I robottoni sono in via d’estinzione?

Come i dinosauri, anche i giganti di ferro delle nostre amate serie animate sembrano essere ad un passo dall’estinzione, ma da che dipende?

 

 

Da dove nasceva l’idea trainante del gigante colossale? Come ha preso piede così facilmente in Giappone e perché? La risposta è abbastanza semplice e deriva dalla voglia di riprendersi dopo la sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale. L’iconografia di un Giappone devastato da potenze estranee che trionfa con la forza ed il coraggio di pochi, tenaci e ardimentosi, è l’idea alla base delle gigantesche macchine. Una rivalsa verso il mondo ed un modo per riaffermare l’orgoglio di un popolo estremamente fiero.

Jeeg, Mazinga e Goldrake sono entrati nelle vite di noi bambini, ora sul viale dei quaranta/cinquant’anni, riempiendo i nostri pomeriggi di combattimenti colossali contro creature mostruose. Esplosioni, raggi laser, missili e magli perforanti erano all’ordine del giorno; una violenza indicibile, che molti genitori apprensivi di oggi avrebbero additato come il male assoluto. Però, se ci si riflette attentamente, era una violenza molto lontana dalla nostra realtà, tanto da non poter essere trasposta facilmente nei giochi con gli amici, una violenza inapplicabile alla vita reale, molto meno pericolosa di calci, pugni, spade e pistole di altri generi.

Vultus V, Getter e gli Astro Robot ci ricordano sempre che le difficoltà si possono affrontare in gruppo e che non si deve per forza lottare da soli contro le forze del male. Spirito di gruppo, sacrificio e tenacia, delle basi culturali giapponesi che servirebbero come il pane in questa società occidentale che guarda molto di più al proprio orticello piuttosto che alle vere necessità.

Daltanius, Trider G7 e Daitarn III ci hanno accompagnato per lunghi periodi con la loro potenza ed i loro simpatici momenti comici. Devo ammettere che hanno nutrito il mio spirito goliardico e hanno forgiato la mia capacità di fare battute per sdrammatizzare le situazioni più tese. In fin dei conti non c’era solo violenza nelle storie con i robottoni.

Con Gundam e Robotech (conosciuto nel resto del mondo come Macross), saliamo di livello ed incontriamo trame molto più complesse della semplice scazzottata tra giganti metallici. Fino a quel momento quasi tutti i prodotti avallavano tacitamente la morte di esseri alieni senza starci troppo a pensare. L’annichilimento dell’invasore era l’obiettivo fondamentale della maggior parte delle serie sui robottoni; alla fine erano creature immaginarie, nessuno parteggiava per loro o si poteva offendere per la loro dipartita.

 

 

Gundam portò per la prima volta sul piccolo schermo dell’animazione la guerra tra uomini, con tutte le implicazioni morali ed emotive che comporta l’uccidere un tuo simile. Prima d’allora c’erano stati praticamente solo gli alieni cattivi; ora invece ci sono gli uomini cattivi? Inizialmente l’idea era quella, ma dare una motivazione alle azioni di chi doveva fare il malvagio, ha cominciato a seminare dubbi su chi fosse realmente nel giusto e chi invece fosse dal lato sbagliato.

Robotech portò invece la speranza dell’integrazione tra razze diverse; gli alieni avevano perso, ma non avevano dove andare. Il loro mondo era distrutto e loro cercavano una nuova casa. La musica è così diventata il mezzo per unire gli spiriti e creare quella convivenza necessaria dopo una lunga e sanguinosa guerra. Con questi lavori si abbandonano le trame lineari, semplici da digerire, dove il cattivo è il mostro brutto ed il buono è il robottone bello. Dopo questo il mondo dei giganti di ferro cambia per sempre.

Nel 1995 Neon Genesis Evangelion, (si lo so, non sono giganti di ferro nel senso stretto della parola), introduce complessi intrecci psicologici e ripercussioni a sfondo biblico che lanciano il mondo delle possenti macchine da battaglia verso nuovi ed insperati confini. Arrivano infine il Gurren Lagann e l’Aquarion, serie uscite intorno al 2006/2007, in cui la macchina diventa fondamentalmente un mezzo per raggiungere nuove vette con l’evoluzione spirituale.

Lo so, state tranquilli, è sicuro che mi sono dimenticato di elencare qualche mitico lavoro di animazione a cui tenete in particolare, ma da questa piccola panoramica appena accennata possiamo notare che più ci avviciniamo al presente e meno escono nuovi lavori che sfruttano i colossi robotici. La moda delle macchine gigantesche è ormai passata? Questo è poco ma sicuro!

Con il tempo, il Giappone non si considera più lo sconfitto della grande guerra, ma con diritto si è ritagliato un posto tra le eccellenze in diversi settori. La cultura occidentale si è insinuata fin troppo bene all’interno delle mode e delle tendenze giapponesi tanto da creare anche diversi contrasti con le generazioni più anziane. Però il gigante robotico, che sicuramente è nato con un certo intento e si è trasformato nel tempo in qualcosa di diverso, ora ha abbondantemente lasciato la strada ad altri generi.

C’è forse stata una saturazione del mercato che ha portato al ridimensionamento dei robottoni? Direi di no! Jeeg e Mazinga hanno provato a riemergere, con alterne fortune, svecchiandosi e proponendo qualcosa di nuovo. Purtroppo non c’è stato in Giappone il ritorno d’immagine tanto atteso e, di conseguenza sono arrivati in sordina anche sui mercati occidentali. C’è chi però campa da oltre quarant’anni senza grossi problemi…

 

 

Gundam continua ad espandere il suo universo, generando nuove proposte ogni anno. Il nutrito schieramento di appassionati italiani del robottone bianco dimostra ampiamente che l’interesse verso questo genere di lavori è ancora molto sentito. Gundam però è una mosca bianca e vive principalmente grazie al supporto dalla Bandai, nota casa produttrice di kit per modellismo. L’azienda giapponese ha bisogno costante di produrre nuovi modelli da immettere sul mercato e quindi, gioco forza, finanzia nuove serie del suo prodotto di punta. È anche vero che una competizione con un colosso come la Bandai è davvero difficile e questo potrebbe aver scoraggiato molti finanziatori sul puntare e sostenere i prodotti con i robottoni.

Questo non è sufficiente però a spiegare il constante declino dei giganti di ferro nei manga e nell’animazione giapponese, bisogna quindi andare a ricercare le cause da altre parti.

Perché quindi non si producono più storie con i giganti meccanici? Esiste una fortissima competizione nella realizzazione di storie manga e quindi di spunti per realizzare anime. Per essere notati ci sono fondamentalmente due modi: o puntando su qualcosa di totalmente nuovo e spiazzante, o realizzando qualcosa di sicuro successo. I robottoni sono purtroppo una tema legato al passato dell’animazione e quindi spesso viene scartato per concentrarsi su altro. Allo stesso modo, tutti i giovani mangaka che cercano di sfondare sono sicuramente stati influenzati da Dragonball e sopratutto dai Big 3: One Piece, Naruto e Bleach sono le tre opere di successo che hanno portato manga ed animazione seriale giapponese su livelli internazionali mai raggiunti prima. Come potete ben intuire, nessuno dei lavori sopracitati rientra nella sfera della robotica e questo di certo non ha aiutato i robottoni a proliferare.

Anche l’accesso alla tecnologia, e al sempre più veloce scambio di informazioni, ha influenzato tantissimo le idee ed i soggetti dei giovani autori avvicinando mondi che sembravano lontani. I supereroi sono solo l’ultima delle contaminazioni occidentali, ma esistono interazioni molto sviluppate tra il mondo dei videogiochi e quello dell’editoria orientale in generale (non dimentichiamo che Corea e Cina si stanno affacciando con un certo successo sul settore degli anime e dei fumetti in generale), segno che le mode contano tantissimo in questo settore.

Il lento declino dei giganti di ferro è sicuramente dovuto a tutti questi fattori ad altri che probabilmente ci sfuggono perché non siamo immersi nel mondo giapponese ed in particolare nel frenetico mondo dei manga e degli anime.

Il tempo dei giganti di ferro è probabilmente ormai passato. Le nuove generazioni, sin dalla tenera età, si ritrovano bombardati da influencer di ogni tipo; la comunicazione è totalmente cambiata dai tempi in cui noi quarantenni ci nutrivamo di robottoni, quindi è difficile che possano davvero tornare alla ribalta e conquistare il mondo dell’animazione come una volta. La speranza però è sempre quella di vedere, di tanto in tanto, un buon prodotto che ci riporti a quei gloriosi tempi di raggi laser, missili e magli perforanti che ci hanno fatto crescere.

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