Suzerain riesce a raccontare una storia politica senza scadere in ideologismi o retorica di parte, cogliendo un buon risultato visto il terreno spinoso.
I giochi basati sulle storie interattive non mi hanno mai catturato. Figli delle avventure grafiche degli anni ’80, hanno sicuramente mantenuto inalterato il loro spirito votato alla descrizione ed al minimalismo, permettendo anche a programmatori con pochissime risorse economiche e conoscenze tecniche di realizzare storie anche interessanti e che hanno il loro seguito. Personalmente però ho abbandonato la via del blocco di testo nei videogiochi nell’84 e non ho intenzione di tornare sui miei passi. È per questo che Suzerain mi ha prima raggirato e poi stupito: perché è una storia interattiva presentata sotto forma di gestionale.
Ambientato in un mondo di fantasia dove non si fa fatica a riconoscere gli evidenti riferimenti all’Europa della prima guerra fredda, Suzerain ci mette a capo di una nazione travolta da una crisi economica, tecnologicamente arretrata, spaccata al suo interno da turbolenti movimenti politici e sostanzialmente al collasso. Con le nostre decisioni dovremo risanare il paese cercando di farlo prosperare attraversando le numerose vicende che si intrecciano parallele.
Tutto il gioco viene presentato attraverso una cartina, piacevole alla vista ma dalla difficile e dispersiva lettura, e con dialoghi scritti in un inglese più che comprensibile ma decisamente lunghi. Chi si aspettasse di affrontare una gestionale alla Supreme Ruler o anche solo per certi versi ai titoli Paradox è completamente fuori strada: in Suzerain non ci sono modi per controllare direttamente, e nel momento da noi scelto, alcuna politica sociale, economica o bellica; tutto è scandito dalle sequenze previste dalla storia, i cui eventi possiamo sicuramente influenzare ma non anticipare o posticipare.
La gestione efficace di una nazione richiede la presentazione di una mole di dati piuttosto imponente, ma Suzerain sceglie di seguire una via molto astratta ed estremamente semplificata – decisamente troppo. Con soltanto un numerino a rappresentare le casse dello stato (oscilleremo spesso fra il -3 e il +2) ed una barra che mostra esclusivamente una valutazione dell’economia nazionale in quel preciso momento, fare analisi, previsioni e scelte diventa quasi un gioco di fortuna. Il tutto è reso ancora più arduo dal non conoscere, almeno fino alla fine della prima legislatura, quali siano i momenti topici per la gestione del budget e nemmeno quali possano essere le conseguenze di certe nostre scelte; ovviamente non si chiede di conoscerne completamente in anticipo le ricadute, ma in più occasioni ci siamo trovati a prendere decisioni al buio, senza poter consultare alcun dato, o a dover rapidamente decidere di strategie impattanti senza poter minimamente ragionarci sopra, o ancora intavolare discussioni di politica nazionale ed internazionale senza avere modo di prendere tempo, come invece è naturale che sia.
Anche lo scorrere del tempo è un elemento astratto in Suzerain: tutto fa riferimento a giorni, settimane, mesi, ma il tempo di gioco è suddiviso in turni che non danno minimamente l’idea di quanto tempo sia trascorso. I turni sono poi a loro volta raggruppati in capitoli realizzati per incentrare l’attenzione su argomenti specifici della storia, ma anche qui non è chiaro dove, temporalmente, ci si trovi (era così difficile mettere un datario?).
Altro peccato di Suzerain è il voler mischiare tematiche proprie degli anni ’50-’60 con altre oggigiorno più attuali, e se è vero che il gioco mantiene una certa equidistanza, in alcune occasioni traspaiono le idee politiche e sociali del team di sviluppo (come esempio basti vedere come vengono rappresentati i militari, tutti eccessivi e ottusi).
Insomma, Suzerain è un fallimento come gioco politico. Ma fa un ottimo lavoro come racconto, come storia interattiva: ci sono molteplici intrecci che si susseguono nella trama e, anche se le conseguenze delle nostre azioni non sono sempre visibili, è innegabile che qualcosa avvenga dietro le quinte. I personaggi sono ben caratterizzati ed hanno un loro modo di parlare ed interfacciarsi alle conversazioni, che anche se lunghe solo in alcuni casi risultano eccessive o noiose.
La mancanza di immersione e di contesto geopolitico dovuto ai nomi di fantasia dei vari paesi (e delle etnie che rappresentano) viene meno dopo qualche ora di gioco, quando ci si acclimata e l’iniziale senso di smarrimento sparisce.
Come detto i personaggi sono discretamente caratterizzati, ed anche se non mancano i classici stereotipi (e sembra che il team di sviluppo favorisca un certo indirizzo politico, spingendo tantissimo per determinati approcci sociali), tutto sommato il mondo di Suzerain è ben tratteggiato e dettagliato.
Suzerain è anche un gioco molto lungo. Una partita si attesta sulle 30-50 ore a seconda delle azioni prese (e della nostra capacità di mantenere il potere), ed anche se la rigiocabilità non è altissima nell’immediato, si potrà tornare al gioco in un secondo tempo per provare nuove strategie e fare scelte diverse.
In conclusione, Suzerain non è un gioco per tutti. La lunghezza dei dialoghi e l’inutile difficoltà che pone per presentare certe informazioni (anche se dispone di una ottima enciclopedia in gioco) si contrappongono ad una storia ben scritta, lunga ed oggettivamente sempre appassionante. Se si è consci di cosa offre il gioco non si può rimanere delusi anche nelle sue imperfezioni; altrimenti è probabilmente meglio virare su titoli più specifici come Superpower 2, Supreme Ruler o Rules Of Nations.
PRO:
- Storia ben delineata e con molte diramazioni
- Molto lungo
CONTRO:
- Si presenta come un gestionale ma è una storia interattiva
- Non siamo mai realmente in controllo delle nostre decisioni