La seconda stagione è di un livello decisamente superiore alla precedente, finalmente hanno scritto una storia come si deve, una caratterizzazione dei personaggi più interessante e delle scelte di trama credibili.
Il primo Luke Cage fu trasmesso con grandi aspettative grazie alle prime stagioni di Daredevil, che erano andate una favola, e alla prima di Jessica Jones, che aveva riscosso un buon successo; tutto faceva pensare che anche Luke sarebbe stata una buona serie da seguire … mai presupposti furono così disillusi!
La prima serie partì lenta e macchinosa, incentrando tutto su una lotta per liberare Harlem dal controllo mafioso della famiglia Stocks. La trama sembrava avere un senso fino a che non viene ucciso il cattivo di turno in una maniera assai stupida. A prendere il posto dell’antagonista di Luke è una donna, meno propensa ad essere un capo mafioso, ma più dedita alla politica e ai loschi benefici che se ne possono trarre. Potevamo anche accettare una scelta non proprio illuminata, se non fosse che all’improvviso appare un nuovo avversario; ancora adesso non vi saprei dire con precisione né come s’intreccia con il passato di Luke, né il perché di tanto odio nei confronti del nostro eroe.
Questa strana alternanza ha creato una forte spaccatura nella trama, come se i produttori, o gli sceneggiatori, si fossero accorti della pochezza prodotta fino a quel momento.
Mi sono avvicinato alla seconda stagione con poca convinzione ma con un filo di speranza, vista la discreta figura di Luke durante gli accadimenti della serie The Defenders, una miniserie in cui tutti e 4 i supereroi (Daredevil, Jessica Jones, Luke Cage e Ironfist) si sono ritrovati per difendere New York da una minaccia comune.
L’impatto è stato positivo, una buon approccio iniziale pone Luke come difensore di Harlem contro tutti coloro che vogliono approfittarsene; finalmente Luke è passato dall’essere bersaglio all’essere quell’eroe d’azione che ci si aspetta, un bulldozer inarrestabile che distrugge le fabbriche di droga, smantella le attività illegali e fa quello che la Polizia non può fare, un po’ perché legata alla legge, un po’ perché corrotta.
L’idea vincente della serie è sicuramente la bellissima intuizione d’inserire due rivali agguerriti che vogliono fortemente il controllo di Harlem per questioni più personali che di potere; la contrapposizione si fa più interessante nel momento in cui si capisce che la rivalità non si limita solo al controllo di Harlem, ma anche alla contrapposizione dello stile di vita, di pensiero e di cultura che intercorre tra Afroamericani e Giamaicani.
Luke si trova tra due fuochi che non hanno la minima intenzione di fermarsi e che mirano all’annientamento totale dell’avversario; Harlem diviene un campo di battaglia ed il nostro protagonista, suo malgrado, diviene arbitro e ago della bilancia di questa faida. Il nostro eroe si trova di fronte a diverse scelte difficili da fare; ammetto che alcune di queste scelte non le ho pienamente condivise, ma sono scelte credibili, che non stonano con il contesto né con l’evoluzione del personaggio di Luke Cage.
Una cosa molto interessante avviene sul palcoscenico del locale Paradise, punto di riferimento del potere di Harlem, dove si esibiscono diversi artisti di colore di un certa fama; con questo piccolo escamotage, il supporto musicale è decisamente importate e sottolinea a parole e musica il modo di essere, di fare e di pensare legato alla musica Black, sia provenga da artisti Afroamericani sia da artisti Giamaicani.
Il finale è interessante, uno di quei finali che non ti aspetti, non lo credi possibile, ma alla fine è sensato, spiegato bene, costruito lungo tutto l’arco della serie e risulta vincente.
Bene la storia, bene la musica, bene le scene d’azione, ben curata la profondità dei personaggi e ben studiata la contrapposizione della cultura Afroamericana con quella Giamaicana. Nel complesso un buon prodotto televisivo; certo si parla sempre di una storia di supereroi, non vi aspettate un premio Oscar, ma nel suo genere, è valido.