Referendum abrogativi di Domenica 12 Giugno: vi spieghiamo cosa sono, cosa significhi votare SI o NO e quali saranno gli esiti sul sistema della giustizia.
Il dibattito politico italiano sul delicato tema della giustizia è infuocato da decenni, e spesso è stato il teatro di aspri scontri di palazzo duranti i quali le correnti politiche hanno usato l’argomento giustizia sia come un strumento di difesa verso la propria posizione sia come strumento di offesa verso le correnti politiche opposte.
Il referendum del 12 Giugno, proposto principalmente dalla Lega e dai Radicali ma appoggiato anche da esponenti di altri partiti come Matteo Renzi, non ha tuttavia suscitato il dibattito che si pensava potesse e dovesse sollevare; la discussione ha patito certamente il peso delle vicende geopolitiche ed energetiche che incatenano i pensieri di governati e di governanti, ma probabilmente il silenzio che ne contraddistingue l’avvicinamento alle urne può essere inteso anche come un tatticismo dello schieramento dei “No”.
I 5 quesiti verranno presentati su altrettante schede di colori differenti, e bisognerà prestare attenzione in sede di votazione a causa della lunghezza di alcuni dei quesiti, probabilmente ostici nella lettura anche a causa della dovuta specificità della terminologia giuridica utilizzata. Questa inopinabilmente non è la più usata dagli Italiani, rari fruitori dei termini giurisprudenziali e solo in “tragiche” occasioni come multe, moduli Equitalia e rogiti.
La scheda rossa presenta la proposta di abrogazione della Legge Severino (L.n. 55/90), che prevede l’incandidabilità, l’ineleggibilità e la decadenza automatica per i parlamentari, i membri del Governo, i consiglieri regionali e gli amministratori locali condannati per reati gravi; dunque in caso di vittoria del “Si” sarebbe il giudice a decretare caso per caso l’interdizione dai pubblici uffici.
La seconda scheda, quella arancione, propone di togliere la reiterazione del reato dai motivi di applicazione della custodia cautelare prima dell’inizio del processo, sia in carcere che ai domiciliari; attualmente infatti la possibilità che un imputato possa commettere nuovamente il reato imputatogli è motivo di carcerazione preventiva, oltre alla possibilità di fuga e di inquinamento delle prove.
La proposta ovviamente, di chiara impronta radicale, ha come scopo principale quello di alleggerire le carceri italiane, già agonizzanti prima del Covid a causa degli inumani tassi di sovraffollamento, e trasformati in bombe ad orologeria cariche di disagio socio-sanitario durante la pandemia.
La scheda di colore gialla è occupata da un quesito fra i più lunghi mai offerti agli elettori in sede di referendum, e tramite il quale sostanzialmente si propone di eliminare il meccanismo delle cosiddette “porte girevoli”: ovvero la possibilità per un magistrato di passare dalla carriera di giudice a quella di pubblico ministero e viceversa. La recente Riforma Cartabia ha tuttavia già limitato in parte questa possibilità, diminuendo da 4 a 2 la quantità di passaggi di carriera possibili.
Altra possibilità inclusa sia nella Riforma Cartabia che in uno dei cinque quesiti del Referendum, quello con la scheda grigia, è quella della equa valutazione dei magistrati, ovvero la possibile estensione agli avvocati facenti parte dei consigli giudiziari della facoltà di esprimere un giudizio sulla professionalità e l’operato dei giudici, eventualità che secondo i promotori del referendum garantirebbe un maggior equilibrio in sede di giudizio data la presenza di pareri e valutazioni esterni alla magistratura.
L’ultimo quesito occupa la scheda verde, ed è un nuovo tassello del mosaico che ritrae la lotta fra politica e magistratura, con la prima intenzionata a impedire la creazione di correnti interne in grado di opporsi al processo politico, e con la seconda paurosamente tendente alla dimensione politica, scossa da agitazioni interne e passivamente intrappolata in una rete di alleanze e inimicizie. Il quinto quesito propone infatti l’abolizione dell’obbligo di presentazione di un minimo 25 e un massimo 50 firme a proprio sostegno per i candidati al Consiglio Superiore della Magistratura.
Indubbiamente il comparto giuridico italiano ha bisogno di un politica restauratrice in grado di colmare la sistematica necessità di velocizzazione al fine di garantire una sana e corretta giustizia, senza tuttavia cedere nulla in termini di funzionalità ed equità; il compito è arduo, e proprio per questo forse determinate scelte avrebbero bisogno di un architettura parlamentare e non plebiscitaria.