Quello che in apparenza sembra essere un film dalla scarsa qualita’, nasconde invece ottimi spunti e una intelligente realizzazione.
Stati Uniti, oggi. Tre ragazzi, studenti del celebre MIT, partono alla ricerca di un hacker che e’ riuscito ad intrufolarsi dei server dell’universita’ insieme a loro. Arrivati in California, tenteranno di sorprenderlo, ma si troveranno intrappolati in una situazione piu’ grande di loro.
Ero sinceramente scettico, quando mi sono avvicinato a The Signal. Pensavo di trovarmi di fronte al classico filmetto americano con una trama scontata, tutto basato su azione e fascino dei personaggi bellocci; invece la storia c’e’, ed e’ succosa. Il mistero e’ fitto, e non c’e’ modo di penetrarlo; invece, ogni volta che sembra di essere ad un passo dallo svelare almeno una parte di cio’ che non si comprende, un nuovo pezzo del puzzle viene aggiunto, ed e’ un pezzo che non aiuta mai a comprendere il disegno complessivo; il risultato e’ ottimo, mantienendo costantemente alta la tensione e rendendo plausibile e coerente, col senno del poi, ogni passaggio.
La regia di William Eubank detta bene i tempi e sfrutta la fotografia con un mirabile livello qualitativo. I colori, le profondita’, l’utilizzo intelligente degli effetti speciali possono generare rimandi a quel capolavoro che e’ 2001 Odissea nello Spazio, specialmente nella prima parte del film, senza peraltro incorrere nella lentezza che caratterizza il film di Kubrick. Le scene nel laboratorio trasmettono ansia, oppressione, agitazione; tutte in contrasto con l’estrema calma che vediamo nelle scene. Meno buone le scene all’aperto, forse per un eccessivo uso del rallentamento delle immagini durante le scene d’azione, che ne diminuiscono drammaticita’ e pathos.
Rispetto ad esperimenti caotici e fallimentari come quello del recentemente recensito Valerian e la citta’ dei mille pianeti, qui riusciamo a comprendere appieno quanto avviene, ma manca l’adrenalina proprio per questo smodato uso dello slow motion, che dovrebbe esaltare l’epicita’ del momento, mentre in realta’ spezza solo il ritmo. Inoltre, proprio in questo ambito, si nota forse una delle poche mancanze del film: quel movimento di concerto che ci si aspetta da gruppi di combattimento addestrati al lavoro di squadra… peccato.
Di William Eubank abbiamo gia’ detto qualcosa; The Signal e’ il suo primo lavoro degno di nota, e vista l’ottima prova, spero che raffini le sue arti; un ulteriore scatto di qualita’ ci regalerebbe un regalo assoluto.
Il protagonista principale, Brenton Thwaites, lo avevamo visto nel discreto The Giver – Il mondo di Jonas, ed esattamente come allora lo troviamo concreto, senza fronzoli, ma forse carente in carisma. Al suo fianco una soddisfacente Olivia Cooper, anche lei come il regista priva di una consolidata esperienza alle spalle, ma capace di fornire una prova piu’ che convincente. Nota di merito per la presenza costante di Lawrence Fishbourne, il fantastico Morpheus di Matrix, che si conferma una volta di piu’ essere un grandissimo attore.
The Signal e’ una piacevole sorpresa, e merita di essere considerato uno dei film di fantascienza meglio realizzati nel decennio. Da vedere assolutamente.