La fine del Terzo Polo e il futuro del centrismo italiano

Il progetto politico del Terzo Polo sembra già essersi esaurito in seguito alla separazione fra Renzi e Calenda; c’è speranza per il centro italiano?

 

 

Quello fra Renzi e Calenda è stato con buone probabilità un matrimonio politico di convenienza; entrambi infatti avevano sia la necessità di far valere il proprio peso politico all’interno dell’ultima tornata elettorale con lo scopo sia di assicurarsi un posto in Parlamento, sia come strategia volta alla ricerca di alleanze che li portasse al governo in qualità di aghi della bilancia della politica italiana.

Il disegno politico “Terzo Polo” di Azione e Italia Viva è però affondato sotto i colpi del disaccordo fra i due leader di partito, troppo lontani l’uno dall’altro sulla proposta di calendiana fattura di fondare un partito unico; entrambi hanno comunque fatto sapere che i gruppi parlamentari resteranno uniti durante tutto il loro operato, così come tutti quegli attori politici che operano ad un livello più locale della scala politica.

Insomma in mano a Renzi e Calenda non restano in mano che i cocci di un partito fondato all’apparenza per rappresentare un’alternativa alla polarizzazione del panorama politico attuale, il quale sembrerebbe sempre di più in ostaggio di derive ideologiche iperboliche e faziose, lontano dunque da tutta quella platea di elettori liberali e moderati che negli ultimi 15 anni in Italia hanno rappresentato il bottino elettorale da assicurarsi in caso di elezioni.

 

 

La deflagrazione della DC negli anni ’90 ha causato una dispersione dell’elettorato centrista e moderato italiano, tanto a destra quanto a sinistra a seconda della propria sfumatura politica temporanea, e questo ha generato nella panorama italiano la tendenza dei nostri politici a non supportare la nascita di una forza equilibrata centrista e liberale, ma piuttosto a ricercare un posto negli emergenti partiti moderati di destra e di sinistra (Forza Italia o L’Ulivo).

L’UDC, l’UDEUR e la Margherita sono stati i partiti politici che nei primi anni duemila hanno tentato di tracciare la rotta del centrismo italiano, ma probabilmente il loro operato non ha fatto altro che tracciare i contorni di quello che dev’essere l’operato del centro nella politica italiana: il camaleonte, un organismo senza principi fissi che per sopravvivere deve piegarsi alla scelta di entrare in alleanze che lo portano ad accettare programmi ed agende politiche lontani dalla sua natura moderata.

 

 

In un contesto di polarizzazione politica internazionale c’è probabilmente la necessità di creare effettivamente una via alternativa, che sappia districarsi dalle generalizzazioni e dalle etichettature che ogni partito sembra necessariamente dover subire e che possa resistere ai canti parlamentari delle sirene elettorali imponendo le sue visioni e restandogli fedele, anche a costo di fallire in una prima fase; la rappresentanza del centro dovrebbe quindi accettare l’obbligo di fallimento che intercorre fra la riuscita di un progetto politico e la sua nascita.

L’esempio di Calenda e Renzi può essere esemplificativo per il futuro del centrismo italiano, il cui ultimo “grande” risultato elettorale sono i dieci punti percentuali raggiunti da Mario Monti alla Camera nelle elezioni politiche del 2013; la nomenclatura politica non basta più per il raggiungimento di certi risultati, serve probabilmente una rifondazione della classe politica centrista, magari partendo dai più giovani sfruttando il loro grado di purezza ideologica, di dinamismo culturale e di competenze tecnologiche.

 

 

La creazione di un polo giovane e calato nella politica ma allo stesso tempo non ideologico, e che quindi sappia distinguersi ed allontanarsi dalla visione binaria della politica è probabilmente l’unica speranza per l’universo moderato italiano, che sino a quel momento sembrerebbe essere condannato alle cappe dorate dei dannati ipocriti danteschi.

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