La Ragazza Che Saltava Nel Tempo: la recensione

A primo impatto il lungometraggio potrebbe sembrare la classica commedia scolastica ed invece diventa un inno al tempo che fugge ed alla maturazione personale.

 

 

Andiamo a scoprire il lungometraggio La Ragazza Che Saltava Nel Tempo del 2006 prodotto dalla MadHouse (Ninja Scroll e Wicked City), uno dei più antichi studi di animazione del Giappone. Questo lavoro, che all’epoca conquistò il pubblico e la critica ricevendo numerosi premi di settore, è curato dal regista Mamoru Hosoda e dal maestro Yoshiyuki Sadamoto (Neon Genesis Evangelion).

La trama è piuttosto semplice: Makoto Kanno è una ragazza normalissima, che adora giocare a baseball dopo la scuola con i suoi due amici Chiaki e Koisuke. Un giorno, mentre sistema dei libri nel laboratorio di scienze, percepisce la presenza di qualcuno. Incuriosita e un po’ spaventata, cerca di capire chi si stia nascondendo nella stanza con lei, ma distrattamente inciampa su un misterioso oggetto a forma di noce e cade a terra. Stranissime immagini e la sensazione di cadere nel vuoto in uno spazio luminoso l’avvolgono per pochissimi istanti; poi Makoto si riprende e si alza da terra. La ragazza decide di ignorare questo strano fenomeno e torna alle sue faccende. La giornata prosegue con una serie di piccoli incidenti; una giornata davvero sfortunata che mette Makoto di cattivo umore.

Il film all’inizio può sembrare una classica commedia scolastica, ma tutto cambia con l’arrivo della componente fantascientifica: la ragazza scopre accidentalmente che, saltando in avanti e con un bello slancio, è capace di tornare indietro nel tempo. Che fai non ne approfitti? Makoto comincia a saltare nel tempo per sistemare tutte le cose che per lei non sono andate per il verso giusto. In un primo momento sembra filare tutto liscio, ma ogni sua azione porterà a delle piccole conseguenze inaspettate. Makoto continua ad usare il suo potere per far andare le cose proprio come desidera, ma più salta nel tempo più le conseguenze sfuggono al suo controllo coinvolgendola in situazioni pericolose o emotivamente sempre più complicate.

 

 

Ripercorrere le proprie scelte e poterle cambiare è un lusso che non a tutti è concesso, ma se i cambiamenti fatti non sono pensati in modo intelligente portano inevitabilmente a ripercussioni di altra natura. È chiarissimo che la componente fantascientifica di La Ragazza Che Saltava Nel Tempo serve da pretesto per lanciare il messaggio: il tempo non aspetta nessuno. Makoto infatti è in quel periodo della sua vita in cui non vorrebbe cambiare niente, ma sta inevitabilmente crescendo ed intorno a lei tutto comincia a diventare più complicato e complesso.

Decidere del proprio futuro può spaventare tanto quando rendersi conto che i sentimenti d’amicizia posso essere sostituiti da qualcosa di più importante e profondo. Voler invece rimanere congelati in una determinata condizione può sembrare un bel sogno, ma inevitabilmente si arriva a pagarne il prezzo. Curiosamente l’autore ci anticipa tutto questo mostrandoci di sfuggita all’inizio del film una lavagna con la scritta “Time no wait”.

I personaggi sono abbastanza stereotipati, ma la sceneggiatura è di ottimo livello con colpi di scena importanti, la giusta dose di mistero e un buon coinvolgimento emotivo. Sono presenti alcune piccole sbavature nella trama, ma risultano inezie che non influenzano più di tanto l’ottimo risultato ottenuto da La Ragazza Che Saltava Nel Tempo.

 

 

Indubbiamente è molto bello seguire alla maturazione di Makoto, ma non è il pezzo forte del progetto. Il finale infatti è probabilmente la parte più interessante, carica di emozioni contrastanti e ben giocata. È indubbiamente un lungometraggio che lascia aperte le trame e, mai come in questo caso, mi sono trovato totalmente concorde nel lasciare immaginare allo spettatore il finale che preferisce.

Il lavoro fatto da MadHouse nella caratterizzazione grafica dei personaggi rientra nella media dell’epoca; in compenso la fluidità dell’animazione è realizzata bene e non presenta nessun difetto apparente. La cura dell’ambiente che circonda i protagonisti è invece di livello superiore: sia gli esterni che gli interni sono ricchi di dettagli e molto godibili. La colonna sonora, che predilige mettere in evidenza la pulizia del suono di piano e archi rispetto al cantato puro, è anch’essa di ottima qualità.

Il lungometraggio animato garantisce un’ora e mezza d’intrattenimento che cresce d’intensità e si conclude con una bella promessa. Mi piacerebbe proprio vedere un secondo appassionante capitolo di questa storia. Vi consiglio La Ragazza Che Saltava Nel Tempo? Sì, è un lavoro assolutamente da vedere.

 

La Ragazza Che Saltava Nel Tempo, 2006
Voto: 7,5
Per condividere questo articolo: