Circle (2015): la recensione

Un film che sfrutta male una trama potenzialmente geniale: che succede se metti in una stanza degli sconosciuti e li uccidi uno alla volta?

 

 

Fra i film di fantascienza che ho visto di recente non ce ne sono molti che mi abbiano realmente colpito. Forse The Void, del quale abbiamo recentemente parlato, è quello che ha un’atmosfera migliore; ma questo Circle aveva tutte le carte in regola per far scalpore.
Si tratta di un film semisconosciuto, uscito nelle sale nel 2015, in piena campagna elettorale per il rinnovo della presidenza USA; e questo non è un dettaglio, visto che il film è estremamente schierato politicamente e per farlo rovina il suo potenziale. Ma andiamo per gradi.

 

 

Un discreto numero di persone si risveglia, in piedi, in una stanza buia. Ognuno di loro si trova sopra un simbolo dal quale non possono allontanarsi – pena ricevere delle scosse elettriche furibonde. Ogni pochi minuti uno di loro viene fulminato a morte; scatta immediatamente un tentativo per capire come gestire la situazione, ma il tempo è poco.

Come detto, l’aspetto politico della vicenda è fondamentale, tanto che le persone rappresentate sono quasi tutti stereotipi estremizzati e piegati alle necessità del duo di sceneggiatori-registi Aaron Hann e Mario Miscione. Le persone che sono associabili all’elettorato repubblicato (imprenditori, alto borghesi, affaristi) sono tutte viscide, odiose, egoiste, cattive; quelle democratiche (impiegati, immigrati, neri) sono tutte brave, gentili, accoglienti, altruiste. Una zozzeria colossale, che tratteggia benissimo l’aria che si respira oltre oceano da troppi anni, e che ha avvelenato la politica locale ma anche quella internazionale (un anno dopo sarebbe stato eletto presidente Donald Trump, non a caso).

 

 

Questa scelta di campo è la motivazione del fallimento del film: per assecondare le motivazioni politiche dei registi tutti gli avvenimenti prendono pieghe discutibili e poco realistiche, quando invece inizialmente il film parte con un piglio degno di lode. Insomma, ancora una volta vediamo come usare l’arte per meri fini ideologici sia un mezzo forse per far profitto ma sicuramente che non porta lontano.

Ed è un peccato che si sia fatta questa scelta, perché al di là delle forzature politiche, Circle tiene un ritmo serrato e presenta diversi colpi di scena di buonissimo livello. Gli attori, nessuno dei quali celebre, sono in grado di reggere la scena (fatte salve le macchiette politicizzate, davvero impresentabili) e complessivamente la storia ed il suo svolgimento sarebbero anche interessanti – tanto che nonostante tutto l’interesse per la vicenda non scema.

 

 

Insomma Circle è il perfetto esempio di cosa non fare: strumentalizzare un film per renderlo megafono degli slogan più bassi. Ma Netflix, circuito su cui si può ora visionare il film, sembra essere diventato il ricettacolo di tutta la cinematografia anti-bianchi pro “democratici”.

 

Circle, 2015
Voto: 5
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