Spetta al Feldmaresciallo Von Manstein salvare le divisioni di Paulus intrappolate a Stalingrado; le sue forze però non bastano e la pressione sovietica è schiacciante.
Unione Sovietica, 1942. La grande offensiva denominata “Operazione Urano”, forte di più di un milione di uomini e centinaia di mezzi corazzati, ha avuto un successo incredibile e ha creato quella che oggi ricordiamo come “Sacca di Stalingrado”. La tenaglia rossa ha infatti intrappolato in un’area relativamente piccola (si parla di qualche decina di km in lungo e largo) l’intera 6° Armata ai comandi del Gen. Paulus. Ritrovatosi accerchiato da ingenti truppe, Paulus si affida alle volontà di Hitler, il quale vuole mantenere a tutti i costi la pressione su Stalingrado. Ogni tentativo di rompere l’accerchiamento è dunque vietato, e agli assediati viene promesso un efficiente ponte aereo, come già successo nella sacca di Demjansk, così da guadagnare tempo per la creazione di una forza capace di rompere l’anello sovietico intorno a Stalingrado e liberare le consistenti forze tedesche, quasi trecentomila uomini.
La riorganizzazione delle forze nel settore del Don viene affidata a uno degli uomini più conosciuti e rispettati della Wehrmacht, nonché già Feldmaresciallo: Erich Von Manstein. Il suo compito è di ricreare una forza capace non solo di ripristinare la stabilità del fronte tra il Gruppo Armate A e il Gruppo Armate B, dunque tra il Don e il Caucaso (dove ricordiamo la presenza di ingenti forze tedesche e rumene impegnate in aspri combattimenti), ma anche di rompere l’accerchiamento e liberare Paulus e i suoi uomini. Nella sacca intanto, le grandi unità tedesche passano a un assetto difensivo, nell’attesa dei rifornimenti aerei.
Il duro inverno sovietico, le capacità antiaeree nemiche, insieme al sensibile declino delle capacità della Luftwaffe, impediscono un efficiente rifornimento nella sacca. Agli uomini della 6° Armata, già stremati da mesi di combattimenti, dal freddo e dalle malattie (tifo, principalmente), arriva inizialmente un terzo del materiale richiesto, per poi ridursi rapidamente a un quinto e in certi momenti a un decimo di quanto richiesto. La Luftwaffe non è capace di rispondere efficacemente alle richieste e oltretutto perde numerosissimi velivoli, più per le cattive condizioni meteo e la scarsa visibilità che per l’antiaerea sovietica.
Manstein rapidamente informa Hitler della situazione, fornendogli un rapporto dettagliato sia sullo stato delle proprie forze accumulate, sia su quello dell’armata intrappolata nella grande città sovietica, e decide che se vuole salvare il salvabile deve agire rapidamente. Nonostante la promessa di ricevere ingenti forze (una decina di divisioni, la metà delle quali divisioni Panzer) capaci di penetrare le numerose divisioni sovietiche, Manstein riesce a schierare in offensiva solamente due divisioni Panzer, supportate da elementi di fanteria. L’11° Panzer, che doveva rappresentare la punta di diamante, viene bloccata in posizione difensiva pochi giorni prima dell’assalto, per via di un attacco sovietico respinto in extremis.
Il Feldmaresciallo decide dunque di aprire le danze schierando gli elementi della 4° Armata Panzer, con la 6° e la 23° Divisione che avanzano sulla direttrice Stalingrado. I chilometri da percorrere in condizioni estreme sono molti, circa centocinquanta, e non possedendo grande forza, bisogna puntare sulla velocità e sull’elemento sorpresa. Nella sacca, Paulus viene informato dell’inizio delle operazioni e almeno inizialmente sembra predisporre il suo esercito assediato in condizione di rompere l’accerchiamento e incontrare Manstein a metà strada. Siamo già al 12 Dicembre.
Le due divisioni corazzate penetrano in profondità nelle linee sovietiche colte di sorpresa. Numerose unità nemiche, insieme a tutto l’equipaggiamento militare, vengono catturate, ritrovandosi spesso già dietro la linea tedesca che avanza rapidamente e si incunea nell’anello sovietico. La 6° Panzer sembra quasi aver spianato la strada per le truppe di Paulus, ma l’intervento decisivo del 4° Corpo Meccanizzato sovietico riesce a fermare i panzer nei pressi del villaggio di Verkhne-Kumskiy e del vicino fiume Aksay. Nonostante la superiorità numerica, i tedeschi perdono tempo respingendo gli assalti nemici, il che fa guadagnare sufficiente margine per l’arrivo di più grandi unità sovietiche.
Tra il 13 e il 15 Dicembre, la 2° Armata Guardie, impegnata nei preparativi dell’Operazione Piccolo Saturno contro le forze italiane sul Don, viene spostata e immediatamente impegnata contro le forze di Manstein. L’arrivo di questa grande unità, forte di quasi centomila uomini, aggiunge ancora più difficoltà alla già impervia operazione tedesca che vede per così dire tappati tutti i buchi nella linea nemica. I tedeschi continuano anche così a spingersi in avanti, arrivando a circa cinquanta chilometri dalle forze di Paulus che tuttavia non tentano alcuna azione per rompere l’assedio. Una tempesta di neve tiene fermi gli uomini sempre più malnutriti, mentre il carburante per i mezzi è quasi finito: la 6° Armata è obbligata nelle sue posizioni difensive.
A peggiorare e mettere fine all’Operazione Tempesta Invernale è l’inizio di Piccolo Saturno: ingenti forze sovietiche schierate sul fiume Don e nei pressi del fiume Chir aprono il fuoco contro le divisioni italiane e iniziano l’avanzata verso Millerovo. In pochi giorni le forze italiane ripiegano, mentre alcune divisioni rimangono intrappolate dietro i carri sovietici. Il fianco delle forze di Manstein impegnate nell’operazione verso Stalingrado è adesso pericolosamente esposto a un contrattacco che rischia di creare una seconda sacca e di lasciare sguarnito tutto il settore tra Stalingrado, il Caucaso e la zona di Rostov. I sovietici riescono inoltre in un’audace incursione sull’aeroporto di Tatsinkaya, distruggendolo e rendendolo impraticabile per il rifornimento delle forze di Paulus.
A questo punto Manstein predispone un ordinato ripiegamento delle divisioni tedesche su posizioni difensive. A Paulus viene comunicato il fallimento dell’operazione mentre la distanza tra i due schieramenti tedeschi si fa nuovamente più ampia. Da questo momento in poi, poco prima di Natale, Manstein e il suo Gruppo Armate Don si adoperano per rinforzare il fronte e impedire un suo totale collasso. La mancata pressione tedesca permette ai sovietici di sganciare ingenti forze e impegnarle nel liquidare le forze di Paulus e nella preparazione delle successive offensive nel Caucaso e verso Rostov. Hitler intanto continua a diramare ordini ed a chiedere alla stremata Armata di Stalingrado di resistere fino all’ultimo uomo. In questa fase, lo scopo di Paulus e dei suoi uomini sembra più che altro quello di tenere bloccate le unità sovietiche nella zona, impedendo loro di attaccare verso Ovest.
Il Feldmaresciallo del Reich ha fallito, mentre il sacrificio della 6° Armata di Paulus viene accettato a costi incredibili.