Magistratura: più che una casta, uno strumento politico

Lo sciopero dei magistrati si somma ad una serie di azioni mirate a destabilizzare il governo Meloni; dai tempi di Palamara non è cambiato nulla.

 

 

Che ci sia in atto un progetto che tenti di destabilizzare con ogni metodo il governo Meloni è un fatto piuttosto evidente. Si tratta di un piano concertato tra i diversi “reparti operativi” di un’opposizione priva di idee e proposte concrete, e che utilizza metodi che non di rado sfociano nell’eversione: oltre alla violenza nelle piazze con i vili e intollerabili attacchi contro la Polizia, e agli strani e curiosamente ravvicinati grandi disservizi sulla rete ferroviaria, che in alcuni casi sembrano palesi sabotaggi, la terza ma non ultima gamba del tavolo che sorregge questa strategia è quella di una parte di magistratura che utilizza strumenti tecnicamente legittimi per intralciare l’operato del governo.

Probabilmente non se n’è accorto quasi nessuno, ma lo scorso venerdì la famigerata ANM (Associazione Nazionale Magistrati) ha proclamato uno sciopero che, suo dire, avrebbe dovuto puntare alla “difesa della Costituzione” in relazione alla separazione tra carriera requirente (chi accusa) e giudicante (chi giudica), proposta dal Governo per evitare una commistione che possa creare conflitti di interesse e intrecci poco trasparenti.
In che modo la riforma proposta dall’attuale maggioranza leda la Costituzione è difficile da capire; piuttosto, la “resistenza” dell’ANM e dei suoi sodali sembra puntare a mantenere uno status quo che permetta agli stessi di continuare ad amministrare il sistema della giustizia italiana a modo loro.

 

 

Lo scandalo dell’ex-Presidente dell’ANM Palamara, che nel 2020 ha mostrato un sistema di poteri interni alla magistratura che apparentemente tuttora puntano ad un illecito utilizzo del sistema giudiziario per meri fini politici, non solo non ha generato quel terremoto e quel repulisti che ci si aspetterebbe in ogni nazione sana, ma è stato omertosamente accantonato da una larga fetta degli organi di stampa italiano, stendendo lo stesso velo di silenzio che ha avvolto la recente assoluzione di Matteo Salvini in merito al caso Diciotti “perchè il fatto non sussiste”.

Lo sciopero della scorsa settimana fa il paio con le azioni pretestuose intraprese in questi mesi da una certa magistratura a carico del governo in carica: dal procedimento aperto sul caso Almasri, un’evidente polpetta avvelenata mal gestita dall’entourage di Giorgia Meloni e abilmente sfruttato ad arte sia dai nostri “alleati” europeiche dall’opposizione interna (con una strana compartecipazione dei nostri Servizi non tanto Segreti), alle azioni di disturbo sul trasferimento dei clandestini nei centri di permanenza in Albania, passando poi per la sentenza di condanna in primo grado sul caso Dalmastro che va in completo contrasto con l’assoluzione chiesta dal Pubblico Ministero.
Storicamente i risultati in termini legali di queste azioni sono evanescenti, ma il clamore generato è spesso utile a chi vuol diffamare e delegittimare il nemico politico in campo nazionale e soprattutto in quello internazionale. Ancora una volta, come nel caso di Enrico Letta prima delle scorse elezioni politiche, c’è chi è pronto a danneggiare l’immagine dell’Italia pur di mantenere i tentacoli sulle leve del potere; e pazienza se i danni sono legati ad aumenti di spread o ad una minore appetibilità di investimenti su fondi di Stato. Insomma: si facciano macerie dell’Italia pur di controllarla noi.

La magistratura dovrebbe operare in modo asettico, imparziale, senza fini di parte; invece tutti questi casi non fanno altro che dimostrare quanto ci sia chi operi anteponendo interessi politici e di potere, danneggiando peraltro quelle situazioni che invece necessitano davvero di indagini ed approfondimento giudiziario (come il caos Santanchè-Visibilia). Questo dovrebbe essere un punto fermo di ogni democrazia, perdendo il quale si finisce inevitabilmente in una dittatura non dichiarata, dove un potere politico detiene il controllo con mezzi leciti od illeciti, a prescindere dal risultato delle elezioni e censurando ogni tentativo di opposizione.
I fatti che hanno costellato l’Italia negli ultimi vent’anni rendono lecito chiedersi se nel nostro Paese non ci sia una struttura organizzata il cui obiettivo sia tutt’altro che trasparente.

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