Il problema della natalità in Italia

Il calo delle nascite in Italia è un problema più grande di quanto sembri, soprattutto in ottica futura; ma c’è una soluzione?

 

 

Nel 2021 in Italia ci sono state appena 400.249 nascite, un record tutto italiano che rende il 2021 l’anno con la più bassa natalità nella storia del Paese; in calo del 31% rispetto al 2008, l’Italia è molto probabilmente entrata in una fase altamente delicata e che richiede urgenti decisioni sulla gestione del suo futuro.

La piramide dell’età del nostro Paese ci mostra una situazione obiettivamente squilibrata e pericolosa; la piramide italiana infatti “spancia” nella zona centrale, ovvero quella occupata dalle fasce d’età comprese fra i 45 e 59 anni. Tutto ciò comporterà ovviamente che fra 20 anni la sommità della piramide sarà molto più ampia della zona centrale e soprattutto della zona inferiore; il rovesciamento della piramide è un problema grave per un paese in termini demografici e sociali.

Se le condizioni lavorative e pensionistiche dovessero rimanere quelle odierne, così come i tassi di mortalità e natalità, fra 20 anni in Italia il sistema pensionistico per essere sorretto farà affidamento su una forza lavoro numericamente inferiore; se consideriamo poi il dato dell’aspettativa media di vita in costante crescita negli ultimi anni pre-Covid allora il quadro potrebbe risultare ancora più desolante.

 

 

Invertire la rotta nel breve termine all’interno di un tale scenario è un’impresa molto difficile, così come non si può pensare che un singolo Governo possa essere in grado di risolvere il problema da solo con manovre e decreti; la società va rigenerata infatti, e questo richiede uno sforzo comune e congiunto di tutta la classe dirigente del Paese.

Perché non si fanno più figli in Italia ? Le risposte sono molteplici ed in questa sede possiamo solamente accennarle. Se prendiamo in considerazione tre ambiti fondamentali del Paese e gli analizziamo forse potremmo scovare almeno tre problemi: prendiamo in considerazione, società, economia e welfare.
Negli ultimi anni in Italia si è assistito ad una profonda rottura di certi valori col passato; complici le profonde crisi economiche e gli enormi progressi tecnologici, la corrente generazione di giovani è significativamente diversa da quella che negli anni 60-70 ha generato l’attuale “pancia” del Paese, attualmente produttiva ma tutta pensionabile nel giro di 10-15 anni. I giovani vivono diversamente il concetto di famiglia e di affermazione personale, e fortunatamente per il Paese il ruolo della donna all’interno della società si sta evolvendo verso condizioni concettualmente diverse e socialmente più egualitarie (c’è ancora molto da fare); è innegabile però che negli anni 60 fare un figlio o due era una condizione quasi indotta da una società prospera a trazione patriarcale e democristiana.

I giovani fanno meno figli e più tardi rispetto al passato perché in molti casi probabilmente un figlio viene percepito come un impedimento, soprattutto per le donne; sono molte infatti le situazioni in cui condizioni di lavoro precario o addirittura in nero non garantiscono un salario durante una maternità.

 

 

In città come Roma poi c’è anche la problematica dei nidi, che nel caso più raro, remoto e fortunato sono quelli pubblici, mentre solitamente sono quelli privati a pagamento, e di conseguenza non alla portata di tutti. La gravità di tali prospettive scoraggia probabilmente sia i giovani a fare figli che i governi ad intervenire, dato l’ampio respiro di una ristrutturazione sociale come tale dovrebbe essere.

Si dovrebbero revisionare gli sgravi fiscali nei confronti dei giovani lavoratori, stabilizzare i contratti e contemporaneamente fare la lotta al lavoro nero e alla discriminazione di genere; bisognerebbe poi probabilmente intervenire sul sistema sanitario, garantire una maggiore gratuità e una maggiore quantità di ginecologi e pediatri, organizzandoli magari attraverso criteri demografici e non puramente amministrativi.

 

 

Si dovrebbe poi includere nel discorso anche il sistema scolastico, con particolare riguardo per il sistema degli asili nidi, una realtà che probabilmente dovrebbe essere presente obbligatoriamente in tutte le aziende medio-grandi del Paese, e la cui accessibilità nelle grandi città dovrebbe essere una priorità nell’agenda di ogni amministrazione.

Il lavoro è tanto ma la posta in gioco è importante; lo sforzo politico da solo però sarebbe vano. Dovrebbe essere infatti supportato dallo sforzo del singolo, che deve forse iniziare a sentirsi parte di un progetto molto più grande di lui ma per il quale lui è fondamentale.

Così, come si dovrebbe fare in una res-publica.

Per condividere questo articolo: