Sono riusciti a non rovinare una serie culto. Ce l’avevano messa tutta nella prima parte ma il finale rende gloria al Signore.
La Casa di Carta 5 si può (e si deve) vedere se avete amato le stagioni precedenti di quello che è stato a tutti gli effetti un fenomeno di costume di questo decennio e che resterà, di diritto, tra le pietre miliari di questo linguaggio narrativo. Qualche furbacchione del marketing di Netflix ha deciso di pubblicare prima cinque episodi (da 55 minuti l’uno) e poi, dopo qualche mese di angosciante attesa, gli altri cinque, ma la mossa ha rischiato di portare allo schianto. Perché la prima parte dell’ultima stagione fa schifo: è tutta una sparatoria, un’esplosione e un dialogo urlato e parolacciato (sì, è un neologismo!). Roba che rischi di mollare senza sapere come va davvero a finire questo super intreccio. Ma non lo fai.
Perché tentare di rubare la riserva aurea di una nazione è tanta roba e devi sapere se il Professore l’ha pensata giusta anche questa volta. Non possiamo spoilerare nulla della trama se non che ogni personaggio viaggia sulle sue rotaie di script: Denver frigna e scopa di continuo, Rio romanticheggia, Tokyo sensualizza, Helsinki scucciola (chi non lo vorrebbe nel proprio salotto?) e così via fino ad Alicia Sierra che invece ci regala la vera metamorfosi. In meglio? In peggio? Basta guardarsi 550 minuti di girato per saperlo.
Il finale, che non sveliamo, non delude e rialza l’asticella dell’inizio traballante. Persino i flashback di Berlino, stucchevoli e insensati fino a quel punto, tornano ad avere dignità. Tutto lascia presagire spin-off, prequel e forse pure sequel ma la verità è che, con i titoli di coda del decimo episodio, si consuma a tutti gli effetti la scia luminosa di questa splendida cometa.
Nel mentre, va detto che tecnicamente è tutto davvero molto bello e iconico: si vede che hanno fatto i soldi (o hanno trovato qualcuno che li ha tirati fuori) e si vede che sanno di essere ormai un brand mondiale. Gli effetti speciali non mancano ma sono ben dosati, i costumi sono tutti belli e curati e le scene hanno sempre il taglio giusto. Lo spogliarello di Stoccolma nella stanza blindata (sì, ancora una volta in un caveau: si vede che a loro fa sangue tutto quell’acciaio) sembra una scena di 9 Settimane E ½. Ma proprio la bionda riccioluta e il John Travolta de’ noantri sono protagonisti di un errore portentoso.
Andatevi a vedere la sequenza in cui Denver cerca di far rinvenire la ragazza dalle sue allucinazioni. I montatori si devono essere fumati qualcosa di molto buono per non essersi accorti che in alcuni fotogrammi lui le tiene le mani sul viso in modo premuroso mentre in altri gesticola come Lino Banfi in Vieni Avanti Cretino. Rivederla con questa consapevolezza è divertente. Ma errare humanum est e li perdoniamo, come perdoniamo la scelta degli improbabili attori della squadra speciale guidata da Sagasta. Ma dove li hanno trovati? Ad una svendita di personaggi cattivi di Ken Shiro?
Agli annali resta un buon lavoro che non può aspirare a voti altissimi ma che si difende discretamente. Non è mai facile finire ciò che è iniziato bene, mentre qui i continui giochi di illusionismo narrativo stupiscono quanto basta per strappare un applauso. Qualcuno di importante muore, qualcuno si salva al limite: non importa. Quel che importa è che i produttori siano consapevoli che qua finisca tutto per tutti. Tanto per non finire in vacca.
La Casa di Carta – Stagione 5, 2021
Voto: 7