L’inaccettabile arresto dei nostri Maro’

Tutti noi sappiamo bene che due dei nostri soldati di Marina, impiegati come forza di sicurezza su una delle nostre navi mercantili, sono imprigionati in India. Cio’ che forse sfugge, ed e’ bene ricordarlo, e’ che sono passati 60 giorni dal loro arresto, e che il nostro attuale Governo non ha preso nessuna concreta azione per farli tornare a casa.

 

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Ricapitoliamo in breve. Lo scorso 15 Febbraio, fuori dalle acque territoriali indiane, avveniva uno scontro a fuoco fra i nostri soldati, a bordo della petroliera Enrica Lexie, e dei pescatori indiani, scambiati, a causa del loro atteggiamento, per alcuni dei pirati che infestano quelle acque. I nostri soldati eseguivano le procedure ricevute (avvertimento a voce, salva di avvertimento, fuoco con effetto) per tutelare la nave italiana; l’esito era di due pescatori uccisi e un terzo disperso.
In seguito all’incidente, le autorita’ Indiane richiedevano all’Enrica Lexie di entrare nel porto di Kochi, nella regione del Kerala, per poi invitare i due Maro’ a scendere per identificare i cadaveri dei presunti pirati. Qui, contrariamente a quanto precendentemente concordato, i due venivano arrestati e condotti in prigione, stato in cui si trovano ancora oggi sebbene siano stati spostati in una guest house a loro dedicata. Una vera e propria imboscata ai danni dei nostri soldati.

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Un’immagine dolorosa. Forza ragazzi!

 

Ci troviamo di fronte ad una azione di forza unilaterale, decisa dal governo locale della provincia indiana appoggiato da quello centrale (l’India e’ uno stato federale), in totale infrangimento delle regole internazionali. Fuori dalle acque territoriali, infatti, la competenza spetta alla nazione sulla quale si trova il personale (e quindi l’Italia, visto che si e’ sparato da una nave italiana); e in piu’ di una occasione gli indiani hanno palesemente tentato di dirigere le indagini verso la colpevolezza (su che base, ancora non si e’ capito) dei nostri marinai: dalle perizie di parte (ai periti italiani e’ stato negato l’accesso alle prove, in compenso gli indiani possono liberamente dire qualsiasi stupidaggine), agli interrogatori condotti senza diplomatici italiani presenti.
E’ palesemente una indagine farsa, la cui unica ragion d’essere e’ che la regione del Kerala si trovava sotto elezioni in quel periodo e il primo ministro locale stava e sta tutt’ora tentando di recuperare consensi utilizzando l’arma del nazionalismo. Si tratta di un fatto vergognoso, inqualificabile, che mina lo spirito di collaborazione e di rispetto internazionale. Da anni infatti le navi mercantili di quasi tutte le nazioni che transitano in quella zona hanno a bordo personale militare per la loro difesa; quel tratto di mare di fronte alle coste indiane e’ in mano ai pirati, e l’India stessa non solo se ne lava le mani, ma in una occasione analoga, dove alcune navi militari indiane hanno affondato un peschereccio thailandese e dal primo ministro non sono nemmeno giunte le scuse ufficiali).

Eppure, in tutto questo, il nostro governo ha risposto in modo tutt’altro che adeguato; il sottosegretario agli esteri Staffan de Mistura e’ in India, ma con le parole nulla si puo’ fare contro un muro che puo’ essere infranto solo con azioni concrete a livello internazionale. Il governo Monti si sta rivelando del tutto inadeguato a gestire questa mini-crisi internazionale, visto che in due mesi gli unici risultati tangibili sono lo spostamento dei due Maro’ da una prigione comune ad una guest-house sorvegliata (una specie di arresti domiciliari, diciamo).
E’ incredibile come ancora una volta le istituzioni italiane si comportino in modo del tutto incoerente: prima decide di scortare i propri navigli (di certo i nostri Maro’ non si sono imbarcati sulla Enrica Lexie di propria iniziativa), poi li lascia semi abbandonati nelle grinfie di chi sulla loro pelle tutela solo i propri interessi personali.

Tutto questo ritardo non ha giustificazioni. Servirebbero azioni diplomatiche concrete, come la chiusura della nostra ambasciata in India, o l’espulsione dei diplomatici indiani in Italia, o la formale richiesta di assistenza alla Nato visto che questa operazione fa parte delle attivita’ congiunte dell’Alleanza Atlantica. E invece niente, siamo qui ad aspettare che qualche buffone decida della sorte dei nostri soldati. Intanto, mentre il tempo passa e nulla accade, sulle nostre altre navi in giro per il mondo ci sono altri nostri militari che rischiano del loro, sapendo che dovranno sparare ma che non avranno tutela dal nostro Stato.

Che bel paese, l’Italia.

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