Guerre dell’oppio: il secondo conflitto e la sconfitta cinese

La Cina affronta una seconda e decisiva guerra contro le potenze occidentali, le quali guadagnano territori e vantaggi economici e commerciali.

 

 

Sono passati pochissimi anni dal Trattato di Nanchino del 1842 e la Cina affronta un periodo turbolento. Internamente, il malcontento per gli esiti del primo conflitto sfocia in rivolte aperte sedate con non poca fatica dalle autorità imperiali. Esternamente, il trattato commerciale “speciale” ottenuto dagli inglesi fa gola alle altre potenze occidentali le quali pressano sulla già debole ed instabile Cina affinché ne vengano riconosciuti di simili anche a loro. Ricordiamo a questo proposito quello di Huangpu, stipulato con i francesi nel 1844 e quello di Wangxia con gli statunitensi, dello stesso anno. Tutti questi trattati rispecchiano di fatto la subordinazione cinese rispetto alle altre nazioni, e per questo vengono definiti iniqui.

A seguito di questi trattati, gli inglesi avanzano ulteriori richieste in virtù della loro condizione (decisa sempre da loro) di nazione favorita. Richiedono infatti che si possa commerciare non solo dai sei porti concessi loro, ma da tutti quelli presenti lungo le coste cinesi. Inoltre, avanzano la pretesa di commerciare anche con e dall’interno del paese, anche nelle zone non concesse agli occidentali. La titubanza delle autorità cinesi forza gli inglesi a ricorrere ad alcuni trucchetti per commerciare nelle zone a loro vietate con l’ausilio dei mercanti cinesi che trasportanto le mercanzie verso l’interno in cambio della possibilità di poter battere bandiera inglese e quindi godere in molte situazioni di immunità.

Nel 1856 la nave Arrow, battente bandiera inglese, con comandante inglese e marinai cinesi, viene fermata dalle autorità cinesi nel porto di Canton in quanto ritenuta una nave pirata (effettivamente il vecchio proprietario della nave era stato accusato di pirateria prima di vendere la nave agli inglesi). I marinai vengono arrestati e la bandiera, creduta solamente una copertura dei pirati, viene prima abbassata e poi buttata in mare. I testimoni oculari avvertono il Console britannico Parkes, il quale chiede alle autorità di Canton che i prigionieri vengano rilasciati e che si scusino per aver gettato in acqua la bandiera inglese. Il rifiuto è però netto in quanto, secondo i cinesi, la concessione della Arrow di battere bandiera straniera sarebbe scaduta. Furioso, il Console Parkes raduna la flotta inglese e avvia il bombardamento del porto di Canton, sbaragliando le poche navi cinesi decise a resistere a questo improvviso attacco. I britannici riescono a far breccia nelle difese di Canton ed a penetrare in città prima di ritirarsi con tutta la flotta a Hong Kong. A Londra, nel frattempo, prevale la fazione interventista, che spinge per aumentare l’influenza inglese in Cina. La flotta salpa per l’Asia ma viene dirottata verso l’India a seguito di una grande rivolta nell’immensa colonia.

 

 

Inaspettatamente, a dar mano agli inglesi, sono i francesi i quali, a seguito dell’uccisione di un missionario cattolico, decidono di partecipare con i propri uomini e le proprie navi nelle incursioni contro la Cina. Canton viene dunque nuovamente attaccata e occupata nel Gennaio del 1858, restando sotto controllo franco-britannico per quattro anni. Russia e Stati Uniti si uniscono alla coalizione, partecipando al conflitto solamente per vie diplomatiche e non militari (con l’eccezione di un piccolo aiuto navale statunitense). All’Imperatore, che già si era reso conto dello squilibrio di forze in campo, viene sottoposto quello che è conosciuto come il Trattato di Tientsin, col quale gli occidentali richiedono altri 10 importanti porti, la possibilità di commerciare e viaggiare all’interno della Cina e la presenza di ambasciate permanenti e diplomatici alla Corte Imperiale di Pechino. I cinesi rifiutano, inorriditi da tanta arroganza, dando avvio alla seconda e ultima fase della guerra.

Nel 1859 una serie di scontri non riescono a essere pienamente sfruttati dagli inglesi, i quali non riescono a penetrare stabilmente nella regione di Tientsin. Questo arenarsi illude i cinesi e soprattuto l’Imperatore, convincendoli della possibilità di riuscire a resistere. Sogno svanito quando la principale flotta inglese riesce a chiudere la partita indiana e volgere le proprie attenzioni sulla Cina. Nell’Agosto del 1860 viene presa la città di Tientsin, e le truppe occidentali la usano come base per attaccare la città imperiale di Pechino.

 

 

L’attacco è fulmineo e gli eserciti imperiali non riescono a sbarrare la strada per la capitale della Cina. I britannici e i francesi fanno il loro ingresso nella città sacra mentre l’imperatore fugge lasciando il compito di negoziare al fratello. I britannici nel frattempo saccheggiano e incendiano alcuni palazzi reali ed aree della città, come dimostrazione di forza e simbolo della fine del dominio imperiale.

Con la Convenzione di Pechino, vengono ratificate tutte le richieste presenti nel Trattato di Tientsin. L’Inghilterra acquisisce nuovi, seppur limitati, territori in terra cinese, ma insieme a Francia e Stati Uniti ne guadagna economicamente. A guadagnare ampi territori è invece la Russia che mette le mani sui territori della Manciuria, dove fonderà la città di Vladivostok. E l’oppio? Agli inglesi viene riconosciuto il monopolio sull’oppio e la libertà di commerciarlo in Cina, aumentando negli anni ancora di più le quantità introdotte in Asia.

Da questo conflitto la Cina ne esce fuori ancora più devastata, umiliata e limitata nell’autorità e nelle decisioni interne ed esterne.

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