Il cinema italiano è vivo e lotta con noi; lo dimostra il nuovo lavoro di Mario Martone che racconta una storia rara con grande talento.
In generale, quando la settima arte affronta una vicenda realmente accaduta, si crea quasi sempre un’alchimia unica, perché riesce ad assurgere a ruolo informativo dando voce a chi, per colpa della storia con la esse maiuscola, voce ne ha avuta poca. Nello specifico di questo titolo di Indigo Film e Rai Cinema, è esattamente ciò che fa il regista partenopeo, in coppia con la compagna Ippolita Di Majo, con cui trasforma in sceneggiatura solida e credibile il romanzo L’università di Rebibbia. Di cosa si parla?
Nel 1980 la scrittrice Goliarda Sapienza (sì, si chiama davvero così!), disperata per non riuscire a pubblicare più i suoi libri, finisce a Rebibbia per aver rubato dei gioielli ad un’amica della Roma bene. Invece di soccombere alle brutture del carcere, la donna ne coglie il lato umano diventando amica di tutte le detenute, in special modo di un’attivista politica e di una sprovveduta di periferia. La pellicola, come ben spiega il titolo Fuori, racconta quello che davvero hanno vissuto le tre protagoniste una volta uscite di prigione. Tre mondi apparentemente lontanissimi uniti da un’esperienza indissolubile… un po’ come quelli che hanno fatto insieme il militare ma con un filino di intensità in più.
La forza di Martone è di aver affidato la narrazione a due fuoriclasse come Valeria Golino (Goliarda) e a Matilda De Angelis (l’attivista Roberta). Quest’ultima, dopo le prove opache in Lidia Poet e Citadel Diana, è qui in forma straripante. Il suo romano è vero, il suo personaggio esce fisicamente dallo schermo riuscendo a rimanere sensuale fino alla fine dell’intreccio nonostante l’involversi del suo stato di salute (fisico e mentale). Ci si affeziona subito a quella pazza totale che si ubriaca male in pieno giorno a Piazza del Popolo, ruba macchine di notte solo per farsi un giro in città e usa gli uomini come fantocci grazie a un colpo di ciglia. La Golino tiene botta. Un po’ signora a modo in un mondo di truzzi e un po’ fricchettona sessantottina alla ricerca costante della trasgressione, sa tenere gli occhi su di sé fin dalla prima inquadratura dove, tra l’altro, si presenta in un nudo integrale di tutto rispetto.
L’unico imbarazzo è la terza ragazza di Fuori, interpretata da Elodie. Ce n’era bisogno? Forse anche sì, in quella parte è perfetta. E’ perfetta, però, perché non recita. Le si chiede di parlare romano e di mettere in scena una bellissima ragazza di borgata che cerca di affrancarsi dalla povertà scalando la società gradino dopo gradino dopo essere caduta in prigione per un anno. Reclusione a parte, è in realtà nulla più della la sua vita; e forse si capisce il disappunto di Matilda De Angelis quando s’è vista assegnare il Nastro d’Argento a pari merito con lei: una ha recitato tenendo in piedi buona parte del film, l’altra s’è mostrata davanti a una telecamera.
Facezie tipicamente italiane che non scalfiscono la bellezza di un’opera che dovrebbe essere una biografia di una scrittrice considerata tra le più autorevoli del Novecento e invece ancora poco nota ma che sa (e vuole) andare oltre. L’opera di Martone è un viaggio nel mondo delle donne e delle oppressioni a cui sono sottoposte a prescindere dalla loro estrazione sociale.
Magnifico il finale e magnifica la scena dopo i titoli di coda, che non anticipiamo se non dicendovi che compare la vera Goliarda Sapienza. In chiusura un plauso al cameo di Corrado Fortuna nel ruolo del marito della scrittrice che, dopo Il Ragazzo Dai Pantaloni Rosa e Maschi Veri, sta continuando una crescita artistica tutta da seguire.
Quindi dopo Posaman e Lillo c’è vita? Sembra di si… e respiriamo.