I dati sull’inflazione fanno ben sperare ma lo spettro della recessione preoccupa ancora gli investitori. Possiamo già parlare di soft landing?
Il soft landing (in italiano “atterraggio morbido”) si verifica quando una banca centrale cerca di aumentare i tassi d’interesse nel tentativo di mitigare livelli di inflazione crescenti; il tutto senza innescare uno stato di recessione nonostante il forte rallentamento economico provocato da una politica monetaria restrittiva. In altri termini, in fase di soft landing, ad un aumento dei tassi di interesse corrisponde una discesa della domanda e, conseguentemente, dei livelli di inflazione, parallelamente ad una crescita lenta ma continua dell’economia. In questo particolare periodo storico, il soft landing diviene lo scenario maggiormente auspicabile a livello economico.
Il termine si è diffuso nel 1994 durante il mandato dell’ex presidente della Federal Reserve Alan Greenspan che nel biennio ’94-’95 fu costretto a raddoppiare i tassi d’interesse a causa della crescente spinta inflazionistica. I tentativi della Fed e della BCE di arrivare ad un soft landing devono tener conto degli effetti, ritardati, delle scelte di politica monetaria sull’economia. Proprio per questo motivo, è fondamentale definire a monte il giusto ritmo degli aumenti dei tassi affinché i mercati possano prevederlo per tempo senza generare shock economici. L’inflazione elevata e la bassa disoccupazione, entrambi indicatori fondamentali per prevedere possibili future recessioni, profilano il soft landing come un’impresa difficile per le banche centrali, seppur non impossibile.
A partire dagli anni ’50, ogni volta che l’inflazione ha superato il 4% e la disoccupazione è stata inferiore al 5%, l’economia statunitense è entrata in recessione nel giro di due anni. Prendendo in considerazione il 1965, 1984 e 1994 come esempi di precedenti situazioni di soft landing, in tutti e tre i casi i livelli di disoccupazione erano significativamente più alti, così come quelli dell’inflazione e l’andamento dei salari; ciò ha consentito alla Fed di intervenire con largo anticipo per prevenire l’aumento vertiginoso dell’inflazione, piuttosto che aspettare che essa raggiungesse livelli eccessivi. Inoltre, ciò che rende particolarmente ostico il soft landing in questo particolare periodo storico, è un mercato del lavoro in cui la domanda di lavoratori sta superando di gran lunga le disponibilità di mercato, con il numero di offerte di lavoro ai massimi storici e percentuali di licenziamento in forte crescita. Questo implica, per le aziende, un incremento del salario minimo offerto per rendersi attrattive agli occhi dei nuovi lavoratori o per trattenere quelli presenti; ciò si riflette direttamente sull’andamento del tasso di inflazione, rendendo difficile il ritorno al target del 2%. Infine, c’è da considerare anche l’aumento costante dei prezzi delle materie prime dovuti ad una situazione geopolitica mondiale molto delicata.
Nell’ultimo biennio 2022-2023, la politica monetaria aggressiva della BCE e della FED ha provocato un decremento imprevisto dei livelli di inflazione, scesa oltre le attese al 2,9% in ottobre nella zona euro, a fronte di un’economia che continua a crescere in modo lento e discontinuo. Al momento, l’aspettativa dei mercati circa l’andamento dei tassi di interesse fa propendere verso un ulteriore taglio il prossimo anno, prevedendo quattro ulteriori tagli da 25 punti base, che riporterebbe il tasso di deposito al 3%.
In sostanza, l’economia è in fase stagnante ma non peggiorerà, il che fa ben sperare circa le probabilità, per il vecchio continente, di arrivare ad un soft landing che eviterà la recessione nonché una crisi del credito. Secondo gli analisti, inoltre, mentre ci è voluto un anno per riportare l’inflazione dal 10,6% di fine 2022 al 2,9% di ottobre 2023, per scendere al di sotto del target del 2% si stima che ci vorrà il doppio del tempo. Nella sua ultima fase, il processo di disinflazione sarà più lento e incerto anche a causa delle recenti tensioni in Medio Oriente, dell’incremento del costo delle materie prime, del surriscaldamento globale, del costo del lavoro, ecc. In questo contesto, purtroppo, il soft landing diviene lo scenario più auspicabile, con una “dolce” discesa dei livelli di inflazione che si accompagna ad una crescita lenta ma costante dell’economia.