In memoria di Richard Benson

Appresa la triste scomparsa di Richard Benson, musicista, critico e grande intrattenitore, lo ricordiamo rendendogli l’onore che merita.

 

 

Prima che iniziate la lettura, chi scrive tiene a sottolineare che ciò che ha mosso la stesura di questo articolo non è la voglia di seguire la già lunga corrente di articoli spesi sul personaggio – appena si è appreso della sua dipartita – ma la decisa volontà di restituirgli dignità ed onorarlo, perché le sue performace artistiche di musicista ed intrattenitore vanno oltre il personaggio macchiettistico che gli si è costruito attorno.

Quella stessa Morte che “ha cercato di colpirlo undici volte” alla fine ce l’ha fatta: Richard Benson – da qualcuno considerato il più grande chitarrista italiano, da molti altri il peggiore, grande divulgatore musicale, intrattenitore – scompare il 10 maggio alla fine di una lunga malattia. Una figura complessa di cui ripercorriamo la vita e la carriera cercando di liberarlo della sua veste di personaggio trash.

Di padre inglese e madre italiana, Richard Benson, all’anagrafe Richard Philip Henry John Benson, nasce il 10 marzo del 1955 a Woking, Inghilterra. Trasferitosi in giovane età nella provincia romana, incomincia a suonare sin da ragazzino, quando nel 1965, a dieci anni, acquista la prima chitarra elettrica diffusasi in Italia.
Nel ’71, appena sedicenne, suona col gruppo “Buon vecchio Charlie” dalla cui collaborazione scaturisce un album omonimo. Si tratta di un buon disco rock progressivo in cui si riconoscono le tante influenze tipiche di altri gruppi di quegli anni. L’album, seppur pronto, purtroppo non viene rilasciato dalla piccola casa discografica cui si erano affidati e verrà pubblicato solo nel ‘90, riscuotendo uno strano successo in particolare in Giappone.
L’esperienza nel gruppo dura solo un paio di anni: si sciolgono infatti nel ‘72, ma Benson continua a suonare nei locali romani o anche come spalla sui palchi di artisti importanti. In parallelo si specializza come recensore e critico scrivendo su riviste e discutendo in radio; queste attività rappresenteranno il suo impegno principale negli anni a seguire.

 

 

Diventa noto ad un pubblico più ampio negli anni ’80-’90 grazie alle trasmissioni televisive che conduce sulle reti private romane. Per anni infatti conduce la trasmissione Ottava Nota, sulla rete TVA 40, dove dimostra la sua grandissima cultura musicale svelando gli artisti meno noti ai cultori del settore; in un’epoca ben lontana dalla nostra, dove basta aprire un qualsiasi motore di ricerca per avere a disposizione il mondo intero, il suo compito di divulgatore era molto significativo. Grazie a questa trasmissione viene scoperto da Carlo Verdone che lo ingaggia per interpretare sé stesso nel film Maledetto Il Giorno Che T’ho Incontrata (1992). Verdone era solito girare per le TV private e le radio minori alla ricerca di personaggi caratteristici da inserire nei suoi film, come nel caso della Sora Lella, che, benché sorella di Aldo Fabrizi, viene scoperta grazie alla trasmissione che conduceva su un’emittente romana.
Oltre alle trasmissioni sulle reti private, Benson appare in più occasioni alla RAI, come in Quelli Della Notte dove interpreta le vesti del metallaro; si andava creando quel personaggio in cui si sarebbe costretto di lì a qualche anno.

Il primo vero album solista arriva solo nel 1999, quando incide Madre Tortura, un album metal dalle liriche cupe che purtroppo non riceve recensioni positive, ma evidenzia certe interessanti tecniche di Benson. Degno di nota, oltre la title track Madre Tortura, è il toccante brano Adagio In Re.

 




 

Nel 2000 inizia il decadimento: gli viene diagnosticato un principio di artrosi alle mani, non v’è condizione peggiore per un musicista. La notizia infatti lo destabilizza psicologicamente, al punto che un anno dopo è vittima di un incidente che lo vede cadere da Ponte Sisto. Si salva per miracolo uscendone solo con una frattura alla gamba. La dinamica però non è mai stata chiarita: certe volte racconta di aver avuto un incidente in moto, altre addirittura di essere stato vittima di un tentato omicidio, ma è ben più probabile che abbia tentato il suicidio per via della sua condizione di salute.

Il suo caso non può che far tornare alla mente il suicidio di Keith Emerson, ritenuto il più grande tastierista di sempre, che si tolse la vita nel 2016 dopo che, tra varie ragioni, gli venne diagnosticato l’evolversi di una malattia degenerativa che non gli avrebbe più permesso di suonare.

Certo è che il Benson che vedremo d’ora in avanti non sarà lo stesso, anche per sua stessa ammissione: “Il mio corpo è rimasto vivo sotto il ponte, ma Richard Benson è morto. Io sono adesso un’altra persona”.

 

Richard Benson sul set del film horror Incinerator (1984)

 

A metà degli anni 2000, Benson conduce una trasmissione televisiva chiamata inizialmente Cocktail Micidiale sulla rete privata Televita. Continua la sua opera di divulgazione e critica, ma se prima il suo personaggio era molto pacato, ora diviene molto più esagerato, fuori le righe. Sono ben note le sue sfuriate, le sue grida. Questi sono gli anni in cui tutto ormai viene ricaricato e commentato sul web ed è qui che riceve una popolarità enorme: tutti lo conoscono, ma lo conoscono grazie ai suoi tormentoni, ancora oggi virali, che lo sviliscono e riducono ad una macchietta. Si ride di lui ignorando che il suo lavoro lo faceva maledettamente bene: senza budget, senza scenografia, una regia scarsissima, un povero editing, senza scaletta, riusciva da solo davanti all’obiettivo ad intrattenere il pubblico per ore intere.

Poco importa se gli aneddoti che raccontasse fossero veri o meno, se i millantati rapporti con leggende della chitarra vi furono sul serio, se fosse o meno il grande chitarrista che diceva di essere – e che forse un giorno era stato – perché era interessante ascoltarlo, era magnetico. Ancora oggi riascolto intere registrazioni senza poter distogliere l’attenzione da quella voce.

Mi viene in mente Curzio Malaparte che nei suoi libri mischiava realtà e finzione, e non si preoccupava se ciò che andava raccontando fosse vero o falso, se poi il risultato era bello. Lo stesso discorso vale per Richard: cosa importa se in fin dei conti è così intrattenente?

Ma quelle grida, quei modi di fare, erano funzionali all’intrattenimento, che riusciva bene, ma hanno rappresentato la sua rovina. Per quanto molti si siano affezionati a lui e lo abbiano amato (e, anche se tardi, si è visto dalla reazione della sua scomparsa), il web non è stato per nulla gentile nei suoi confronti, rispondendo con un odio immeritato, anche oltre oceano.

 

Benson mentre conduce la trasmissione Ottava Nota

 

Questo odio si è riversato anche nel mondo reale: costretto dalla sua grave situazione economica, e per desiderio di esibirsi ancora, si è reso protagonista di spettacoli dove veniva messo alla berlina: il suo pubblico era lì presente per insultarlo, tirargli ortaggi, uova, bottiglie e i famosi polli e teste di porco… è vero che in questi anni Benson non potesse più suonare come un tempo, visto l’aggravarsi dell’artrosi, ma ciò che si vede nelle registrazioni che si trovano in rete di questi “spettacoli” è solo vergognoso e crudele.

Dopo l’esperienza su Televita continua ad essere ospite talune volte in trasmissioni RAI in prima serata, dove viene trattato in maniere altrettanto indelicate: messo alla berlina, esposto come fenomeno da baraccone da prendere in giro e ridere delle sue esagerate reazioni. Difficile capire se Benson si prestasse a questi trattamenti solo per necessità economiche o se riconoscesse ed accettasse questo suo ruolo di personaggio trash.

 

Benson mentre conduce Cocktail Micidiale

 

Benché i suoi problemi di salute si aggravino continua ad essere presente sul web, conduce saltuariamente piccole trasmissioni e soprattutto continua a suonare come può seguendo il suo stile. È del 2015 l’album Inferno Dei Vivi di cui è ben noto tra gli appassionati il brano I Nani. L’album tratta in maniera goliardica temi soliti del metal quali religione e satanismo; purtroppo è molto più incentrato sulle liriche di Benson che sul lato strumentale, ma il risultato è gradevole. Sorprendentemente l’album si classifica addirittura al 39° posto nelle classifiche italiane.

Nel 2016 viene intervistato da La Repubblica ed appare alle telecamere in condizioni di salute molto precarie, lanciando un appello ai suoi fan per supportarlo economicamente per sostenere le gravose spese mediche, “basta anche un euro” dice Richard.

Negli ultimi anni entra ed esce dalle cliniche dove viene ricoverato, si sposa con la compagna Ester Esposito, a cui è legato da sedici anni e con cui ha avuto un rapporto a tratti molto difficile, ma indissolubile. È in questo periodo, convinto anche dal supporto di molti fan, che decide di cambiare la sua immagine: torna a suonare e viene aiutato nella pubblicazione di un ultimo singolo. L’opera verrà pubblicata postuma ma già a leggerne il titolo, Processione, sembra quasi trattarsi del suo testamento artistico.

L’ultima apparizione in assoluto si è avuta grazie al comico Valerio Lundini che lo ha ospitato nella sua trasmissione su RAI 2, Una Pezza Di Lundini, incontro che pure viene trasmesso postumo. Invece non ci sarà mai l’incontro che aveva concordato col trio del Cerbero Podcast: era atteso per il 10 maggio come ospite d’onore nella loro trasmissione su Twitch, ma l’aggravarsi delle sue condizioni lo costringe a rimandare.

 

Immortalato in occasione della registrazione del suo ultimo singolo Processione

 

Dichiarato fuori pericolo, il 10 maggio viene trasferito di clinica, ed è proprio in questo attimo delicato che Richard Benson, a 67 anni, lascia questa terra… lascia questa vita forse col sorriso, visto che gli stava stretta: diceva che “la vita è il nemico”. Comprenderlo è facile, visto com’è stata dura e fin troppo ingrata nei suoi confronti.
La notizia viene diffusa dal ragazzo che gestisce i suoi social che ci riporta una sua confessione “se muoio, muoio felice”, segno che avesse raggiungo la totale accettazione della sua condizione e la consapevolezza dell’esistenza tutta.

Ai funerali, avvenuti nella chiesa di Santa Croce in Gerusalemme a Roma, si stringono gli amici e i fan, tra cui spicca ancora Valerio Lundini, e una corona di fiori posta dal gruppo di fan “Falange Benson” sul quale è posto un biglietto ove si legge: “Uniti ma da quale spago? Ci dicevi, senza sapere che lo spago eri e sarai tu. Grazie, con il cuore in mano per i tuoi assoli, i tuoi aforismi, i tuoi moniti. Stavolta ci siamo spaventati davvero. Ora raggiungi il dio del metallo e vegliaci”.

La storia di Benson è purtroppo triste e dolorosa, tanto che viene da pensare che forse sarebbe stato meglio per lui se quel giorno a Ponte Sisto non si fosse rialzato: non sarebbe stato umiliato, non avrebbe distrutto la sua immagine e non avrebbe sofferto per la sua critica condizione di salute. Tuttavia, se non vi fosse stata l’esperienza di questi ultimi vent’anni, forse non avremmo mai parlato di lui.

E se c’è stato chi l’ha odiato è pur vero che c’è chi lo ha amato ed oggi lo sta piangendo, magari col sorriso verso l’alto perché ha nel pensiero le sue parole: “la vita inizia co’ una fregata e finisce co’ una fregatura”.

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