Un piccolo cimitero dai colori sgargianti racconta vita e morte degli abitanti di un villaggio al confine estremo della Romania in chiave ironica e divertente.
E chi l’ha detto che i cimiteri, dimora dei nostri defunti, debbano per forza essere luoghi tristi, cupi e impregnati di dolore? L’usanza di seppellire i cari è antica quanto le prime comunità di umani che per la prima volta si sono ritrovati ad affrontare l’idea della morte e quella della scomparsa del corpo come entità puramente materiale. Presto, l’atto di seppellire i morti (non presente in tutte le società e comunità umane) si è trasformato in un rituale al quale sono state attribuite le più svariate funzioni. Morte e rinascita, in un ciclo che si sussegue all’infinito.
In alcune culture sparse sul globo, la morte dei membri della comunità è stata affrontata con fare gioioso se non addirittura festoso, con grandi celebrazioni e poco spazio per la tristezza. E questo perché tutto dipende dal significato che viene attribuito alla morte, al trapasso e a ciò che segue dopo. Nel nostro immaginario collettivo, tuttavia, la morte e i luoghi di sepoltura si sono sempre circondati di un alone di tristezza e reverenza. A voler cambiare rotta, almeno nel suo piccolo, è stato Stan Ioan Patras, abitante del villaggio di Sapanta, Romania. Dedito a scolpire le croci dei cimiteri locali, dal 1935 si cimenta nella realizzazione di croci ed epitaffi diversi da quanto lasciato dalla tradizione locale. Entro il 1960 realizza 800 opere, tutte raccolte nel cimitero del villaggio che pian piano si guadagna il soprannome di “Cimitero Felice”.
La particolarità delle sue opere? Prima cosa che salta agli occhi di chi visita il cimitero è la vernice blu sgargiante che ricopre integralmente le croci, insieme ai disegni che per lo più rappresentano un particolare della vita del defunto, il suo mestiere o un momento ricordato da tutti all’interno del villaggio. Segue poi solitamente un epitaffio buffo, spesso in rima, che riprende vizi e pettegolezzi attribuiti al deceduto in vita. Ciò che ne viene fuori, e ciò che alla fine rende questo posto qualcosa di unico, è proprio la possibilità di seguire la vita comunitaria attraverso gli anni, grazie a questi epitaffi.
Tra gli epitaffi più noti, e per così dire cattivi, troviamo quello di Dumitru Holdis che risalta l’amore per l’alcol che alla fine se lo porta sotto terra: “La grappa è veleno puro, che porta pianto e tormento, coloro che amano la buona grappa come me patiranno, perchè io la grappa ho amato e con lei in mano me ne sono andato.”
Tutta la produzione a partire dal legno fino al risultato finale sono opera del signor Stan che riposa in mezzo alle proprie creazioni. Nel tempo il cimitero è divenuto meta di quei turisti che vogliono guardare la morte col sorriso sul volto. Un modo ironico per affrontare una delle più grandi fonti di preoccupazione e ansia che tutti prima o poi viviamo durante il nostro percorso. Un umorismo pieno di vita in un mondo popolato dai morti.
Il cimitero è tutt’oggi visitabile e rientra tra i siti tutelati dall’Unesco.