Il lungomuro di Ostia: il simbolo della malavita ostiense che non arretra

Gualtieri ha promesso l’abbattimento del lungomuro di Ostia entro il 2026. Ce la farà o sarà il lungomuro a vedere il tramonto dell’ennesimo sindaco?

 

 

Il lungomuro di Ostia è un’insieme di muretti, cancelli e recinzioni che impediscono l’accesso diretto all’arenile e compromettono la visibilità del mare dalla strada; una struttura dunque che limita non solo la fruibilità della spiaggia, ma anche la componente paesaggistica peculiare di questo territorio.

Queste strutture che si susseguono per diversi chilometri sono state costruite ovviamente dai proprietari delle concessioni balneari della zona, in parte per arginare la possibilità di furti o danneggiamenti degli strumenti e delle strutture balneari, e in parte per delimitare la proprietà in maniera più concreta.

Oltre alla recinzione costituita da muri e cancelli, ad ostruire la visuale del mare concorrono anche le innumerevoli file di cabine poste parallelamente alla linea di costa: una problematica affrontata con specificità nel nuovo Piano di Utilizzo dell’Arenile (PUA), approvato proprio recentemente dalla giunta capitolina in via preliminare.

Quella contro il lungomuro di Ostia è una crociata che è già stata condotta da due precedenti amministrazioni comunali: quella Marino e quella Raggi. In entrambe le occasioni però il lungomuro non è stato nemmeno intaccato, e i buoni propositi paesaggistici e ambientali sono rimasti impantanati nella viscosità degli intrighi che legano la politica e la criminalità locale.

 

 

Il PUA ruota attorno la necessità di restituire quanto più arenile possibile alla libera fruibilità dei cittadini e pertanto, oltre alla rimozione del lungomuro, prevede la diminuzione delle concessioni da 71 a 25; un’eventualità che gli stessi cittadini, profondi conoscitori del territorio e delle sue dinamiche, considerano come inarrivabile vista la situazione in cui verte la legalità ad Ostia.

Gli abitanti ostiensi sono infatti consapevoli dell’alone di illegalità e malavita che parrebbe avvolgere alcuni ambiti e alcuni ambienti del loro quartiere; nell’ultimo decennio infatti sono state diverse le inchieste giudiziarie e giornalistiche che hanno portato alla luce parte della struttura e della composizione dell’ambiente criminale di Ostia.

Parte di questa criminalità nel corso del tempo ha capito che investire negli stabilimenti balneari della capitale poteva essere una situazione dalla duplice utilità, economica e sociale: prendere in gestione uno stabilimento balneare infatti non dà solo la possibilità di riciclare soldi ma può avere il valore di una certificazione politica del potere di una famiglia o di un elemento.

 

 

L’abbattimento del lungomuro, e più in generale il PUA, sono due eventi politici che sembrerebbero porsi come i punti di rottura di questo equilibrio sociopolitico che domina il lungomare romano; snellire le concessioni e ristrutturare il lungomare per ottenere più spiagge libere sono due eventualità che andrebbero inevitabilmente a toccare gli interessi criminali e politici di alcuni, speriamo pochi, propietari di concessioni balneari.

L’obiettivo dell’attuale giunta capitolina è certamente nobile nell’intento, ma le promesse e lo stesso PUA non sembrano tener conto di queste problematiche endemiche del territorio o, se lo fanno, non brillano comunque per oggettività: parte delle varie strutture che compongono Ostia sono in mano alla criminalità, e pensare di contrastare questo fenomeno solo dal punto di vista strettamente strutturale sembrerebbe proprio essere un pensiero più che speranzoso.

Quattro anni sono un tempo relativamente lungo, ma ancora più lungo è stato il tempo che hanno avuto queste famiglie per permeare il territorio infiltrandosi sin dentro ai luoghi decisionali; pertanto le tempistiche pratiche di questo progetto sembrano sottostimare il fenomeno malavitoso ostiense.

Prima di ristrutturare Ostia da un punto di vista materiale sarebbe il caso di intervenire nella sua dimensione sociale, mettendola al centro di interventi di riqualificazione che permettano alla cittadinanza di percepire le istituzioni e le possibilità che sono in grado di offrire, e non consentendo così alla malavita di essere percepita come la forza dominante del territorio.

 

 

Le battaglie purtroppo non si vincono distruggendo i simboli dell’avversario, ma impedendo all’avversario di essere credibile e negandogli la possibilità di reclutare nuove leve. La vista mare arriverà, ma prima bisogna contrastare direttamente chi l’ha ostacolata.

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