Dopo otto lunghi e terribili anni di lotte sanguinose, l’Algeria caccia i francesi e guadagna finalmente la propria indipendenza.
Le vicende del biennio ’56-57 raccontate nel precedente articolo e la dura reazione francese, che possiamo tranquillamente riassumere in una sorta di “sedare a qualunque prezzo e mezzo”, spostano l’attenzione del mondo intero sulla situazione algerina e sono molti i paesi, anche strettamente legati alla Francia, che ne iniziano a criticare apertamente condotta e operato. La percezione interna di totale incapacità politica e militare nella risoluzione del problema algerino, porta quadri militari, parti politiche e pieds-noir (i francesi europei che vivono in Algeria) a spingere per la caduta del governo ed a sostenere il suo avvicendamento con De Gaulle, visto come unica figura in grado di gestire la polveriera algerina. Si arriva persino a un tentato colpo di stato, con i militari francesi che occupano la Corsica. Le richieste vengono accolte e De Gaulle viene ufficialmente messo alla guida delle sorti di Francia e Algeria.
De Gaulle, attraverso una nuova costituzione ben più progressista, specialmente nei confronti degli algerini musulmani e ai discorsi alla nazione che da una parte tendono a unire i francesi e dall’altra sembrano aprire a un’Algeria autonoma seppur vincolata alla Francia, riesce a garantire una relativa calma. Traspare una finta sicurezza francese di riuscire a tenere a bada la polveriera algerina, mentre i militari francesi supportati da truppe algerine lealiste attaccano le roccaforti dei ribelli; roccaforti spesso dislocate in zone poco popolate, lontane dalle grandi città della costa. In realtà, la politica francese sta solamente iniziando ad abituare la nazione all’inevitabilità della perdita dell’Algeria francese. Il 16 Settembre 1959, De Gaulle parla alla nazione e per la prima volta usa termini come “autodeterminazione” per la questione algerina. La componente più estremista tra i nazionalisti francesi va su tutte le furie: i pieds-noir e alcune frange militari insorgono ad Algeri e approntano barricate in tutta la capitale. L’esercito francese, in gran parte ancora leale al governo di Parigi, si tiene a distanza per non creare scompiglio, fino a quando De Gaulle non intima la resa dei ribelli, che sono costretti a soccombere e devono accettare la prigionia di alcuni dei membri più attivi ed illustri. Alcuni di questi, ex ufficiali e politici francesi, dopo aver scontato una minima pena, si danno alla macchia dando vita all’Organisation Armée Secrète (OAS), organizzazione paramilitare di stampo nazionalista impegnata nel garantire alla Francia il perpetuo possesso dei territori algerini. Ha inizio una nuova stagione di sangue, con l’OAS che assassina centinaia di persone, sia algerine che francesi, colpevoli di essersi schierate a favore dell’indipendenza algerina.
L’ 8 Gennaio 1961 un primo e storico referendum sull’autodeterminazione dell’Algeria, passato con il 70% dei voti a favore, apre per la prima volta un tavolo di trattative tra Governo e FLN. Pochi mesi dopo, ad aprile, un colpo di stato guidato da militari francesi di alto rango intenti a interrompere le trattative e spodestare De Gaulle fallisce miseramente. Le trattative riprendono, col governo francese disposto a concedere l’indipendenza a tutta la costa algerina ma non alle regioni più interne e desertiche, ricche di materie prime. Si arriva persino a un cessate il fuoco, ma la realtà quotidiana mostra un’incessante battaglia tra nazionalisti francesi e indipendentisti. Le bombe, le esecuzioni sommarie e le repressioni da una e dall’altra parte sono all’ordine del giorno. Il FLN spinge la popolazione a protestare in piazza, e richiedere a gran voce che l’indipendenza venga concessa a tutta l’Algeria e non solo alla parte decisa dagli occupanti francesi. Nuovo sangue scorre per le strade, con la polizia francese che reprime violentemente le manifestazioni più imponenti. In mezzo al caos si arriva però agli “Accordi di Evián” e con essi all’indipendenza algerina. All’indomani degli accordi le forze paramilitari dell’OAS rinnovano gli attacchi contro la popolazione algerina, nella speranza di portare gli stessi algerini a creare violenze nel paese e ributtare il paese nel caos. Il FLN non cade nella trappola, e anzi è lo stesso esercito francese che interviene e dà battaglia agli estremisti francesi.
Un secondo referendum, dell’Aprile 1962, ribadisce la schiacciante maggioranza per l’indipendenza, che viene ufficializzata il 3 Luglio dello stesso anno.
Ha inizio la storia dell’Algeria indipendente che tutti oggi conosciamo, mentre centinaia di migliaia di pieds-noir abbandonano i territori africani e si trasferiscono in Francia temendo ripercussioni da parte degli algerini. Si stima che fino a 1.3 milioni di persone abbandonano l’Algeria entro un anno dall’indipendenza. La questione degli harkis, i lealisti francesi di origine algerina invece rimane un punto dolente nella storia recente francese: avendo essi combattuto in numeri massicci (circa duecentomila uomini nell’esercito francese alla fine degli anni ‘50) anche contro lo stesso FLN e contro gli indipendentisti algerini, oltre che nella guerra in Indocina e ancor prima nella Seconda Guerra Mondiale al fianco dei francesi, con l’indipendenza dell’Algeria questi uomini rischiano moltissimo. La Francia oppone una forte resistenza al loro esodo verso le proprie frontiere, mentre in Algeria si vedono costretti a pagare la loro lealtà alla Francia con la vita. Saranno decine di migliaia gli harkis uccisi sia durante il conflitto che dopo la fine ufficiale delle ostilità, dimenticati dai francesi e odiati dagli algerini.