L’Attacco Dei Giganti: in attesa dell’ultima stagione!

Una serie ottimamente ideata con una buona realizzazione grafica: L’Attacco Dei Giganti potrebbe diventare un cult… se solo si concludesse!

 

 

È da un po’ di tempo che mi sono allontanato dal mondo dell’animazione giapponese. Trovo abbastanza stucchevoli le serie di grido, prive di spessore per un pubblico tutt’altro che maturo; e al tempo stesso non ho più le energie per cercare qualcosa di nicchia e di valore.
L’Attacco Dei Giganti (Attack On Titans il titolo originale) l’ho scoperto grazie al videogioco ufficiale della serie; con una grafica a metà tra il cartoon e la computer graphics ed una tematica sanguinolenta ci mette poco a catturare l’attenzione.

In un mondo simile ma non uguale al nostro, la razza umana è stata spazzata via dalla famelica furia di giganti improvvisamente apparsi sulla Terra che mangiano le persone. I superstiti si sono trincerati all’interno di una triplice cerchia di mura indistruttibili; ma dopo 100 anni di calma l’attacco riprende, e la sopravvivenza dell’umanità è a rischio. E qui inizia la storia di Attack On Titans.

 

 

La serie è ottimamente concepita. C’è un lavoro tangibile sul mistero che circonda i giganti, fitto e volutamente nebuloso, e al tempo stesso vediamo un’umanità vivere con un livello tecnologico analogo a quello del rinascimento (con alcune licenze tecnologiche), con un dualismo che sembrare ricordare uno scontro fra l’uomo e la natura. Alcuni spezzoni delle sigle stesse, che cambiano più o meno ogni metà stagione, sembrano dare chiare indicazioni che però vanno parzialmente in contraddizione con l’evoluzione della storia attraverso le cinque stagioni fin qui rilasciate.
Ad ogni modo la sensazione che molto lo si debba ad Evangelion è forte e pervasiva.

Il racconto è incentrato principalmente sulle vicende del protagonista, ma ampio spazio è lasciato a tutta una serie di altri personaggi che gli gravitano attorno e, andando avanti delle varie stagioni, la centralità del protagonista viene meno. C’è in questo senso una coralità interessante e ben sviluppata, qualcosa di atipico e di piacevole rispetto alle classiche produzioni giapponesi che puntano tutto sui supereroi adolescenti (anche qui non si scappa) e su comportamenti eccessivi e non credibili. Oggettivamente anche L’Attacco Dei Giganti non è esente da personaggi, situazioni e colpi di scena non del tutto credibili, ma il risultato è comunque più che discreto.

 

 

Dal punto di vista visivo il tratto e le scelte stilistiche variano da stagione a stagione. Nella prima abbiamo un livello di dettaglio e di animazione pazzeschi, con una definizione dei panorami, dei luoghi e degli oggetti in movimento di altissima qualità. Le scene cittadine sembrano cartoline prese da qualche città tedesca o ceca, e sembra veramente di tuffarsi in un borgo medioevale mitteleuropeo.
I combattimenti (urbani ancor più che all’aperto) sono clamorosi: la fluidità di movimento dei personaggi, i loro gesti, i dettagli e gli sfondi… tutto è disegnato alla perfezione; le scene d’azione, necessariamente frenetiche e caotiche, sono realizzate alla grande. Tutto è fluido, coerente, credibile; l’unica cosa fastidiosa è che per rimarcare l’epicità delle frasi i protagonisti strillano e alle loro spalle vengono tratteggiati i classici segni del vento (ed i loro capelli svolazzano). Robe da bimbiminchia che ci saremmo felicemente risparmiati.

Nella seconda stagione, uscita quasi quattro anni dopo la prima, il livello dell’animazione però scende drammaticamente. I tratti del viso, il movimento delle mani ed in generale tutto il disegno è molto più abbozzato, rozzo, quasi si sia fatto un lavoro di fretta; e non è un caso che non ci siano molte scene di battaglia e si faccia ampio ricorso ad una computer graphics posticcia che non c’entra nulla col resto. Il risultato è che tutto stona, non è piacevole, ed abbassa la qualità dell’opera.

 

 

Per fortuna nella terza stagione si torna ai fasti della prima serie, con un’animazione che torna a quei livelli magnifici ai quali l’autore Hajime Isayama e lo studio di produzione a cui si appoggia ci avevano abituato.
Ma nella terza stagione succede qualcosa di fondamentale anche a livello di trama. Se la prima e la seconda hanno visto la storia dipanarsi soprattutto grazie a scene d’azione, qui ci troviamo di fronte quasi esclusivamente ad intrecci e narrazioni che mi hanno positivamente ricordato la prima stagione de Il Trono Di Spade. Il ritmo non scende se non in un paio di puntate sul finire della stagione, subito prima che gli scontri fra uomini e giganti riprendano e segnino una svolta decisiva nella trama.

 

 

E poi c’è il mezzo scandalo della quarta stagione: una stagione chiamata “The Final Season” che invece termina lasciando aperta praticamente tutta la storia e le sottotrame. Solo alcuni misteri vengono svelati e molto, moltissimo è rimandato ad una quinta, inaspettata ma soprattutto non necessaria stagione.

Perché non necessaria? Perché la quarta stagione dal punto di vista della sostanza è ampiamente rivedibile. Come nella seconda stagione, dall’azione si passa alla politica e agli intrighi; non un male di per sé, ma ci sono lunghi dialoghi inconcludenti, retorici, pomposi, noiosi ed ampiamente evitabili. C’è una fastidiosa costante morale contro la guerra che stona perché i personaggi alternano momenti epici ad altri di lacrime ed autocritica, come se fossero tutti bipolari.
I colpi di scena sono magari sensati ma mal costruiti, talvolta forzati; c’è un inutile e massiccio utilizzo di parolacce, cosa che invece era felicemente assente nelle stagioni precedenti.
E infine, ancora una volta proprio come nella seconda stagione, il tratto è drammaticamente brutto. Fatta salva la prima puntata, tutta la stagione vede animazioni rozze, intere schermate statiche con la sola mandibola che si muove, volti inespressivi e talvolta stravolti rispetto a ciò a cui la produzione ci ha abituato, ed una difficoltà estrema a capire il sesso dei personaggi, con capelli e lineamenti tutti uguali. Una roba inqualificabile.

La sensazione è che fra mancanza di fondi e allungamenti non necessari della trama si sia voluto aggiungere almeno un’intera stagione che poteva essere benissimo evitata; insomma che si sia guardato all’aspetto della massimizzazione dei profitti, invece che mantenere alta la qualità. Un compromesso discutibile e che certo non premia Attack On Titans.

 

 

Ultimo aspetto degno di nota è quello psicologico dei personaggi, il cui dettaglio è degno di menzione. La vita di tutte le persone, soldati o cittadini che siano, è costantemente appesa ad un filo e nei momenti più drammatici il loro terrore è chiaramente percepibile. Il disagio è forte, così come sono disturbanti le grottesche espressioni facciali dei giganti e la crudezza delle scene in cui questi fanno scempio delle persone. Tutto questo ne fa una serie indicata esclusivamente agli adulti, cosa che permette di evitare compromessi.

L’Attacco Dei Giganti è una serie dagli estremi alti e bassi, e che mi aspettavo si concludesse – come annunciato – con la quarta stagione. Attendiamo quindi con ansia la cosiddetta Final Season prima di trarre le nostre conclusioni; la speranza è che sia all’altezza delle aspettative e che chiuda in bellezza una serie che nonostante le sue pecche è sicuramente degna di essere menzionate fra le migliori degli ultimi anni.

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