Non riesco a non vedere questo film come un’operazione nostalgia per sessantottini milianti a corto di emozioni, ma anche a corto di cose da dire.
1990. Tre amici si incontrano per rivedere, venti anni dopo, la mitica partita di semifinale Italia-Germania di Mexico ’70. Quello che nasce come un momento felice muta presto in un dramma generazionale; fra stilettate e ammissioni molti retroscena di quegli anni verranno svelati, ed il confronto con la vita che li ha cambiati sara’ uno schiaffo in faccia.
Una buona idea di partenza, quella di Italia-Germania 4-3; vedere dove sono andati a finire i rivoluzionari degli anni ’70, all’epoca cosi’ pieni di se, ebbri delle loro parole e delle ideologie, che poi hanno dovuto fare i conti con la realta’. E su di una cosa e’ molto onesto, questo film: quella generazione e’ strapiena di ipocriti ed arrivisti, che sono saltati dal ruolo dei distruttori del regime a maschere del sistema che dicevano di voler smantellare. C’e’ il pubblicitario che non disdegna la cocaina, il proletario che ha sposato la bella borghese e che ora paga le conseguenze di essere stato un capriccio di gioventu’, l’insegnante duro e puro e allo stesso tempo grigio e triste nel suo essere.
Al tempo stesso quegli anni, coi loro accadimenti violenti e brutali, vengono visti sotto un’ottica fin troppo benevola; e quella che poteva essere una sana autocritica diventa un velato, positivo ricordo.
Criticabili le scelte del regista, Andrea Barzini. Tempi lenti, dialoghi freddi, non sempre prevedibili ma spesso forzati, allegorie che oggettivamente non ci stanno – almeno non nei modi in cui vengono proposte. Plasma la sua creatura rendendolo un film schierato fin nel midollo; lo si vede anche quando Barzini vuole irridere “il nemico”, in un modo tutt’altro che sensato e pesantemente fuori contesto.
Non molto meglio vanno gli attori. Giuseppe Cederna e’ fin troppo rigido e teatrale, Massimo Ghini non lascia traccia di se; meglio Fabrizio Bentivoglio, caratterizzato dalla sua mezza follia recitativa che e’ un suo marchio. Unica a superare la prova a pieni voti e’ una giovane Nancy Brilli, agli inizi di una promettente ma incompiuta carriera.
Italia-Germania 4-3 e’ purtroppo una occasione mancata, un film mediocre che poteva essere ben altro. Rivedendolo dopo tanti anni ci si accorge di quanto sia invecchiato male, e che sebbene fornisca interessanti spunti di riflessione su una generazione priva del contatto con la realta’, persa nelle sue autocelebrate elucubrazioni, manca decisamente il bersaglio e va a finire nel dimenticatoio insieme alla maggior parte della cinematografia italiana degli ultimi 30 anni.