Lo sfaldamento dello schieramento conservatore è un processo che parte da lontano, e del quale la sconfitta alle ultime elezioni è solo una conseguenza.
La tempestività nelle notizie di attualità è fondamentale; se si perde l’attimo, è finita. Ecco perchè mi dolgo di non aver mai completato un articolo che preparavo ben prima arrivasse il governo Draghi, articolo in cui affermavo che Giorgia Meloni non sarebbe diventata il leader del centrodestra per due motivi: il primo, è che Fratelli d’Italia è il parafulmine dei media di sinistra e sul partito politico viene scaricata qualsiasi accusa di nostalgia dittatoriale, vero o falso che sia; e il secondo è che Salvini e Berlusconi, pur di mantenere il loro potere nello schieramento, non lo avrebbero permesso.
E puntualmente, questa analisi si è rivelata corretta: su Fratelli d’Italia si è scatenato un attacco mediatico proprio a ridosso delle elezioni, paventando un inesistente “pericolo fascismo” (ed infatti non se ne parla già più), e i due alleati stringono spesso accordi dai quali Giorgia Meloni viene estromessa.
Il centrodestra si sta sfaldando; è un fatto evidente che ha motivazioni plurime. Sicuramente, la guerra interna fra i vari leader è un punto importante da analizzare.
Salvini, ai tempi del primo governo Conte, si è trovato in mano la gallina dalle uova d’oro. Con le sue politiche anti-immigrazione e alzando la testa contro l’Unione Europea padrona in casa d’altri ha portato la Lega quasi al 35% di consensi, una percentuale pazzesca per qualsiasi movimento politico; figuriamoci per uno nato con l’idea di tutelare solo gli interessi del nord industriale. Poi il giocattolo si è rotto: uscito dal governo (per buone ragioni ma sicuramente mal gestendo la situazione), Salvini ha visto i consensi del suo partito costantemente erosi, travasati pian piano in Fratelli d’Italia. Giorgia Meloni infatti ha progressivamente inanellato una serie incredibile di affermazioni che hanno colto nel segno, andando al di là della semplice retorica ed affrontando situazioni evidenti ed a cuore per la maggioranza degli italiani. Con analisi lucide e puntuali ha per circa un anno e mezzo messo in evidenza le contraddizioni e le assurdità dei governi in carica, riuscendo a catalizzare l’attenzione dei moderati di centro e di destra.
Ovvio che questo non potesse far piacere nè a Salvini, in crisi anche all’interno del partito (e i ricorrenti screzi con Zaia e con Giorgetti confermano un turbamento nelle varie correnti leghiste) nè a un Berlusconi decaduto per motivi politici e personali.
La partecipazione di Lega e Forza Italia al governo Draghi è stata una decisione che ha sicuramente sfilacciato l’alleanza, precedentemente compatta (almeno in apparenza). È stata sicuramente vitale per i due leader, che hanno ritrovato la loro centralità: Forza Italia è tornata ad essere la sponda dei moderati di centrodestra, con affermazioni di Berlusconi e Tajani caute e filo-europeiste di costante supporto al governo Draghi; Salvini ha ripreso il suo ruolo di difensore dei confini e degli imprenditori, fermando l’emorragia di simpatizzanti.
Da questo punto in poi, Giorgia Meloni, a cui è stata concessa estrema visibilità mediatica nonostante fosse l’unico partito di opposizione, ha portato avanti alcune battaglie discutibili. Ma in generale, l’asse Lega-Fratelli d’Italia ha avuto comportamenti ambigui e controproducenti: si ricordino le lotte sulle mascherine, sulla cosiddetta “mancanza di libertà” introdotta dalle misure emergenziali, ed un appoggio a no vax e no green pass che è andato oltre il legittimo e razionale dissenso sulle vaccinazioni rese di fatto obbligatorie ma senza assunzione di responsabilità da parte dello Stato.
Nell’ultimo periodo Lega e Forza Italia hanno perso identità, con un piede dentro il governo e l’altro a tirare (per fortuna, aggiungerei) la corda dalla parte opposta, contrastando le follie ideologiche di PD e M5S. Nonostante l’affossamento del DDL Zan, scritto in modo da criminalizzare le opinioni prima che i gesti da condannare, e numerose altre piccole vittorie in merito a disegni di legge e manovre fiscali, Lega (soprattutto) e Forza Italia non hanno affatto capitalizzato le loro vittorie, rimanendo semplici elementi alla corte dell’ingombrante Presidente Del Consiglio Mario Draghi. Lo stesso Draghi, con il suo peso internazionale ed il suo modus operandi che va oltre il dialogo politico, ha messo in ombra anche l’opposizione di Giorgia Meloni, negli ultimi tempi meno efficace nelle sue esternazioni, e quasi azzerando l’espressione del dissenso nazionale con modi talvolta di dubbia democraticità.
I risultati della recente tornata elettorale amministrativa sono stati lo schiaffo deciso e netto che doveva arrivare per aprire la questione ed affrontare il problema di temi e gerarchie interne; e la lentezza e le frizioni che hanno portato a presentare candidati sindaci semisconosciuti (vedi Michetti a Roma) non hano certo aiutato. La Lega ha dimezzato i suoi consensi rispetto all’estate 2019; Fratelli d’Italia, pur rimanendo il primo partito di destra è scesa al 20%, e Forza Italia è risalita sopra il 7%. A destra c’è un equilibrio di forze che in questa situazione non può che creare confusione aggiuntiva, ed gli incontri a due fra Salvini e Berlusconi non aiutano a ritrovare compattezza in vista dei futuri passi elettorali: la scelta del Presidente della Repubblica e le elezioni politiche (previste nel 2023, se mai ce le faranno fare).
Insomma, nonostante i sondaggi lo diano ancora fra il 45% e il 48%, il centrodestra oggi è debole. Occorre una severa revisione interna di ruoli e progetti per riprendere in mano una situazione che sta sfuggendo di mano; gli italiani scontenti delle gestioni della sinistra sono la maggioranza, ma con le azioni compiute nei mesi passati il centrodestra è riuscito a tenerli lontani dalle urne.