Metro Last Light: la recensione

Si torna in una Mosca nuclearizzata che stavolta non ci affascina particolarmente.

 

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Metro Last Light e’ il seguito diretto di Metro 2033, e riprende la vicenda circa un anno dopo aver lasciato Artyom, il protagonista, spettatore di una visione terrificante e magnifica allo stesso tempo. Ancora una volta seguendo le tracce deil libri di Glukovsky (stavolta Metro 2034 e Metro 2035, riuniti in un una storia), il gioco si dipana narrandoci una storia che si rivela a tratti interessante, altre volte forzata, altre volte stucchevole. I Metro sono FPS dell’ultima generazione, quelli dove ad una grafica molto pompata devono essere affiancate una storia consistente ed un ritmo indiavolato; ma come tutti i Call of Duty, a cui sotto questi aspetti fa il verso, il tentativo fallisce miseramente. Il gioco non e’ affatto brutto, ad ogni modo; entriamo nel dettaglio.

 

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Intanto, stiamo parlando di un FPS; e da questo punto di vista il suo compito lo fa abbastanza bene. Si spara, si ammazza, si va avanti. I nemici forniscono una sfida probabilmente adatta al giocatore medio, costringendo di tanto in tanto a ripetere alcuni passaggi per via della difficolta’ (ma il sistema dei checkpoint e’ molto, molto fastidioso in taluni frangenti). L’interfaccia utente, soprattutto per quanto riguarda l’inventario, e’ particolare e tutt’altro che intuitiva o comoda; un compromesso fatto per non dover rielaborare nulla in vista delle versioni per console. Lo stesso pessimo approccio di Dead Island, uscito un paio di anni prima e guarda caso pubblicato anch’esso da Deep Silver (gli sviluppatori sono sempre i 4A del primo capitolo). Altra somiglianza col titolo appena citato e’ la lunga sfilza di marchi del mondo videoludico da dover necessariamente visualizzare prima di poter lanciare o continuare la partita; uno strazio evitabilissimo che non ha scusanti.

 

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Nei combattimenti l’azione e’ meno confusa che in altri titoli contemporanei, ma manca ancora quella nitidezza tipica dei giochi piu’ vecchi dove, come nella realta’, possiamo distintamente distinguere gli oggetti in movimento dallo sfondo. E qui possiamo notare come sia tutto un po’ sfocato, poco netto. Una scelta di stile discutibile.
Le armi a disposizioni sono… un po’; ma poche, quasi nessuna, hanno un reale carattere. Cambia solo il tipo di munizioni a disposizione, e fra un tipo di arma e l’altro a volte non si coglie troppo la differenza; differenza che invece viene fatta da mirini, silenziatori e puntatori laser, che cambiano la nostra efficienza in battaglia. Tanto per dire, la mia arma principale per quasi tutto il gioco e’ stata una mitraglietta che ho raccolto dopo il primissimo scontro a fuoco; di riffa e di raffa, le differenze fra armi ci sono ma non sono cosi’ apprezzabili. Altro punto negativo: tenendo conto che le munizioni dovrebbero scarseggiare moltissimo nel nuovo mondo, trovarsi a fine gioco carichi come muli di ogni tipo di proiettile lascia l’amaro in bocca. Non avremo mai, e dico mai, la sensazione di essere a corto di colpi.

 

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Ad ogni modo gli scontri a fuoco sono abbastanza soddisfacenti. L’AI non ha chissa’ quale intelligenza tattica, avendo da una parte i mutanti che caricano piu’ o meno sempre a testa bassa e gli umani che si muovono in base a script predefiniti (se morite, al prossimo caricamento saprete da dove arriveranno); nonostante questo il livello di sfida e’ interessante, e ripulire le aree ostili regala la sua porca soddisfazione.
L’atmosfera che si respira nelle gallerie non e’ di claustrofobia, come ci si dovrebbe aspettare, ma di costante pericolo; la stessa che piu’ comprensibilmente ci pervade nelle lunghe sequenze in superficie.

 

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La grafica e’ stata a suo modo rivista rispetto al capitolo precedente, ma come detto c’e’ una mancanza di definizione riscontrabile soprattutto nelle immagini statiche e nelle animazioni, piuttosto grossolane. Il movimento delle braccia e delle mani lasciano molto a desiderare, mentre i volti sono ben delineati, univoci e ben differenziati. Un lavoro fatto a meta’ insomma.
Discreto il comparto sonoro; i suoni sono direzionali (abbastanza, almeno) ed il sottofondo ambientale e’ sempre ben realizzato.
Ci sono molti dettagli interessanti, e su questo aspetto si vede la cura e la passione degli sviluppatori; dalle suppellettili nelle case abbandonate ad interessanti macchinari, la nostra attenzione verra’ spesso colpita da questi particolari. Curioso come invece ci siano numerose texture di rimasugli e spazzatura piatte e bruttine sparse per tutto il gioco; ancora una volta, alti e bassi la fanno da padrone.

 

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La storia di per se, come dicevo in apertura, alterna momenti interessanti ad altri degni dei peggiori stereotipi. Per fortuna non ci sono certi messaggi culturali tutti di parte che negli ultimi anni vengono imposti dall’industria dei videogiochi, ma certi personaggi e i loro discorsi risultano odiosi. Al tempo stesso ci sono momenti scabrosi, a volte gratuiti; scene di nudi ed “oltre” (solo accennati in questi casi) che vorrebbero rendere veritiero e crudo il racconto ma che fondamentalmente sono fuori contesto.
Ad ogni modo non c’e’ presa reale sul giocatore, l’immersione e’ sempre parziale, tanto che arrivati al finale si e’ anche contenti il gioco sia finito (e dura, come il predecessore, una quindicina d’ore – sicuramente sotto quanto ci si potrebbe aspettare).

 

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Altro non c’e’. Resta una buona ambientazione, una azione che alterna momenti frenetici ad altri piu’ calmi, belle immagini e fantastici panorami, ma tutto alla fine sembra un po’ troppo “plasticoso”. Se vi dovesse capitare fra le mani giocateci senza problemi, ma i soldi spesi per andarselo a comprare, specialmente se a prezzo pieno, potrebbero essere utilizzati per qualcosa di meglio.

 

Metro Last Light, 2013
Voto: 6
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