cosa che si esaspera quando si valuta il modello di guida. La nostra vettura non reagisce più in base ai diversi punti di appoggio come nel primo capitolo, ma ha un unico perno centrale intorno al quale ruota sul terreno; il risultato è una sensazione di “sbagliato” acuita dal poco raggio di sterzo delle auto. Se l’idea è quella di voler far rappresentare la perdita di aderenza del veicolo in curva per la troppa velocità, la realizzazione è pessima e tutto sembra tranne che una sbandata – anche perché per fare un testacoda ce ne vuole, e capita soprattutto dopo gli urti.

 

 

L’uso della nitro, ovvero la velocità extra ottenibile negli scontri e distruggendo parte dello scenario, non dà assolutamente quella sensazione di ilare spinta che avevamo chiaramente nel primo capitolo; oltre ad una visuale allungata tipo “velocità warp”, non si apprezzano reali cambiamenti in pista tanto che, pur avendo lungamente provato il gioco, ancora non ho chiaro quando e come sia meglio usarla.

Anche la resa della devastazione arrecata negli scontri con altre auto e con lo scenario è inferiore al primo capitolo. In Flatout 2 resta il gusto di infrangere vetrine ed abbattere piloni, e l’introduzione delle esplosioni provocate da impatti con particolari parti dello scenario sono inizialmente spiazzanti e coinvolgenti; ben presto ci renderemo però conto di come la partita col primo Flatout sia persa anche su questo fronte.
E come se non bastasse, la colonna sonora è sicuramente inferiore rispetto al genitore e tutt’altro che coinvolgente.

 

 

Da menzionare l’introduzione dell’arena, in puro spirito Destruction Derby, ed il consolidamento delle evoluzioni (il più delle volte mirate a far volare il nostro pilota fuori dall’abitacolo); putroppo scontano il prezzo dello stesso modello di guida tutt’altro che piacevole.

Flatout 2 è un titolo deludente, che può attirare nelle prime ore di gioco ma che ben presto mostra le sue lacune. Meglio tornare al primo capitolo, in attesa di avere modo di parlarvi di Wreckfest, il vero seguito spirituale di Flatout.

 

Flatout 2, 2006
Voto: 5
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